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La newsletter di Fanpage.it contro il silenzio

Ciao,
eccoci qua, in queste ore concitate. In cui non possiamo che essere contenti che i cannoni tacciano. Ma in cui non possiamo non esercitare – e forse mai come ora è necessario – l’arte del dubbio e dello scetticismo, di fronte alla firma di un accordo di pace per Gaza.
Lo facciamo con la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno di speranza, e di credere in un futuro migliore. Ma anche col realismo di chi ha già visto spegnersi troppe fiammelle di speranza. Di chi ha già visto troppe volte cosa si nasconde dietro accordi in cui una parte è troppo più forte dell’altra. Di chi non riesce a credere fino in fondo ai propositi di pace di chi ha sostenuto e generosamente finanziato il massacro di Gaza.
Crediamo, banalmente, che sia questo il ruolo del giornalismo: non il megafono di chi già ha voce, e urla forte. Ma il ruolo di chi prova a raccontare la verità, fuori da ogni narrazione.
1)Il cessate il fuoco a Gaza potrebbe saltare come già successo?
Anna
Cara Anna, la risposta – ahinoi – è sì, la tregua tra Israele e Hamas potrebbe saltare; è accaduto almeno altre sei volte dal 2008 ad oggi, come documentato anche dallo storico ebreo antisionista Zachary Foster in un articolo pubblicato a gennaio su Palestine Nexus. "Ogni caso ha seguito una traiettoria simile", spiegava lo studioso. "Hamas, nel complesso, ha rispettato l'accordo. Israele, nel complesso, no". Le probabilità che anche questa volta la tregua non regga a lungo sono concrete. E il motivo di fondo, come spiega lo storico palestinese Tariq Dana in questa intervista a Fanpage.it , è che quello di cui si parla oggi non è un accordo di pace, bensì una pausa tattica in un sistema di occupazione e colonizzazione a cui Israele non intende rinunciare e che non è stato mai messo in discussione neanche dal "piano Trump". Ogni tregua che non tocchi le radici del conflitto – l’apartheid, l’espansione coloniale, l’impunità di Israele – è destinata a restare fragile. Il piano promosso dagli Stati Uniti riduce certo l’intensità dei bombardamenti, ma non ne cambia la logica: il potere continua a essere squilibrato e i palestinesi rimangono un popolo sotto occupazione. Lo si vede anche ora, con i raid che proseguono nonostante l’annuncio del cessate il fuoco. Occorre sempre ricordare che quello tra Israele e i palestinesi non è un conflitto tra due parti uguali, ma una lotta tra una potenza occupante e un popolo colonizzato. In questo quadro, la pace non può nascere da negoziati condotti sotto minaccia, ma da una trasformazione strutturale: smantellare l’apartheid, fermare la colonizzazione, restituire diritti e libertà ai palestinesi. Come fare? La resistenza palestinese da sola non basta. Serve una pressione internazionale vera – politica, economica e civile – come avvenne contro il Sudafrica dell’apartheid. Finché questo non accadrà, ogni cessate il fuoco resterà un intermezzo fra un ciclo di violenza e il successivo.
Davide Falcioni, redattore area Cronaca, fanpage.it
2) Ma c'era qualche possibilità che una barca della flotilla arrivasse a Gaza?
Giusy
Ciao Giusy, probabilmente no, nessuna delle barche della Flotilla sarebbe riuscita davvero a raggiungere Gaza. La marina israeliana, da anni, intercetta sistematicamente qualsiasi imbarcazione provi ad avvicinarsi, anche quando a bordo ci sono esclusivamente aiuti umanitari o attivisti civili. Ma è fondamentale ricordare una cosa: quelle coste non sono israeliane. Quelle acque non appartengono a Israele. Il tratto di mare che bagna Gaza è palestinese, e la zona dove Israele impone la propria autorità militare è acqua internazionale — non sotto la sovranità di nessuno, secondo il diritto internazionale. Nessuno Stato può rivendicare per sé il controllo permanente di un mare che, per sua natura, appartiene a tutti. Bloccare la libera navigazione in quelle acque significa quindi violare apertamente le regole del diritto internazionale. Significa trasformare il mare, che dovrebbe essere un luogo di incontro, di passaggio, di scambio, in una frontiera armata. Il blocco che Israele impone a Gaza dal 2007 non è una misura difensiva, è un assedio, una punizione collettiva inflitta a oltre due milioni di persone. È un meccanismo di prigionia che nega libertà, risorse e dignità a un intero popolo. Chi partecipa alla Flotilla lo sa bene: non è partita con l’illusione di “rompere” militarmente il blocco, ma per denunciare la sua illegittimità e affermare un principio politico e umano, quello del diritto alla libertà di movimento, alla solidarietà e alla giustizia. Ora, quindi, dobbiamo ammetterlo con chiarezza: Israele ha sequestrato cittadini e cittadine di diversi Paesi del mondo, fermandoli in acque che non le appartengono. E sì, “sequestrati” è la parola giusta. Perché non si è trattato di un’azione difensiva, ma di arresti arbitrari compiuti contro persone che stavano esercitando un diritto essenziale, cioè quello di navigare liberamente e testimoniare contro un’ingiustizia che va avanti da quasi vent'anni. La Flotilla non è solo un’iniziativa umanitaria. È anche, soprattutto, un movimento politico. Abbiamo seguito la loro rotta, ci siamo affezionati ai loro volti, abbiamo ascoltato le loro voci durante la navigazione. E poi li abbiamo visti abbordati, trascinati via, isolati. Per giorni abbiamo cercato notizie, ci siamo chiesti dove fossero, se stessero bene, se fossero al sicuro. Ed è proprio qui che si rivela un'altra verità, forse la più dolorosa: ciò che le attiviste e gli attivisti della Flotilla hanno vissuto per poche ore o giorni, è ciò che milioni di palestinesi vivono da decenni, ogni singolo giorno. E le stesse prigioni in cui si trovano ora sono le stesse che da anni rinchiudono migliaia di palestinesi, tra cui centinaia di bambini, detenuti senza processo, senza accuse formali, senza diritti. Dunque forse la domanda giusta non è: "Sarebbero riusciti ad arrivare a Gaza?" La vera domanda è: "È normale che nessuna barca possa arrivare a Gaza?" E la risposta è davvero molto semplice: no, non è normale. È ingiusto, violento, illegale e profondamente disumano.
Francesca Moriero, redattrice area Politica Fanpage.it
3) Dopo pacifiche manifestazioni di centinaia di migliaia di cittadini, arrivano i soliti imbecilli a fare casino. Possibile ? Ma nessun giornalista ha mai indagato a fondo sulla vera origine di ciò andando a scavare sui trascorsi politici delle persone fermate, segnalate o arrestati? E se fossero in missione per qualcuno che li paga? Pecunia non oltre!
Sergio
Caro Sergio, grazie per la tua domanda. Onestamente è molto difficile credere che fossero in missione per qualcuno e che soprattutto qualcuno li paghi per compiere disordini. Certo è che di questi scontri se ne è parlato molto. Probabilmente alcuni esponenti politici, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni o il vicepremier Matteo Salvini, lo hanno fatto per distogliere l'attenzione sull'enorme partecipazione e sminuire l'impegno di chi è voluto scendere in piazza contro il genocidio a Gaza e gli abbordaggi alla Sumud Flotillia. Un tentativo quindi di delegittimare le proteste confinandole in “atti di violenza”, dopo averle ritenute un modo “per volere il weekend lungo” o “creare disagi per gli italiani”. Come ricordi tu, migliaia di persone sono scese in piazza in tutta Italia. Più che gli scontri, vorrei ricordarti alcuni momenti che mostrano come tantissimi manifestanti abbiano voluto evitare violenze. Il 3 ottobre a Milano è stata bloccata la tangenziale Est: qui sono stati ripresi, anche dalle telecamere di Fanpage.it, alcuni partecipanti che rispondevano agli idranti delle forze dell’ordine cantando "Bella Ciao". Ancora, sempre durante la stessa manifestazione, altri manifestanti, pur di isolare i facinorosi, hanno fatto un cordone umano fra loro e le forze dell'ordine. Infine, ti riporto l'esempio di un'altra manifestante che, sempre a Milano, proprio ai poliziotti ha detto: “Siete umani come noi. Volete davvero questa cosa? Avete scelto questo lavoro per questo? Per combattere le ‘zecche'? Ci manganellate se noi attacchiamo? Se vogliamo passare?". E, grazie alle sue parole, gli agenti hanno abbassato gli scudi. Quindi Sergio non è escluso che, anche in futuro, assisteremo a scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Questo però non deve far calare l’attenzione su chi riempie le piazze pacificamente contro qualsiasi forma di oppressione e repressione.
Ilaria Quattrone vice capo area cronaca Milano, Fanpage.it
Direi che è tutto, anche per oggi.
Grazie per averci accompagnato fino a qua.
Francesco