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Partiamo come sempre dalle domande: oggi dalla domanda di Max:
“Perché non dichiarano fuorilegge le app spia sui cellulari”
Bella domanda, Max. Perché ci permette di tornare sul caso Paragon. Ma anche perché ci permette di allargare un po’ lo sguardo. Già, perché fino oggi abbiamo parlato di quel che sta facendo – anzi che non sta facendo – la politica, per scoprire chi mi ha spiato. Ma non abbiamo mai parlato di un’altra cosa: cosa sta facendo – o non facendo – la politica perché quel che è capitato a me, a Ciro Pellegrino e ad altri giornalisti non accada di nuovo?
È uno dei temi di cui parleremo presto al Rumore Festival di Fanpage: faremo due giorni di dibattiti e confronti a Roma, anche sul caso Paragon, con ospiti d'eccezione. Cominciate a segnarvi il posto e la data: all'Acquario Romano, il 4 e 5 ottobre.
Ma ora torniamo alla domanda di Max. E deludiamolo subito. No, il governo non sta minimamente pensando di rendere illegali le app spia sui telefoni cellulari.
La motivazione è semplice ed è pure legittima: le ritengono degli ottimi strumenti di indagine contro i gruppi terroristi e la criminalità organizzata. E ritengono pure, evidentemente, che il gioco valga la candela. Che gli abusi non siano tali da giustificarne la messa al bando. È un’opinione questa che non trova voci contrarie nemmeno nell’opposizione. Il caso Paragon è scappiato più di sette mesi fa. E nessun partito ha chiesto la messa fuorilegge dei software spia. O ha presentato proposte di legge per limitarne ulteriormente l’uso.
Anzi, nella relazione del Copasir, il Comitato per la sicurezza della repubblica, si dice che il problema non sono i software spia, ma le app come WhatsApp che avvisano i cittadini che sono stati spiati. Addirittura, nella relazione, si invita il Parlamento a intervenire su questo tema – cito testuale -, chiedendo alle Camere "di individuare soggetti istituzionali che possano verificare, prima di comunicarlo agli utenti, la legittimità di eventuali manovre intercettive". In altre parole, e lo dico per gli avvocati, in modo del tutto ipotetico: se il governo mi spiasse illegalmente con Paragon, con questa legge, WhatsApp avviserebbe il governo, o comunque un soggetto istituzionale a nomina politica. E spetterebbe a questo soggetto avvisare me. Nella migliore delle ipotesi, se davvero lo facesse, il governo avrebbe tutto il tempo di costruirsi la versione perfetta per evitare guai. Per la cronaca: questa relazione è stata votata all’unanimità da tutti i partiti che fanno parte del Copasir. Cioè da tutti i principali partiti presenti in parlamento, tranne Alleanza Verdi e Sinistra.
Insomma: a vietare gli spyware non ci pensano nemmeno. E anzi, vorrebbero fare in modo che chi spia possa essere avvisato prima delle vittime di spionaggio. Beh, direte voi, ma il caso Paragon è stata una sfortunata eccezione. Insomma. Se facciamo qualche passo indietro, ogni volta che si è scoperta l’esistenza di uno spyware privato venduto ai governi, puntualmente, si è scoperto che “qualcuno” l’ha usato per spiare illegalmente giornalisti, attivisti, oppositori politici del governo stesso. È successo con l’italiana Hacking Team. È successo con l’israeliana NSO e col suo software Pegasus. È successo con Paragon Solutions e col suo software Graphite.
Il che suggerisce, almeno, che quando un governo si ritrova tra le mani uno strumento per spiare i suoi avversari, o i suoi controllori, o qualcuno che gli rende la vita difficile, generalmente c’è qualcuno – non sappiamo bene chi – che finisce per spiarli. Evidentemente, nonostante le clausole contrattuali, le regole che si danno i servizi di intelligence, le sanzioni, gli organi di controllo della politica, la tentazione è troppo forte. Anche in una democrazia matura e occidentale come l’Italia.
Che fare, allora?
Allo stato attuale tocca fidarci dei giganti tecnologici come Meta, Apple, Google. E sperare che continuino ad avvisare i bersagli illegittimi delle attività di spionaggio, come hanno fatto sinora. Anche se i governi non vorrebbero lo facessero. Quegli stessi governi con cui questi giganti fanno affari enormi. L’abbiamo visto pochi giorni fa, quando Mark Zuckerberg di Meta, Tim Cook di Apple e tutti gli altri loro amici Ceo sono andati a cena alla Casa Bianca, invitati dal presidente Donald Trump, che ha promesso loro una marea di investimenti e leggi più che favorevoli ai loro affari, per evitare loro di essere superati dai loro corrispettivi cinesi. Una cena – a volte le coincidenze – che è avvenuta solo pochi giorni dopo la riattivazione del contratto da 2 milioni di dollari tra il dipartimento della sicurezza interna americana e Paragon Solutions. Un contratto che era stato firmato a fine settembre del 2024 dall’allora amministrazione Biden, e sospeso solo due settimane dopo dalla Casa Bianca, preoccupata che potesse violare l’ordine esecutivo di marzo 2023 che limita l’acquisto di spyware da parte di agenzie federali.
In altre parole: Trump ha deciso che l’acquisto e l’uso degli spyware va benissimo. E nel frattempo ha promesso vagonate di soldi e leggi favorevoli ai colossi tecnologici che dovrebbero avvisare eventuali bersagli di spionaggio illegittimo negli Stati Uniti.
Dovessero scoprirlo, secondo voi, sono incentivate a farlo?
Il tema che hai ascoltato in questa puntata è uno dei temi di cui parleremo presto al Rumore Festival di Fanpage: faremo due giorni di dibattiti e confronti a Roma, anche sul caso Paragon, con ospiti d'eccezione.
Cominciate a segnarvi il posto e la data: all'Acquario Romano, il 4 e 5 ottobre.
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