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L’accordo per il cessate il fuoco a Gaza regge, ma le violazioni sono quotidiane e le accuse reciproche. Ovviamente a pagare il prezzo più alto sono sempre i civili palestinesi. Secondo Al Jazeera, da quando la tregua è in vigore, sono state uccise 245 persone e ne sono state ferite oltre 600. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, parlando alla Knesset, ha detto di essere determinato a “far rispettare gli accordi del cessate il fuoco esistenti con il pugno di ferro contro coloro che cercano di distruggerci”. Ha detto che la guerra non è ancora finita e che “coloro che cercano di farci del male si stanno riarmando”, che “Gaza verrà smilitarizzata” e che questo potrebbe accadere nel modo più facile o nel modo più difficile, ma che comunque accadrà.
Hamas, da parte sua, ha accusato Israele di aver violato quotidianamente il cessate il fuoco, uccidendo appunto centinaia di persone. Non solo: secondo Hamas le IDF, le Forze di difesa israeliane, durante il ritiro dalla linea gialla – cioè quella linea che divide in due la Striscia – starebbero distruggendo sistematicamente le case dei palestinesi, impedendo allo stesso tempo l’ingresso di tutti gli aiuti umanitari concordati.
Che cos'è la Linea Gialla che divide in due Gaza
Una precisazione: la linea gialla è quel confine delineato durante le trattative per il cessate il fuoco, che spacca in due la Striscia. Una parte – quella occidentale, lungo la costa – è controllata dai miliziani di Hamas, mentre il 53% dell’intero territorio è ancora occupato dall’esercito israeliano: questa zona comprende tutta la parte orientale, i confini a nord e sud, e tecnicamente dovrebbe ridursi progressivamente, con il ritiro delle truppe. Però Israele ha sempre detto di voler mantenere il controllo di una zona cuscinetto, un perimetro di sicurezza, e il timore dei palestinesi è che questa linea gialla si calcifichi lasciando di fatto la Striscia divisa in due, con la maggior parte del territorio occupato da Israele. E quindi, con la popolazione segregata in un assedio ancora più asfissiante, mentre dall’altra parte magari si apre a nuovi insediamenti israeliani.
Dalle immagini satellitari, pubblicate anche in un’inchiesta della BBC, si vedono dei blocchi di cemento gialli – che appunto dovrebbero delineare questo confine, posizionati molto più internamente nella Striscia rispetto agli accordi, spingendo i palestinesi sempre più verso la costa. In una prigione a cielo aperto sempre più ristretta.
Il rischio di un confine permanente
La linea gialla è già una linea insanguinata. Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha avvertito che chiunque la supererà verrà “accolto con il fuoco”. Il punto è che questa frontiera non è chiaramente identificata e la popolazione palestinese è quindi costantemente esposta al pericolo di vedersi piovere addosso i proiettili. E poi, il rischio che questa linea gialla diventi il nuovo confine – che si assista di fatto a un’annessione parziale della Striscia di Gaza – si fa sempre più elevato, perché le trattative per la seconda fase del piano di pace rimangono in stallo. E senza progressi da questo punto di vista, i militari israeliani non si affrettano certo a ritirarsi e il confine che doveva essere temporaneo si consolida.
Secondo alcune indiscrezioni riportate dal The Atlantic, gli Stati Uniti starebbero lavorando a un progetto per costruire circa 25 mila alloggi nella parte sotto il controllo israeliano, ma destinati solo ai palestinesi che hanno ricevuto un via libera dallo Shin Bet, uno dei servizi di intelligence israeliana. Una prova del fatto che non tutti i palestinesi potranno tornare alle loro case. E una prova del fatto che Israele ha tutte le intenzioni di mantenere il controllo nella Striscia.
La fase due del Piano di pace
Nei giorni scorsi l’inviato speciale statunitense per il Medio Oriente, Steve Witkoff, e Jared Kushner, il genero di Trump, sono volati a Tel Aviv per incontrare Netanyahu e discutere appunto della tregua e di come passare alle fasi successive del piano. Non è chiaro come siano andati questi incontri. Sicuramente non sono stati semplici: il cessate il fuoco è fragile, le violazioni continue, gli aiuti umanitari non arrivano secondo gli accordi, non è chiaro come stia procedendo il ritiro delle IDF, né come verrà gestita la ritirata dei miliziani di Hamas dalla Striscia. Tanti sarebbero ancora nascosti nei tunnel, nel territorio sotto controllo israeliano, la loro sorte è incerta: per preservare la tregua dovrebbero disarmarsi e rifugiarsi in un altro Paese – ma dove? – ma l’estrema destra israeliana spinge per stanarli e ucciderli.
I miliziani di Hamas nascosti nei tunnel: la tregua è precaria
I ministri di estrema destra, come Katz ma anche Ben Gvir, spingono per annientare completamente Hamas, distruggendo tutti i tunnel. Nel frattempo, il parlamento israeliano ha appena approvato un controverso emendamento alla legge sulla pena di morte, aprendo alla condanna capitale per qualsiasi palestinese colpevole di aver ucciso un cittadino israeliano. Anche se un miliziano intrappolato in questi tunnel si consegnasse alle IDF e gettasse le armi, che garanzie avrebbe di non venire poi condannato a morte?
Questa incertezza pesa sul cessate il fuoco e rende complicata qualsiasi operazione successiva, dalla ricostruzione di Gaza alle prossime fasi del piano di pace. Secondo alcuni retroscena giornalistici, però, gli Stati Uniti starebbero comunque mettendo a terra il futuro post bellico. In particolare, starebbero progettando di costruire una grande base militare nel sud di Israele, che dovrebbe poi ospitare una forza di stabilizzazione internazionale, responsabile del mantenimento della pace a Gaza.
Il ruolo dell'Italia in Medio Oriente
Quella forza di stabilizzazione a cui potrebbe partecipare anche l’Italia. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha spiegato che non è ancora chiaro che tipo di impegno sarà richiesto all’Italia, ma che comunque il contributo del nostro Paese in Medio Oriente sarà importante. E ha aggiunto che potrebbe essere la formazione della polizia palestinese, oppure un contributo forte all'amministrazione civile. Su questo punto ha detto qualcosa anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha spiegato come l’Italia sia disponibile a inviare i carabinieri per addestrare le forza di sicurezza palestinesi, ma che queste operazioni non avverranno né a Rafah né a Gaza. Sarebbe troppo pericoloso. Perché appunto, nonostante ci sia un cessate il fuoco in vigore, nella Striscia si continua a sparare.
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