Iscriviti a Streghe.
Entra a far parte del nostro Osservatorio sul patriarcato

È uscita la classifica Forbes 2025 sulle donne più potenti al mondo. Giorgia Meloni si piazza quarta, ma se pensate che questo sia un passo in avanti per il genere femminile vi sbagliate di grosso.
Giorgia Meloni è la quarta donna più potente al mondo per Forbes. Al primo posto si piazza la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al secondo la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, e al terzo la premier giapponese, Sanae Takaichi. A parte che non ho mai capito l’utilità di classifiche del genere (boh, che dobbiamo fare, gli auguri?), la cosa che più mi fa impazzire è chi dice ‘ahhhh, vedete quanto siamo progressisti, tantissime donne ricoprono importanti cariche istituzionali, e nel mondo esiste la parità”. No Watson, non è esattamente così.
Che Giorgia Meloni sia tra le donne più potenti al mondo, o quantomeno in Italia, nessuno lo mette in dubbio. Il fatto che sia la prima presidente del Consiglio donna viene spesso usato dalla destra come prova che la disparità di genere non esiste. E, di conseguenza, come scudo: se Fratelli d’Italia ha una leader donna, non può certo essere accusato di alimentare disuguaglianze. È un’argomentazione forte, che funziona bene sul piano simbolico e che finisce per convincere molte persone. Ma si tratta di una lettura fuorviante: la realtà è decisamente più complessa. E poi, mi assilla da tempo una domanda: perché continuiamo a mitizzare quella stronzata della retorica del tetto di cristallo? Un cliché iperindividualista e liberista, che celebra l’ascesa della singola donna come se fosse una vittoria collettiva, quando non è e non sarà mai così. Non è vero che ‘se ce l’ha fatta lei ce la possono fare tutte’, è un’illusione: la maggioranza delle donne parte da condizioni materiali diverse, e questo quasi sempre porta a non poter raggiungere gli stessi obiettivi. La quasi totalità delle donne quel tetto di cristallo nemmeno lo vede da lontano, figuriamoci sfondarlo. La figura del ‘se vuoi puoi’ è uno dei leitmotiv preferiti della società capitalista, ma può funzionare per una. Per il resto non c’è nulla, perché gli ostacoli rimangono.
Non c’è dubbio che Von der Leyen, Lagarde, Takaichi, Meloni, e le altre donne che rientrano in quella classifica siano persone capaci. Si tratta sicuramente di donne caratterizzate da forti biografie, capaci di farsi strada in ambienti ancora appannaggio di soli uomini, e dotate di grandi risorse personali e intellettuali. Ma sono donne che ce l’hanno fatta perché si sono conformate a modelli maschili di potere, che poco o nulla fanno per cambiare lo status quo e ribaltare le logiche gerarchiche esistenti.
C’è poi una cosa che non mi stancherò mai di ripetere: il fatto che ci sia una donna al vertice non significa che automaticamente adotterà politiche e provvedimenti per facilitare le altre. Meloni ha fatto ben poco per le donne lavoratrici, per la parità salariale, non ha promosso misure di welfare che possano contribuire a diminuire il carico di lavoro di cura per le donne, né facilitato la permanenza al lavoro delle madri. Il suo primo atto da premier è stato dire che voleva essere chiamata ‘il presidente’ e non ‘la presidente’. Non è una decisione neutra, è un segnale politico: come dice Vera Gheno, ciò che non nomini non esiste. Il modo con cui esercita il potere è quello tradizionale, maschile, che non disturba e non mette in discussione i modelli culturali, semmai, li conferma. Meloni potrà anche essere un simbolo potente: ma non porta con sé nessun vento di cambiamento.
Come ha spiegato Giorgia Serughetti, docente di filosofia politica all'Università di Milano Bicocca nel corso del panel ‘Il Domani delle donne', "l’aspettativa che Giorgia Meloni, in quanto donna forte, sia anche un’espressione o una rappresentazione di un pezzo di storia del femminismo è un’aspettativa mal riposta, perché la forza di una donna non è una storia femminista: lo diventa nel momento in cui porta con sé l’espressione di una storia collettiva. In questo nuovo tempo ci sono donne che fanno leva su questo aspetto, che considerano parte della loro identità politica di successo; tuttavia rappresentano il loro successo come un’avventura puramente individuale, come l’avventura di un talento speciale, di una persona speciale — non necessariamente una donna — che è stata in grado di combattere nel mondo della politica”.
Insomma, buon per Meloni che sia la quarta donna più potente al mondo, buon per il suo partito e per la destra. Ma non per le altre donne che dice di voler rappresentare.