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La newsletter di Fanpage.it contro il silenzio

Ciao,
oggi niente pistolotti nell'introduzione.
Oggi voglio solo augurare buone feste a te e alle persone a te care.
Con l'augurio che, in mezzo a un anno complicato che abbiamo trascorso assieme, possano essere giorni sereni e pieni di amore. E che ci aiutino a far iniziare bene il 2026, se non altro meglio di come è finito il 2025.
Andiamo subito alle vostre domande.
Perché non si parla più di quello che succede a Gaza?
Paola
Ciao Paola,
E’ vero, l’attenzione dei media occidentali sembra essersi abbassata rispetto a quello che accade nella Striscia di Gaza. Ma su Fanpage.it troverai sempre gli aggiornamenti su quello che accade, come ad esempio le notizie sugli allagamenti dei campi profughi che stiamo riportando in questi giorni. Fanpage.it ha deciso di non volontarsi dall’altra parte. Noi in Palestina ci siamo andati. In Cisgiordania, dove c’è la parte più grande dei territori palestinesi occupati. Questa settimana abbiamo pubblicato “Genocide state of mind” il reportage che spiega quello che sta avvenendo in Cisgiordania. Dai piani di annessione di Israele, che divideranno per sempre i territori della Cisgiordania tra Nord e Sud, con la costruzione di nuove colonie, come prevede il piano E1. Una volta isolati, sarà più facile per l’esercito israeliano ed i coloni attaccare i villaggi palestinesi. In questo reportage vi mostriamo immagini inedite delle violenze che i palestinesi subiscono ogni giorno. Ma non solo, attraverso un lavoro d’inchiesta abbiamo ricostruito un vero e proprio network del terrore, che lega gli esponenti del governo, i ministri Smotrich e Ben Gvir, con i coloni più violenti e le loro organizzazioni. La pubblicazione di questo lavoro è la testimonianza di come per il nostro giornale la questione palestinese è tutt’altro che chiusa. Noi continueremo a fare rumore.
Antonio Musella, Videoreporter Fanpage.it
Che fine ha fatto lo sgombero di casa Pound?
Maria
Ciao Maria e grazie per la domanda. Ciclicamente torniamo a parlare dello sgombero del palazzo di Casapound. Oggi nuovamente, dopo lo sgombero del centro sociale Askatasuna. L'ultima volta che ne abbiamo parlato, sempre in questa newsletter, era un mese fa. Cosa è cambiato da quel momento? Nei fatti, niente. Ciò che è certo è che a Natale a Roma non si sgombera.
Ma perché siamo così interessati a discutere dell'occupazione del palazzo e non della stessa esistenza di un'organizzazione di estrema destra che continua a diffondere le sue idee antidemocratiche, razziste, misogine e cariche di odio, i cui componenti si definiscono "fascisti del terzo millennio"? Chiedersi perché un centro sociale venga sgomberato e il palazzo occupato da Casapound no non aiuterebbe a sviscerare in toto la questione, su cui appare spaccato persino il governo.
Per il ministro Zangrillo il palazzo di via Napoleone II andrebbe sgomberato. "La penso come su Askatasuna", ha sottolineato (anche se, proprio nella puntata di oggi di Scanner, Valerio Nicolosi ci spiega perché non è la stessa cosa). Il ministro Giuli a suo tempo ha detto di ritenere non necessario sgomberare il palazzo "nella misura in cui CasaPound si allinea a criteri di legalità". Il parere del ministro Piantedosi, schierato per lo sgombero, sembra stia cambiando. "Si potrebbe legalizzare l'occupazione in qualche modo. È già successo, il Comune di Roma ha comprato addirittura le strutture". Un gesto virtuoso che, però, crea un precedente ingombrante.
Da non perdere di vista il punto principale. Nell'occupazione di CasaPound il problema non è l'occupazione in sé, ma ciò che rappresenta questo movimento di estrema destra in Italia. Pensiamoci adesso e ripensiamoci anche quando, non appena passate le feste, come ogni anno nella capitale ci troveremo centinaia di braccia alzate ad Acca Larentia. Ci chiederemo perché, cosa potevamo fare e cosa non abbiamo fatto per evitarlo.
Beatrice Tominic, redattrice area Roma Fanpage.it
Buonasera, sicuramente non è l'argomento "principe", ma a parte Report nessuno parla della porcheria che si sta perpetuando con Milano Cortina 2026. È possibile che non interessi nessuno, pur trattandosi di un utilizzo di denaro pubblico?
Giorgio
Salve Giorgio, di Milano-Cortina si parla spesso con toni trionfalistici e poco con toni critici, è vero. Ma per quanto portare in casa nostra un evento importante come le Olimpiadi invernali sia sicuramente una buona notizia, dovremmo dire chiaramente anche tutto quello che non sta funzionando, dai costi lievitati alle opere incompiute. Ormai manca poco più di un mese all’inizio dei Giochi, in programma dal 6 al 22 febbraio, ma oltre la metà dei lavori finirà a gare terminate. O almeno, questo è quello che ci dice il report che ha messo a punto Libera, insieme a una ventina di associazioni con cui forma la rete civica Open Olympics 2026: in questo documento vediamo come per il 73% delle opere la data di chiusura dei cantieri sia stata posticipata, in alcuni casi anche di anni. Insomma, parliamo di opere realizzate (in teoria) per le Olimpiadi, che non vedranno mai la luce prima della fine delle Olimpiadi. A fine ottobre c’erano 16 opere concluse, 51 in esecuzione e addirittura 28 ancora da progettare: secondo il report alla fine il 57% delle opere sarà consegnato solo parzialmente per le Olimpiadi, ma verrà terminato in seguito. Resterà come legacy, certo, ma viene da chiedersi se sia tutto andato come previsto. Sicuramente non erano stati previsti aumenti dei costi esponenziali come quelli che ci sono stati: 157 milioni di euro solo nei primi dieci mesi del 2025, sempre secondo il report. Solo la pista da bob di Cortina ha visto i suoi costi aumentare di 7 milioni di euro. A tutto questo bisogna aggiungere la poca trasparenza che riguarda tanti subappalti o alcune valutazioni, come quelle di impatto ambientale. A proposito, ecco un altro tema che non si sta considerando abbastanza. E non parlo solo delle polemiche per l’impatto di alcune opere (vedi sempre la pista da bob di Cortina, per cui sono stati tagliati moltissimi alberi), ma anche del fatto che andremo a celebrare dei Giochi invernali su delle montagne dove la neve è sempre meno e la temperatura sempre più alta, dove i ghiacchiai si sciolgono e gli ecosistemi soffrono. Forse anche di tutto questo dovremmo parlare un po’ di più.
Annalisa Girardi, vice capo area Video Fanpage.it