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Ciao, avrai sentito che sono uscite le motivazioni della sentenza con cui i giudici hanno condannato Davide Fontana, il femminicida di Carol Maltesi, all'ergastolo. Dirai: ‘beh, una buona notizia'. La realtà è che se c'è qualcosa che questa vicenda ci ha insegnato è che siamo una società sessuofobica, pronta a puntare il dito verso le donne che vivono vite fuori dai binari socialmente imposti. So che sotto sotto pensi: ‘ma faceva la porno attrice, era chiaro che la storia finisse male'. Ecco, fermati qui. E da qui, iniziamo.

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A luglio 2025 in Italia si sono registrati 51 casi di femminicidio. Nel 2024 sono stati 113, nel 2023 120. Di questi, solo alcuni sono rimasti impressi nell’opinione pubblica. Altri, li ricordiamo per la loro narrazione fuori luogo, violenta e non rispettosa delle vittime. Narrazioni in cui i media si sono permessi di andare oltre il diritto di cronaca, solo perché la donna uccisa non rispondeva ai canoni della vittima perfetta: bianca, magari benestante, di bell’aspetto, con una vita conforme agli standard etici imposti dalla società.

Ho un nome per voi, ed è quello di Carol Maltesi. 

Carol Maltesi era una ragazza di 26 anni, originaria di Sesto Calende. Abitava a Rescaldina, comune di Milano. Aveva lavorato come commessa, poi come porno attrice e poi era passata a realizzare contenuti a pagamento per Only Fans. L’uomo che l’ha uccisa si chiama Davide Fontana. I due avevano avuto una relazione, che però Maltesi gli aveva sempre specificato non essere esclusiva. Quando Fontana ha saputo che la donna si stava trasferendo in un’altra città, ha deciso di ucciderla. Non sopportava l’idea di non avere più il controllo della sua vita, non tollerava che lei decidesse liberamente dove abitare, con chi stare e chi frequentare. 

Le vittime di femminicidio però, come diciamo nel titolo di questa nuova puntata di ‘Streghe’, non sono tutte uguali. Carol Maltesi, infatti, era una porno attrice. E così su siti e quotidiani è diventata solo ‘la pornostar fatta a pezzi’, la ‘ragazza con due vite’, ‘l’attrice hard messa nel congelatore’ e altre cose che evito di ricordare. Davide Fontana è invece ‘il bancario’, il ‘food blogger’, ‘l’ex fidanzato’. Nei titoli di giornale difficilmente abbiamo letto il nome di Maltesi – al massimo solo lo pseudonimo utilizzato nel porno, Charlotte Angie -, le sue foto erano quelle prese dai set, e negli articoli i dettagli sul suo femminicidio sono stati riportati con morbosità e dovizia di particolari che avrebbero potuto e dovuto essere evitati. Non dimentichiamoci poi le parole del giudice che ha emesso nel 2023 la sentenza di primo grado. Tra le perle, ricordiamo in particolare il ‘non vi è dubbio che l’imputato fosse innamorato’, la ‘giovane e disinibita’ riferito a Maltesi, uccisa perché Fontana ‘si sentiva usato’. Questi sono giornalisti e giuristi. Immagina quindi le parole orribili usate dall’opinione pubblica per commentare questo femminicidio. Parole che trovano giustificazione nella convinzione: in fondo era un'attrice hard, cosa si aspettava da una vita così?

Che questo sia un pensiero e un comportamento ipocrita è chiaro. Tutti, in qualche misura, abbiamo avuto a che fare con il mondo della pornografia. Il consumo di contenuti per adulti è ormai un fenomeno di massa ed è ampiamente normalizzato, anche se agito ancora nell’ombra. Nonostante questo, siamo comunque prontissimi a condannare e stigmatizzare le attrici che lavorano nell’industria, mentre per gli attori stiamo straordinariamente più indulgenti (Rocco Siffredi è un fenomeno nazional popolare, nonostante molte zone d’ombra e le recenti accuse di violenza sessuale da parte di diverse attrici). Le donne che intraprendono questa carriera si trovano così a dover affrontare pregiudizi, stereotipi ed epiteti dispregiativi, mentre il lavoro che fanno diventa simbolo di degrado morale e sociale.

Ho parlato di questo doppio standard con Slavina, attivista postporno, artista, performer e sex educator, che mi ha spiegato: “La doppia morale è lo sport italiano per eccellenza, verrebbe da dire. De André lo ha detto molto bene con Bocca di rosa, recenti fatti di cronaca, come lo scandalo della maestra nuda nella chat dei padri del calcetto, lo confermano. Viene considerato normale, tra maschi, scambiarsi materiale pornografico, anche in una forma che prescinde dal consenso delle donne ritratte. Sono finiti i tempi in cui si pensava che la masturbazione rendesse ciechi, adesso una certa distorta consapevolezza nei confronti dell'impianto idraulico maschile ha reso gli uomini consci del fatto che hanno bisogno di eiaculare e quindi il porno è sdoganatissimo. Io quello che ho capito, dopo anni di studio della pornografia e militanza nella costruzione di un immaginario che attraversasse la pornografia per superarla, è che se giochi con il desiderio e la sessualitá delle persone ti viene riconosciuto un potere che è molto difficile da gestire. Quando la tua faccia e il tuo corpo evocano l'intimità, e la vulnerabilità che ogni persona sperimenta nel momento della ricerca dell'orgasmo, in qualche modo diventi importante, a livello simbolico. È per quello che diventi anche un simulacro da distruggere. C'è una sorta di inversione per cui sono loro che ti hanno visto nuda, ma è come se pensassero che anche tu li hai visti smanettarsi. E quindi il loro disprezzo è direttamente proporzionale al disagio che sentono perché anche se gli hanno venduto l'idea che sono loro che consumano la pornografia, in realtà si sentono consumati e messi a nudo, svergognati nel loro desiderio, che spesso è una parte vulnerabile di un sé non abbastanza solido”.

Come ci ha insegnato il caso di Carol Maltesi, lo stigma esplode quando una sex worker o una donna che lavora nel porno è vittima di violenza o femminicidio. “Le sex workers – continua Slavina – a causa della mancanza di legittimazione e riconoscimento del lavoro sessuale, occupano i margini della societá. In un contesto dove il lavoro e il salario sono ciò che attribuisce alle persone un valore, le sex workers stanno un gradino appena sopra le persone senza fissa dimora (anche quando magari sono professioniste ben pagate e hanno una clientela vip). Sulle prostitute si concentra una rabbia che nasconde una forma di incomprensione e anche di invidia. Perché per molte persone il sesso è un elemento problematico della vita, quindi non riconoscono la loro stessa umanità in donne che invece fanno sesso più o meno spensieratamente.

Una società ingiusta come la nostra continua ad aver bisogno di bersagli simbolici in cui si concentri la rabbia che il sistema genera. E quale miglior bersaglio di una donna che si emancipa usando il sesso e rovesciando a suo favore una serie di imposizioni/oppressioni sessuofobiche e maschiliste?”.

La strada per il cambiamento è ancora tutta in salita, ma non è detto che non possa essere percorsa. Come fare per cambiare paradigma? “Legalizzazione del lavoro sessuale, a cominciare dall'assistenza sessuale – conclude Slavina – Organizzarlo in cooperative che offrano servizi per clienti e tutele per chi lavora. Più terapia per tutti, comprese le sex workers: perché io sono d'accordo con lo slogan Sex work is work, ma non è proprio un lavoro come fare la commessa al Lidl. Educazione sessuo-affettiva nelle scuole. In generale, provare a mantenere la complessitá (che ci serve anche a essere comprensive con soggetti come l'aspirante scrittore che quando seppe che io avevo pubblicato un libro di racconti erotici mi disse scandalizzato ‘Ma ti rendi conto, le persone coi tuoi racconti si fanno le seghe!’. Che a me boh, sembrava pure una cosa bella)”.

Mi piacerebbe sapere cosa pensi del contenuto di questa settimana. Se lo ritieni importante, aiutami a diffondere questo lavoro: non solo condividendolo, ma anche parlandone a scuola, in famiglia, con gli amici, sul posto di lavoro. Se hai segnalazioni da fare, o pensi ci sia un argomento su cui è necessario fare luce, scrivimi a streghe@fanpage.it.

Ci sentiamo alla prossima puntata. Ti ricordo che ‘Streghe’ non ha un appuntamento fisso: esce quando serve. E dove serve, noi ci siamo.

Questa Newsletter è a cura di Natascia Grbic

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Femminicidi, misoginia e cultura dello stupro dominano la nostra società, intrisa di odio verso le donne. La "caccia alle streghe" non è un fenomeno così lontano nel tempo, perché tra istituzioni indifferenti e media inadeguati o complici, gli uomini continuano ad ammazzare le donne quando non riescono a dominarle.  È ora di accendere i nostri fuochi e indirizzarli dove non si voleva guardare: Streghe è il nostro Osservatorio sul patriarcato, il nostro impegno per cambiare il modo in cui si raccontano le storie alla base di una società costruita a misura di uomo.

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