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Zelensky qualche giorno fa è volato a Washington per i missili Tomahawk che gli erano stati promessi da Trump quest’estate. Ma non solo se ne è tornato a casa a mani vuote: si è pure visto spingere dal presidente statunitense ad accettare le condizioni della Russia per mettere fine alla guerra, altrimenti Putin potrebbe distruggere l’Ucraina. Il Financial Times ha fatto uscire una serie di indiscrezioni che raccontano uno scenario incredibilmente teso all’interno dello Studio Ovale, con discussioni accese e mappe buttate per aria.
Che Donald Trump tenda a cambiare idea e fare oggi il contrario di quello che prometteva ieri, non è una novità. A quanto pare la giravolta in questo caso sarebbe stata innescata da una semplice telefonata di Putin, ed è questo l’elemento più preoccupante, che fa paura a Zelensky chiaramente, ma pure agli europei. Come era accaduto anche quest’estate in Alaska, di fatto Trump ripete gli argomenti del presidente russo e li mette sul tavolo come condizioni per la pace. Ma le concessioni territoriali a un aggressore imperialista non costruiscono la pace: sono i passaggi di una resa.
Come è andato l'incontro tra Trump e Zelensky
Torniamo a venerdì scorso. E alle rivelazioni del Financial Times su quel faccia a faccia tra Trump e Zelenksy. Si parla di imprecazioni, di mappa del fronte gettate a terra, e di un Trump che, parola per parola, ribadisce la linea del Cremlino. E a Zelensky intima: “Cedi il Donbass oppure verrai distrutto”.
E tutto questo avviene a pochi giorni dall’incontro, annunciato all’improvviso, di Trump e Putin a Budapest del 23 ottobre. Se queste sono le premesse, è più che legittima la paura che il vertice si trasformi in un tavolo per concordare la resa dell’Ucraina. Per questo Zelensky ci vuole essere: per impedirlo. Ha detto di essere pronto a partecipare – nonostante la capitale ungherese non sia certo un luogo facile e accogliente per lui – perché per costruire una pace giusta e duratura servono entrambe le parti. “Come possono esserci accordi su di noi senza di noi?”, ha detto.
La risposta c’è, ma non piace a nessuno, meno che meno ai leader europei. Che temono appunto che Trump stia negoziando sopra le loro teste, cercando poi di far passare una capitolazione per una soluzione accettabile. Il punto di Putin è lo stesso da anni, è lo stesso da ben prima dell’invasione del 2022: vuole il riconoscimento internazionale sulla Crimea, vuole il Donbass. Vuole riscrivere i confini, vuole che l’Ucraina rinunci a qualsiasi ambizione nei confronti della Nato, che si smilitarizzi.
Trump si rimangia le promesse sui missili all'Ucraina
E, a proposito di armi. Trump a FoxNews si è rimangiato la promessa sui missili dicendo semplicemente che gli Stati Uniti non possono dare tutte le loro armi all’Ucraina, non possono proprio: “Semplicemente non possiamo farlo. Sono stato molto buono con Zelensky e con l’Ucraina, ma non posso mettere in pericolo l’America”.
La domanda quindi è: Kiev può continuare a resistere contando solo sugli aiuti e sulle armi dagli europei? E per quanto tempo può farlo?
La linea ufficiale di Bruxelles rimane quella del sostegno incondizionato all’Ucraina. L’Alta rappresentante UE per la politica estera, Kaja Kallas, oggi ha detto: "Non dobbiamo dimenticare che la Russia è l'aggressore e l'Ucraina la vittima. Quindi, fare pressione sull'Ucraina da vittima non è l'approccio giusto, e non solo per l'Ucraina, ma anche per la sicurezza europea e globale, perché se l'aggressione paga, serve come un invito a usarla anche altrove, ed è per questo che abbiamo mantenuto la rotta: fare pressione sulla Russia porrà fine a questa guerra. Se ci arrendiamo e lasciamo che la Russia ottenga ciò che vuole, allora vedremo altri casi simili. Lo abbiamo già visto nella storia, tante volte”.
L’Alta rappresentante ha poi concluso dicendo di sostenere certamente gli sforzi di Trump per porre fine alla guerra, ma nella consapevolezza che Putin si metterà a negoziare seriamente solo quando penserà di stare perdendo. E per farlo perdere bisogna continuare a sostenere Kiev, sul piano militare, e ostacolare Mosca su quello economico. Per questo questa settimana, oltre all’incontro tra Trump e Putin, è anche in programma un Consiglio europeo per discutere di un nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia. E, nel frattempo, per implementare delle misure contro la flotta fantasma russa, cioè quelle petroliere utilizzate per arginare le sanzioni dell’Occidente sul greggio russo.
Zelensky vuole andare a Budapest
Zelensky, da parte sua, comunque è stato chiaro: è pronto a discutere, a negoziare, ad andare personalmente a Budapest, ma non ad arrendersi. Parlando sempre dopo il viaggio a Washington, ha fatto presente che l’Ucraina non ha mai cercato la guerra. Che la Russia è l’aggressore e che oggi il conflitto continua perché è la Russia a non volere che finisca. Per cui in una situazione del genere, anche solo pensare di concedere qualcosa al Cremlino vorrebbe dire di fatto aprire alla resa, parziale o completa. E questa non è un’opzione per Kiev.
Ma Zelensky sa anche bene di aver bisogno del sostegno statunitense, delle armi statunitensi. Perché sono l’unico modo per spingere Putin a un negoziato serio. Il Cremlino ha sempre puntato a una vittoria militare: è il motivo per cui anche quest’estate, quando un cessate il fuoco sembrava dietro l’angolo, Putin si è rifiutato di congelare la linea del fronte, perché sperava di conquistare più territori. Ma così non è stato, bene o male la linea difensiva ucraina ha retto e l’offensiva estiva non ha portato, per Mosca, i risultati sperati.
Sembra che Putin ora stia puntando tutto sul logoramento, sulla stanchezza degli ucraini, ma soprattutto degli alleati. Trump, da questo punto di vista, ha già dimostrato di essere influenzabile, di prendere le parti della Russia senza alcun problema, facendo ricadere tutte le responsabilità dall’altro lato. L’incognita sono più che altro gli europei, che in questi anni non sono stati sempre completamente allineati sul da farsi. La Francia resta in prima linea nella difesa degli ucraini, spinge per la missione dei Volenterosi e per applicare tutta la pressione possibile sulla Russia. Ma non tutti sono dello stesso parere.
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