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Israele getta la maschera e ammette che non permetterà mai uno Stato palestinese

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Decine di migliaia di soldati israeliani sono entrati a Gaza City e hanno già preso il controllo di alcune periferie della città. Ne arriveranno molti di più. Per questa fase il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha mobilitato 130 mila riservisti. Prima del 7 ottobre 2023 a Gaza vivevano circa 750 mila persone, una grossa fetta dei 2 milioni di abitanti totali della Striscia. La maggior parte di loro è stata già sfollata molte volte. Subito dopo l’attacco di Hamas, quasi due anni fa ormai, l’esercito israeliano era già entrato in città, bombardandola e radendo al suolo interi quartieri, distruggendone le infrastrutture. A gennaio, durante la breve tregua, molti palestinesi erano rientrati in città, o meglio, in quello che rimaneva, accampandosi come potevano.

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Ora tanti stanno di nuovo fuggendo a sud, anche se pure nelle zone centrali della Striscia proseguono i raid. Molti invece hanno deciso di restare, consapevoli che ormai a Gaza non ci sia più un singolo centimetro di terra che possa considerarsi sicuro. Nelle ultime 24 ore i bombardamenti su Gaza City si sono intensificati, almeno 72 palestinesi sono stati uccisi. Si aggiungono alle oltre 62 mila vittime accertate: è plausibile infatti che siano molte di più, sono circa 10 mila le persone disperse sotto le macerie. Circa la metà sono civili, oltre 18 mila bambini.

A parole, la comunità internazionale è critica. Il presidente francese Emmanuel Macron ha detto che la nuova offensiva non potrà fare altro che condurre a un vero e proprio disastro, a una guerra permanente nella regione. E pure dalla Germania, normalmente molto timida – diciamo – nei confronti di Israele c’è chi commenta chiedendosi in che modo queste azioni possano portare a un cessate il fuoco e alla liberazione degli ostaggi.

Al di là delle denunce, però, c’è sempre questa sensazione di impotenza, questa sensazione che nessuno stia davvero facendo qualcosa per fermare il governo israeliano. Chi potrebbe farlo in quattro e quattr’otto, bloccando la fornitura di armi, infatti non solo non lo fa. Tutt’altro, continua a sostenerlo. Donald Trump ha detto di essere d’accordo con Netanyahu quando sostiene che gli ostaggi potranno essere liberati solo con la distruzione totale di Hamas. Gli ha dato il via libera all’offensiva di terra e lo ha definito un eroe di guerra, ignorando completamente il fatto che per il diritto internazionale Netanyahu sia un criminale di guerra, visto che sulla sua testa pende un mandato d’arresto della Corte penale internazionale. Un mandato per crimini di guerra, appunto, e crimini contro l’umanità. Non solo alla Casa Bianca non interessa minimamente questo mandato, no, hanno anche annunciato nuove sanzioni per i giudici internazionali, accusandoli di essere troppo politicizzati, di abusare del loro potere.

Probabilmente, quindi, Trump non fermerà nemmeno l’ennesima espansione delle colonie israeliane in Cisgiordania. Questa nuova colonia, annunciata dal governo israeliano, però è doppiamente grave, doppiamente illegale. Perché di fatto dividerà in due il territorio della West Bank, spazzando via ogni prospettiva di Stato palestinese unitario. E l’obiettivo è proprio questo, ormai dichiarato apertamente. Il ministro delle Finanze, l’ultranazionalista di estrema destra Bezalel Smotrich, ha detto chiaramente che spezzando in due la Cisgiordania verrà seppellita l’idea di uno Stati palestinese.

E poi ancora: “Lo stato palestinese sta venendo cancellato dalla mappa non con gli slogan ma con le azioni. Ogni insediamento, ogni quartiere, ogni casa è un chiodo nella bara di questa idea pericolosa”.

Azioni e affermazioni di questo tipo sono l’ennesima prova del fatto che Israele non stia cercando la soluzione diplomatica, basata appunto su uno stato ebraico e uno arabo che possano vivere in pace uno accanto all’altro. No, Israele vuole cancellare qualsiasi seme di Stato palestinese e deportare tutti i palestinesi da un’altra parte.

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