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Un attacco aereo nel centro di Doha, in Qatar, con l’obiettivo di colpire alcuni dirigenti di Hamas che si trovavano lì per negoziare con la delegazione statunitense una proposta di cessate il fuoco a Gaza. Ecco cosa è successo ieri, qualcosa di molto grave che si aggiunge al lungo elenco di violazioni del diritto internazionale compiute dall’esercito israeliano. Un tentativo di sabotare i negoziati, un attacco a uno Stato sovrano, dei missili su un quartiere residenziale, abitato da civili.
In Italia era il primo pomeriggio quando una decina di jet delle IDF hanno bombardato una palazzina a Doha. In un comunicato Hamas ha fatto sapere che nessuno dei suoi leader è stato ucciso, ma sono invece morti cinque membri, tra cui il figlio di Khalil al Hayya, che è il capo delegazione. Oltre a loro, il ministero dell’Interno del Qatar ha anche fatto sapere che pure un suo agente delle forze di sicurezza è stato ucciso e che altre persone sono rimaste ferite.
La reazione del Qatar è stata molto dura. Da Doha hanno parlato di “terrorismo di Stato”, hanno accusato Israele di aver compiuto, appunto, un aggressione illegale e di cercare di mandare all’aria i negoziati in corso. E hanno ribadito che però loro continueranno nella missione diplomatica, invocando però una risposta regionale alla – e qui cito – “condotta barbara” di Israele.
Benjamin Netanyahu, da parte sua, ha detto che si è trattato di “un’operazione interamente indipendente” in risposta all’attacco di lunedì scorso a una fermata degli autobus di Gerusalemme, poi rivendicato da Hamas, in cui sono state uccise 6 persone. Israele avrebbe anche informato gli Stati Uniti – che, va sottolineato, sono uno stretto alleato del Qatar – ma a quanto raccontano fonti di Washington, questa comunicazione sarebbe arrivata appena prima dell’attacco. Forse quando i caccia israeliani erano già in volo.
Trump su Truth ha scritto che questa è stata un’operazione voluta da Netanyahu, non da lui, e su Axios, che è un media statunitense, un funzionario della Casa Bianca ha specificato che Trump è stato informato proprio mentre l’attacco iniziava, per cui gli americani non hanno avuto proprio il tempo di materiale di intervenire. La portavoce del governo statunitense ha anche precisato che una volta saputo dell’attacco Trump ha subito ordinato a Steve Witkoff, che è il suo inviato speciale, di informare il Qatar. Il ministro degli esteri dell’emirato, però ha detto che la telefonata è arrivata mentre già risuonavano le esplosioni delle bombe.
Da Washington poi hanno anche detto che il presidente ha parlato con Netanyahu solo dopo l’attacco e che in generale si è dispiaciuto – sì, dispiaciuto, questa è una citazione letterale – per il fatto che questo attacco sia avvenuto proprio in Qatar, che è un forte alleato e amico degli Stati Uniti. Nel comunicato statunitense si legge: “Bombardare unilateralmente all’interno del Qatar, una nazione sovrana e uno stretto alleato degli USA, che sta lavorando duramente e coraggiosamente assumendosi rischi con noi per mediare la pace, non porta avanti gli obiettivi di Israele o dell’America. Tuttavia, eliminare Hamas, che ha tratto profitti dalla miseria di coloro che vivono a Gaza, è un obiettivo valido”.
Insomma, una dichiarazione per puntualizzare, per mostrare che almeno di facciata le regole internazionali sono ancora quelle che ci si è dati all’indomani della Seconda guerra mondiale. Ma nei fatti, nessuna conseguenza per Israele. Un conto era stato l’attacco all’Iran, questa volta ci si aspettava una reazione diversa da Washington. Ma questo dimostra che essere alleati degli Stati Uniti non è una garanzia di protezione. E il Qatar lo è eccome, un alleato USA. Ospita la più grande base militare statunitense nella regione, è l’interlocutore per eccellenza in diversi dossier mediorientali. Ma evidentemente non basta.
Tanti Paesi del Golfo hanno condannato l’attacco, dicendo che è una chiara violazione di tutte le norme internazionali. E probabilmente si chiedono quanto siano affidabili gli Stati Uniti a questo punto, sia nei negoziati per il cessate il fuoco, sia nell’assicurare il rispetto del diritto internazionale.
Un diritto di cui Netanyahu e il suo governo ormai sembrano non curarsi più in alcun modo. Un attacco aereo in un Paese sovrano è un’aggressione, dovrebbe avere conseguenze diplomatiche e politiche. Ma anche questa volta non sembrano esserci. Sì, oggi Ursula von der Leyen, durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione, ha proposto di sospendere l’accordo di associazione con Israele sulle misure commerciali, di mettere in stanby il sostegno bilaterale e tutti i pagamenti ad eccezione dei progetti della società civile. Ma sarà difficilissimo che questa proposta venga accettata, perché sono tanti i Paesi che nonostante tutto cercheranno di preservare la relazione con Israele. Poi la presidente della Commissione europea ha anche proposto di sanzionare i ministri estremisti e i coloni violenti e in realtà alcuni Stati membri già si sono mossi autonomamente su questo fronte: ma un’azione concordata e collettiva, anche in questo caso rimane complessa.
L’impunità di Israele però non può restare eterna. Perchè in questo modo non solo si annulla completamente ogni prospettiva di due popoli e due Stati in Palestina, che già oggi appare impossibile con un genocidio in corso, ma si condanna la regione a un’instabilità perenne.
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