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Un obiettivo legittimo, da eliminare. Così Putin ha parlato dell’eventualità che truppe straniere vengano mandate in Ucraina prima di aver raggiunto una pace duratura. Qui serve subito una precisazione, perché per pace duratura Putin intende qualcosa che somiglia molto a una resa di Kiev. Anche quando aveva incontrato Trump in Alaska Putin aveva parlato della necessità di eliminare le radici profonde del conflitto, e con questo molto banalmente si intende la sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza dell’Ucraina.
Insomma, quello scenario è da evitare a tutti i costi. Una cosa di cui invece si sta parlando, e lo si è fatto molto in questi giorni all’Eliseo, è di dare garanzie di sicurezza all’Ucraina una volta raggiunto un accordo per il cessate il fuoco, o direttamente un accordo per la fine delle violenze.
Non è chiarissimo quindi che cosa intendesse Putin. Se dopo il cessate il fuoco dovessero arrivare in Ucraina truppe straniere, per assicurarsi appunto che venga rispettato quel cessate il fuoco, la Russia le colpirebbe come – per dirla con le parole di Putin – dei “bersagli legittimi da eliminare”?
Putin si è sempre opposto – e sarebbe questa anche una delle ragioni dell’escalation – all’eventualità che l’Ucraina entri nella Nato. Adesso ha aggiunto che avere dei contingenti occidentali in Ucraina sarebbe di fatto una modalità per includere il paese nell’Alleanza Atlantica.
Invece, ha detto sempre il presidente russo, se si dovessero raggiungere degli accordi di pace, le truppe straniere non servirebbero. Vi leggo le sue parole: “Nessuno dubiti che la Russia attuerà pienamente gli accordi. Rispetteremo quelle garanzie di sicurezza che dovranno essere elaborate sia per la Russia che per l’Ucraina. Ogni Paese ha il diritto di scegliere come garantire la propria sicurezza, questioni di questo tipo però non si risolvono senza tener conto della Russia stessa. Esiste una regola generale, espressa e registrata in documenti europei: la sicurezza di un Paese non può essere garantita a spese della sicurezza di un altro".
Insomma, anche in queste frasi Putin ribadisce che non accetterà la presenza di truppe straniere in Ucraina, perché le vedrebbe come una minaccia alla sua sicurezza. Le vedrebbe come un cavallo di Troia per far entrare l’Ucraina nella Nato. Che a quel punto sarebbe ancor più ai confini della Russia, potenzialmente in grado di attaccare direttamente Mosca.
Chiaramente la prospettiva occidentale è completamente diversa. Per l’Europa servono garanzie di sicurezza proprio perché non ci si può fidare della Russia di Putin, che già in passato – come accaduto ad esempio con i protocolli di Minsk e la guerra in Donbass – non ha mantenuto quanto aveva promesso.
Ieri oltre una trentina di Paesi si sono riuniti, chi in presenza chi in collegamento, all’Eliseo. E alla fine Emmanuel Macron ha annunciato che ben in 26 tra i Volenterosi sono pronti a dare garanzie di sicurezza a Kiev. Non è la prima volta che questa coalizione si riunisce e discute. La novità però questa volta è che Macron ha detto che sono pronti: i capi di stato maggiore e i ministri della Difesa hanno messo a punto un piano per intervenire nel momento esatto in cui si fermeranno le ostilità e garantire, a partire da lì, la sicurezza dell’Ucraina.
Macron ha detto che la coalizione è pronta a intervenire, per suolo, per mare e per aria. Un’espressione che sembra racchiudere praticamente qualsiasi modalità di intervento e che quindi sembrava alludere al fatto che tutti fossero disposti anche all’invio di truppe. Ma sappiamo che non è così: l’Italia, ad esempio, ha sempre ribadito che non invierà i suoi soldati in Ucraina. Ma non c’è solo l’Italia, anche la Germania ha dei dubbi e non si è ancora espressa a tal proposito. Stesso discorso per la Polonia. A una richiesta di chiarimenti durante la conferenza stampa poi Macron ha specificato che ogni Paese interverrà con modalità diverse: alcuni ad esempio, non manderanno truppe, ma metteranno a disposizione le loro basi o addestreranno l’esercito ucraino.
Non ha tardato poi ad arrivare anche la specifica di Palazzo Chigi. Una nota in cui è stato ribadito che il governo italiano non è disponibile all’invio di truppe in Ucraina. Al tempo stesso si è anche precisato che Giorgia Meloni, collegata in videoconferenza con Parigi, ha confermato il supporto alle iniziative per il cessate il fuoco e alla formazione dei soldati ucraini, fuori dai confini dell’Ucraina, però.
Ieri all’Eliseo c’era anche fisicamente Steve Witkoff e poi si è collegato per una telefonata anche Donald Trump. Il punto è sempre lo stesso: è difficile mettere in campo l’iniziativa dei Volenterosi, parlare di mandare le truppe in Ucraina, se poi non c’è il backstop statunitense. Se poi gli Stati Uniti non partecipano alle garanzie di sicurezza, per dirla in altre parole. Nei giorni scorsi Trump si era detto nuovamente deluso da Putin, ma ancora non è chiaro rispetto a cosa può offrire a Zelensky.
Durante il vertice dei Volenterosi Trump non ha chiarito la sua posizione. L’incognita sugli Stati Uniti rimane, il presidente si è limitato a prendersela con Ungheria e Slovacchia perché continuano ad acquistare petrolio da Mosca. Al di là di questo, Washington rimane l’ago della bilancia, perché senza le armi e le tecnologie statunitensi, questa coalizione rimane sulla carta.
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