
Io sono Francesco Cancellato, direttore di Fanpage.it.
E questo è Direct, il podcast in cui cerchiamo di analizzare le cose che accadono, assieme.
Partiamo come sempre dalle domande: oggi dalla domanda di Andrea: “Ma i file e le mail di Epstein possono davvero far cadere Donald Trump?”
Questo è il classico caso molto complicato, in cui l’unica risposta può essere “dipende”.
Dipende se quei file saranno davvero resi pubblici, innanzitutto.
E poi dipende dal contenuto di quei file.
Dipende da chi è coinvolto oltre a Trump.
E, nella peggiore delle ipotesi per il presidente americano, dipende da come reagirà a questo scandalo.
Partiamo dall’inizio, però.
Chi era Jeffrey Epstein? E perché si sta parlando così tanto di lui, ancora oggi?
Jeffrey Epstein era un imprenditore e finanziere americano, molto ben inserito nel mondo che conta sin dai primi anni Ottanta, quando era ancora poco più che trentenne. Alcuni dicono che questo dipendesse dal suo essere al soldo dei servizi segreti americani, a causa di un passaporto falso trovato in suo possesso, in cui risultava essere austriaco con residenza saudita.
Di sicuro era un personaggio ambiguo, con parecchi lati oscuri. Uno su tutti: la passione per le ragazze minorenni. La prima condanna per abusi sessuali risale al 2005 e la prima condanna arriva nel 2008. È una condanna pesantissima: a Epstein viene contestato di aver procurato ragazze minorenni a numerosi esponenti politici americani. Gli investigatori ne trovano almeno trentasei, alla mercé sua e della sua compagna e procacciatrice, la britannica Ghislaine Maxwell. Alcune di loro sono quattordicenni. Eppure Epstein se la cava con un patteggiamento e tredici mesi di detenzione.
Negli anni successivi, a dispetto di una condanna che dovrebbe valere come un stigma, Epstein si muove impunito nello star system americano, nonostante diverse donne lo citino in giudizio per violenze sessuali e induzione alla prostituzione. Fino a che, nel novembre 2018, non viene inchiodato di nuovo da un’inchiesta di Julie K. Brown, una giornalista investigativa del Miami Herald, che dopo oltre un anno di lavoro pubblica i casi di ottanta vittime, molte delle quali di 13 e 14 anni al momento delle violenze e le testimonianze a volto scoperto di otto di loro.
Il cuore di tenebra di Jeffrey Epstein è l’isola privata di Little Saint James, nell’arcipelago delle isole Vergini, dove sono stati consumati centinaia di abusi sessuali su minori.
Epstein viene arrestato il 6 luglio del 2019 e muore in carcere il 10 agosto dello stesso anno, meno di un mese dopo, impiccato in cella. Per le autorità è un suicidio, per molti altri – a partire dagli avvocati dello stesso Epstein – è un omicidio, necessario per evitare che parli.
È soprattutto la destra a cavalcare questa teoria: Epstein era amico dei Clinton, ha sempre finanziato il Partito Democracio. Ergo, i democratici l’hanno ucciso per evitare che rivelasse l’esistenza di una lobby di pedofili di sinistra. Questa teoria del complotto si diffonde e diventa uno dei capisaldi del movimento Maga, Make America Great Again, negli anni che intercorrono tra la prima e la seconda presidenza Trump.
Apriamo una doverosa parentesi: Epstein conosceva chiunque ed essere nella sua rubrica del telefono o avere foto con lui non equivale a essere stato un suo cliente. Ma la faccia e il nome di Epstein associato a quello di molte persone alimentano gossip e teorie del complotto, cavalcate soprattutto dalla politica per delegittimare l’avversario di turno.
Per questo nel corso degli anni il sacro graal di tutti i complottisti diventa l’esistenza dalla Epstein List: la lista di tutti gli uomini che avrebbero approfittato dei servizi offerti dal magnate newyorkese.
Trump lo promette più volte ai suoi: se fosse tornato presidente avrebbe consegnato agli americani la lista dei potenti clienti di Epstein.
Nella testa dei suoi sostenitori è una specie di arma della fine del mondo: un intero mondo fatto di politici e vip progressisti incriminato per pedofilia. Un’aspettativa, questa, che ignora un piccolo dettaglio: anche Donald Trump era amico di Jeffrey Epstein. E se ci fosse pure lui in questa fantomatica lista?
Il dubbio comincia a manifestarsi nei primi giorni della seconda presidenza di The Donald.
A poco più di un mese dalla nomina, la segretaria alla giustizia Pam Bondi invita i più scatenati tra gli influencer del mondo Maga e consegna loro una serie di faldoni sul caso Epstein. È un evento che viene celebrato come una rivoluzione da Trump e dai suoi, fino a che non si scopre che in quei faldoni ci sono documenti vecchi e inutili.
La delusione è cocente: dov’è la lista di Epstein lì in mezzo?
Passano mesi di silenzio, e il caso riesplode nell’estate del 2025.
A giugno è Elon Musk con un post su X, nel mezzo del celeberrimo scambio di accuse che segna la fine del suo rapporto col presidente, a dire esplicitamente che Trump non pubblicherà mai la lista di Epstein perché dentro c’è il suo nome.
E a luglio del 2025 è sempre Pam Bondi ad annunciare che le indagini sulla morte di Epstein si sono concluse, che si è suicidato in cella, che non c’è nessun omicidio e soprattutto non ci sono altri documenti da rendere pubblici. Ergo: la lista di Epstein non esiste.
Apriti cielo: il mondo Maga si scaglia contro Bondi, chiedendo a Trump di cacciarla. Eppure non solo Bondi rimane al suo posto, ma Trump la vuole addirittura al suo fianco alla finale del Mondiale di calcio per Club che si tiene in quei giorni a New York. Un segnale chiarissimo, che alimenta ancora di più i sospetti dei complottisti. Come mai questa giravolta di Trump? Non starà coprendo se stesso?
Di fatto oggi Trump è prigioniero della lista di Epstein, una prigione che si è costruito da solo.
A chiedere la pubblicazione di qualunque documento sono i gruppi alla sua destra, che hanno sostenuto la sua corsa alla Casa Bianca. E pure i democratici, ormai persuasi dall’idea che dentro quei documenti potrebbe spuntare il nome del presidente. O anche solo perché fa loro gioco mostrarne l’imbarazzo di fronte a questa vicenda.
Non bastasse, il congresso americano ha reso pubbliche una serie di comunicazioni di Epstein – che non fanno parte dei cosiddetti Epstein Files – in cui il nome di Trump compare oltre mille volte. Secondo il Miami Herald queste comunicazioni dimostrano, perlomeno, l’ossessione di Epstein per Trump.
E arriviamo a oggi. Perché i due rami del Parlamento nei giorni scorsi hanno votato la desecretazione di tutto il materiale di indagine su Epstein. A votare a favore anche i membri del congresso e i senatori repubblicani. Cosa che ha di fatto costretto Trump a firmare l’atto di desecretazione. Annunciando baldanzoso che si rivelerà un autogol per i democratici. Ma contemporaneamente annunciando un supplemento di indagine da lui richiesto sui rapporti tra Epstein e i democratici, che potrebbe rallentare o addirittura temporaneamente bloccare la diffusione dei documenti. E che, ovviamente, concorre ad alimentare ulteriormente i sospetti sul presidente.
Quindi, torniamo all’inizio
Quei file saranno davvero resi pubblici? Pare di sì, ma non è detto.
E cosa c’è in quei file? Chi ha seguito il caso dall’inizio, pensa non ci sia molto di nuovo. Ma qualunque cosa ci sia su Trump potrebbe creare problemi al presidente. Non c’è niente di peggio che essere attaccati contemporaneamente dai tuoi avversari e dai tuoi sostenitori e il caso Epstein è esattamente un problema enorme per questo motivo.
E quindi: esiste un modo in cui Trump può uscirne bene, o perlomeno uscirne vivo? Ovviamente sì: se in quel file ci fossero anche esponenti democratici di primo piano, potrebbe chiamarli in correità e buttare la palla in tribuna. Tutti colpevoli, nessun colpevole.
Ecco: diciamo che in questa vicenda forse il vero problema per Trump o per chiunque fosse cliente di Epstein non sono i file. Morto Epstein, esiste ancora una persona che sa tutto della vicenda e che potrebbe decidere di parlarne: è Ghislaine Maxwell, ex compagna e socia d’affari di Epstein, in carcere con una condanna a vent’anni.
Da qualche tempo Maxwell ha iniziato a collaborare col dipartimento alla giustizia. Se davvero deciderà di dire tutto, possiamo giurare che il caso Epstein non finirà qua. Né per Trump, né per tutti gli altri.
Anche per oggi è tutto. Ci risentiamo la prossima settimana, qui, sempre su Direct.