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Tutti i nodi da sciogliere sugli asset russi congelati, dalle garanzie alla società belga ai rischi

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Sono settimane ormai che la partita sugli asset russi divide gli europei. Ma non c’è più tempo, bisogna prendere una decisione perché l’Ucraina, per continuare a resistere nella guerra contro la Russia, ha bisogno di un’iniezione di liquidità. Oggi i leader europei si sono riuniti nel Consiglio europeo di dicembre per discutere (anche) di questo.

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Non è un tema semplice. In linea teorica tutti i Paesi europei (o quasi, c’è sempre qualche eccezione di leader più vicini a Putin e alla Russia, questo non è un segreto) sono d’accordo nel dire che per sostenere l’Ucraina sia giusto usare gli asset russi che si trovano in Europa e che sono stati congelati con le sanzioni. Del resto, è stata Mosca ad attaccare e a iniziare questa guerra: perché allora usare i soldi dei cittadini europei, chiedendo loro sacrifici, tagliando ai loro servizi, come la sanità o la scuola, per finanziare l’Ucraina quando ci sono miliardi e miliardi in asset russi che potrebbero essere utilizzati?

Dove si trovano gli asset russi congelati

Parliamo di circa 210 miliardi di euro in asset finanziari, che si trovano depositati in Europa e che sono stati congelati allo scoppio della guerra nel 2022, grazie alle sanzioni. Sono esattamente questi i soldi che l’Europa vorrebbe utilizzare come prestiti all’Ucraina, per sostenerla. Nella proposta di Bruxelles questi dovrebbero essere restituiti alla Russia solo quando Mosca, alla fine della guerra, avrà ripagato tutti i danni causati con l’invasione. Un prestito di riparazione insomma, che è un po’ un escamotage per confiscare i beni alla Russia (che difficilmente pagherà dei risarcimenti all’Ucraina una volta raggiunto un accordo) senza però confiscarli esplicitamente, una cosa che avrebbe delle ripercussioni legali.

E qui arriviamo ai problemi. Perché la stragrande maggioranza di questi asset, circa 185 miliardi di euro, è gestita da Euroclear. Che è una società finanziaria con sede in Belgio, tra le principali in campo finanziario, che lavora con le banche, con i governi, i fondi di investimenti e altri grossi operatori. Si stima che gestisca un patrimonio finanziario gigantesco, di circa 40mila miliardi di euro. Una cifra esorbitante. Che non è solo in grado di spostare i mercati a livelli internazionale, ma che potrebbe causare giganteschi problemi all’economia belga, in caso di difficoltà. Questo perché il fondo sovrano belga è uno degli azionisti di Euroclear. Problemi legali per la società potrebbero essere un problema anche per il Paese.

I timori del Belgio

Ed è per questo che il governo belga è il principale oppositore dell’operazione sugli asset russi voluta dalla Commissione. Teme che la Russia potrebbe poi decidere di procedere per vie legali, facendo di fatto ricadere tutti i rischi su un piccolo Paese. Se infatti legalmente avesse ragione Mosca – le sue imprese e i privati che non troveranno più i propri beni congelati lì dove li avevano depositati prima dello scoppio della guerra – il Belgio si troverebbe a dover rispondere, a dover in qualche modo restituire queste ricchezze.

La Commissione quindi si è messa a cercare una soluzione. Ad esempio, ha trovato un articolo tra i suoi trattati che permetterebbe di usare una misura di emergenza e – semplificando – condividere questo rischio tra tutti i Paesi dell’Unione europea, non lasciando da solo il Belgio a doverlo gestire. E non solo: ha anche prorogato in maniera indefinita le sanzioni, di fatto predisponendo affinché questi asset non vengano potenzialmente mai liberati. Che è quello che vuole Zelensky. Che oggi, intervenendo al Consiglio europeo, ha ribadito che questi bene non devono mai tornare nelle mani dei russi, ma devono essere appunto utilizzati per sostenere e poi per ricostruire l’Ucraina.

Però anche in questo modo ci sono dubbi e scetticismi, tanto che si è parlato addirittura di emettere debito comune europeo, circa 90 miliardi, per sostenere Kiev senza andare a toccare questi asset. Una proposta, questa, che risolve un problema però ne crea un altro, perché rende gli Stati membri ancora più indebitati.

Cosa ne pensa l'Italia

Per la Commissione la via più semplice è quella del prestito per riparazioni, quindi dell’utilizzo degli asset. Condividendo comunque i rischi, trovando delle garanzie per il Belgio, a maggior ragione visto che la Banca centrale russa ha già fatto sapere di volersi rivalere contro le banche europee, in modo da recuperare i suoi asset.

E l’Italia, in tutto questo? Giorgia Meloni è tra i critici dell’utilizzo degli asset russi, per paura di una rivalsa da parte di Mosca, certo, ma forse anche per delle pressioni che subisce dagli Stati Uniti di Donald Trump, che non sono ovviamente a favore di una misura che potrebbe far arrabbiare il Cremlino, in generale ma soprattutto in questa fase di negoziato. Meloni ha ribadito anche in Parlamento, dove si è recata ieri prima del Consiglio europeo, la sua posizione:

Come sapete, l’Italia ha deciso, venerdì scorso, di non far mancare il proprio appoggio al Regolamento che ha fissato l’immobilizzazione dei beni russi senza, tuttavia – lo voglio sottolineare con chiarezza – avallare, ancora, alcuna decisione sul loro utilizzo. Lo abbiamo fatto – pur non condividendo il metodo utilizzato – perché non vi siano, ancora una volta, dubbi sulla linea coerente di sostegno che il Governo ha sempre mantenuto nei confronti dell’Ucraina.

Nell’approvare il regolamento abbiamo, infatti, voluto ribadire un principio che consideriamo fondamentale: decisioni di questa portata giuridica, finanziaria e istituzionale – come anche quella dell'eventuale utilizzo degli asset congelati – non possono che essere prese al livello dei Leader.

Sarà questo il compito che spetta al Consiglio Europeo di domani, chiamato ad assicurare la continuità del sostegno finanziario per il prossimo biennio, individuando la soluzione complessivamente più sostenibile, per gli Stati Membri, nel breve e nel lungo periodo. L’Italia considera, ovviamente, sacrosanto il principio secondo cui debba essere prioritariamente la Russia a pagare per la ricostruzione della Nazione che ha aggredito, ma questo risultato deve essere raggiunto con una base legale solida. Intendiamo, inoltre, chiedere chiarezza rispetto ai possibili rischi connessi alla proposta di utilizzo della liquidità generata dall’immobilizzazione degli asset, particolarmente quelli reputazionali, di ritorsione o legati a nuovi, pesanti, fardelli per i bilanci nazionali.

Lo voglio ribadire, in un momento in cui il Governo è impegnato – con serietà e determinazione – a portare l’Italia fuori dalla procedura per deficit eccessivo, ereditata grazie alle allegre politiche di bilancio dei governi che ci hanno preceduto.  Così come riteniamo che se si decide di andare verso questa direzione, sia miope rivolgere le attenzioni su un unico soggetto detentore dei beni sovrani russi congelati, cioè il Belgio, quando anche altre Nazioni partner hanno asset immobilizzati nei rispettivi sistemi finanziari.

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