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La notizia è stata diffusa alcuni giorni fa dal giornale satirico Le Canard Enchainé, che ha avuto accesso a una circolare inviata dal ministero della Salute francese alle agenzie regionali in cui si dice che gli ospedali civili si devono preparare a gestire dei consistenti afflussi di soldati feriti. Il tutto chiaramente in vista di una eventuale guerra. Però, al di là di tutti i condizionali del caso, questa eventualità non è percepita come qualcosa di astratto, appartenente forse a un futuro lontano. No, la preparazione dovrà essere ultimata entro marzo del 2026.
Gli enti sanitari regionali si dovranno coordinare con il ministero della Difesa per preparare gli ospedali civili ad accogliere flussi consistenti di soldati feriti da tutta Europa. Si parla di 100 pazienti al giorno, per 60 giorni consecutivi su tutto il territorio, con dei picchi che possono arrivare fino a 250 pazienti al giorno per un massimo di 3 giorni di seguito. Questo è lo scenario a cui ci si deve preparare, questi sono i numeri che gli ospedali civili devono essere in grado di saper reggere.
Nella circolare si parla anche di centri di smistamento regionale, che dovranno essere pronti a ricevere i militari feriti dal fronte e poi distribuirli verso gli ospedali civili più adatti e vicini. Non si parla solo di soldati francesi. Tutte le strutture devono attrezzarsi anche per accogliere soldati stranieri, stabilizzarli, e poi essere pronte a rimpatriarli nei loro Paesi: insomma, è un’iniziativa coordinata con la Nato e l’Unione europea. Uno scenario a cui ci si sta preparando in maniera collettiva.
Chiaramente sapere che gli ospedali civili si stanno equipaggiando per ricevere dei soldati feriti al fronte crea non poca preoccupazione e allarmismo. Perché, tradotto, significa che la Francia – l’Europa, la Nato – si sta preparando ad andare in guerra. I giornalisti francesi chiesto conto direttamente alla ministra della Salute, Catherine Vautrin: durante un’ospitata sul canale BFM-TV, la ministra ha provato un po’ a contenere l’allarmismo, dicendo che tutta questa iniziativa fa parte dell’anticipazione, cioè di una strategia di preparazione, ad esempio prevedendo degli stock strategici come facciamo per le epidemie.
Il senso del suo discorso era più o meno questo: la pandemia di Covid ci ha trovato impreparati e ci ha ricordato invece quanto sia importante essere pronti a ogni evenienza. Il che non significa che ci aspettiamo una nuova pandemia domani, ma che, se dovesse accadere, sapremmo come reagire. Uguale per il contesto militare: non si sta dicendo che la Francia è pronta ad andare in guerra domani, ma che se si dovesse trovare in scenari di guerra, i suoi ospedali sarebbero attrezzati e non rischierebbero il collasso.
Questo è importante sottolinearlo per non farsi prendere dall’allarmismo e non lasciarsi trascinare da alcune narrazioni pericolose. Però è un dato di fatto che il contesto geopolitico è cambiato in Europa dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e che si fa sempre più precario, senza contare anche le politiche genocidiarie di Israele in Medio Oriente. I Paesi della Nato hanno acconsentito ad aumentare enormemente le loro spese militari, dietro la spinta degli Stati Uniti di Trump: i nostri governi metteranno fino al 5% del loro Pil – il che significa miliardi e miliardi di euro – in armi e Difesa. L’Unione europea, il progetto politico che per eccellenza è nato come un progetto di pace, ha annunciato il ReArm Eu: e anche lì, miliardi e miliardi di euro in armi e Difesa.
Questa notizia dalla Francia quindi, per quanto possa essere forte il pensiero degli ospedali civili che si preparano ad accogliere i soldati feriti, è esattamente in linea con le politiche di questi anni, e di questi ultimi mesi in particolare. Politiche che puntano a dare priorità agli investimenti nelle armi, a preparare anche la società civile a degli scenari di guerra. Da mesi e mesi il presidente francese, Emmanuel Macron, insiste sulla Coalizione dei Volenterosi, sul fatto che prima o poi si dovranno mandare dei soldati in Ucraina per assicurare che gli accordi di pace – se mai questi verranno raggiunti – siano poi mantenuti.
Da mesi e mesi le istituzioni europee continuano a insistere, sul fatto che la minaccia russa non sia ipotetica, ma un fattore di rischio concreto e reale. Basta spostare anche un po’ lo sguardo, dalla Francia alla Germania, per rendersi conto di quanto le cose siano cambiate. Per ovvie ragioni storiche dopo la Seconda Guerra Mondiale Berlino ha sempre tenuto al minimo le sue spese per la Difesa. Oggi è uno dei Paesi europei che spende di più per le armi e l’esercito. Già il precedente Cancelliere, Olaf Scholz, aveva messo in chiaro di voler rendere la Bundeswehr – cioè le forze armate tedesche – l’esercito più forte d’Europa. Una cosa che viene definita Zeitenwende, una svolta epocale. E l’attuale capo del governo, Friedrich Merz, ha fatto pure un passo ulteriore: ha cambiato le regole fiscali, un’altra cosa impensabile per la Germania fino a qualche anno fa, per permettere di spendere di più per la Difesa, facendo addirittura debito.
E anche in Germania sta succedendo qualcosa di simile al caso francese sugli ospedali. A dare la notizia in questi giorni è stato il portale InsideOver, che ha citato il Berliner Zeitung, uno dei principali quotidiani venduti a Berlino, il più popolare tra quelli fondati nella Germania dell’Est. Al di là di questa curiosità, appena qualche giorno fa questo giornale ha scritto che il Senato tedesco, insieme alla Bundeswehr, sta lavorando a un “Piano quadro per la difesa civile degli ospedali”. Anche in questo caso l’obiettivo è quello di rendere gli ospedali tedeschi attrezzati ad accogliere i soldati feriti. Anche in questo caso il messaggio tra le righe è che ci si stia preparando alla guerra.
Sempre InsideOver racconta che Alexader King, un deputato del partito BSW, ha presentato una serie di interrogazioni al Senato a cui ha ricevuto risposte abbastanza esplicative: cioè che anche le infrastrutture civili devono essere pronte per scenari bellici. Secondo King, che è molto critico con politiche di questo tipo, di fatto l’Europa sta mettendo in atto un programma di militarizzazione che cerca di mascherare, facendolo passare per un piano di prevenzione, di preparazione alla crisi.
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