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L’ultima volta che Vladimir Putin ha incontrato un leader statunitense era nel 2021, un anno prima dell’invasione dell’Ucraina. Alla Casa Bianca c’era Joe Biden e i due avevano avuto un colloquio a Ginevra. Un colloquio molto teso, i rapporti erano ai minimi storici e le cose sarebbero precipitate da lì a poco, con lo scoppio della guerra. Da quel momento nessun leader occidentale ha più incontrato Putin. O meglio, quasi nessuno: ci sono due leader europei, l’ungherese Viktor Orban e lo slovacco Robert Fico, che invece sì, si sono seduti al tavolo con il presidente russo, tra strette di mano e sorrisi nonostante la guerra.
Ma tutti gli altri, i capi di Stato e di governo di Paesi come la Francia, l’Italia, la Germania, hanno sempre cercato di isolarlo. Solo più recentemente, quando c’è stata una spinta ai negoziati per il cessate il fuoco, c’è stata qualche telefonata, ad esempio con Emmanuel Macron, che però si è conclusa con un nulla di fatto.
Ora le cose stanno per cambiare: Donald Trump incontrerà Vladimir Putin in Alaska, il giorno di Ferragosto. Solo loro due: non ci sarà Volodymir Zelensky e non ci saranno i leader europei.
Per Putin, tornare a sedersi al tavolo per un bilaterale con un leader occidentale è una buonissima notizia. Significa tornare a essere riconosciuto come interlocutore affidabile da quella parte di mondo. Magari riuscire pure a mettere in pausa l’ipotesi di nuove sanzioni, almeno finché di facciata le trattative sono in corso. Anche per Trump questo incontro potrebbe portare qualcosa di positivo: se arrivasse davvero a un cessate il fuoco potrebbe intestarsi finalmente quella vittoria diplomatica che tanto ha promesso, ma che ancora non è arrivata.
Certo, questo accordo potrebbe arrivare senza tenere conto delle richieste di chi a quel tavolo non è stato invitato. E infatti Zelensky e i leader europei sono decisamente preoccupati per questo vertice. E hanno ragione di esserlo.
Trump in questi giorni che precedono l’incontro sta tentando di rassicurare tutti. Ha anche detto che capirà in due minuti se le sue intenzioni sono buone o meno, cioè se vuole arrivare o no a un accordo di pace. Ma il presidente statunitense ha di nuovo anche aperto a uno scambio di territori. Ha detto: “Potrebbero esserci alcuni cambiamenti della linea di confine. La Russia ha occupato una vasta area dell’Ucraina. Territori di primaria importanza. Cercheremo di restituirne una parte a Kiev”.
Questo vorrebbe dire accettare il fatto che il diritto internazionale si può violare. Che si può invadere un altro Stato, prendersi dei territori, e uscirne puliti, senza ripercussioni. Ovviamente verrebbe meno tutta la struttura di regole internazionali che gli Stati si sono dati per vivere in pace tra loro, sarebbe il caos.
Zelensky, e gli europei sono dalla sua parte, ha sempre detto che non accetterà mai di cedere dei territori all’aggressore russo: l’integrità territoriale del suo Paese non è negoziabile. Trump si è limitato a dire che dopo l’incontro telefonerà al presidente ucraino. E che gli potrebbe comunicare due cose: o che c’è un accordo, oppure gli dirà “buona fortuna, continua a combattere”. Questo secondo scenario, chiaramente, nel caso in cui Putin dovesse dimostrare di non volere davvero il cessate il fuoco. Ma, forse, anche nel caso in cui Zelensky non dovesse accettare il perimetro dell’intesa portata a casa da Trump.
Insomma, il timore è che Trump metta Zelensky all’angolo, imponendogli una situazione di “prendere o lasciare”.
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