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Napolitano scende di nuovo in campo: “Si vada avanti sulla riforma del Senato”

L’ex Capo dello Stato scrive una lunga lettera al Corsera: “. Non si sovrappongano a un confronto che resti nei limiti di una doverosa responsabilità comune, contrapposizioni politiche distruttive e puri artifizi polemici”.
A cura di Redazione
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Come noto, prosegue la discussione parlamentare del ddl Costituzionale Renzi – Boschi, giunto alla terza lettura al Senato della Repubblica. Un passaggio che si annuncia particolarmente delicato, considerata la contrarietà della minoranza del Partito Democratico ed i numeri molto risicati per la maggioranza a Palazzo Madama (anche se un aiuto decisivo potrebbe arrivare dal nuovo gruppo che fa riferimento a Denis Verdini, che conta attualmente dieci membri).

Alla ripresa autunnale, dunque, il Senato riprenderà l’esame del testo, dopo il lavoro portato a termine in Commissione Affari Costituzionali. E in vista dell’esame dell’assemblea, scende in campo nuovamente il Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano. Il senatore a vita scrive una lunga lettera al Corriere della Sera nella quale, oltre a ringraziare i senatori che hanno lavorato al ddl costituzionale fra luglio e agosto (con un elogio particolare ad Anna Finocchiaro, presidente della prima Commissione e relatrice del provvedimento), lancia un chiaro messaggio alle forze politiche.

“Un punto fermo è stato ormai posto”, scrive Napolitano, “e non è pensabile si torni indietro: La scelta è quella della natura del nuovo Senato con cui si intende porre termine alla stortura storica del bicameralismo paritario, dando vita a un Senato che rappresenti le istituzioni territoriali. Questa è la scelta di sostanza (al di là di aspetti procedurali da definire) che ha come suo conseguente e ineludibile corollario la esclusione di una elezione di futuri senatori a suffragio diretto e con metodo proporzionale”.

Da qui un messaggio chiaro:

Ci si presenta dunque così, attraverso le posizioni più radicalmente alternative espressesi ancora in queste settimane, il rischio, o la tentazione, di «disfare la tela» come ebbi modo di dire intervenendo in Commissione il 15 luglio nel ricordo di esperienze di drammatica inconcludenza in questa materia, da me vissute a più riprese e in particolare da presidente della Repubblica.

Mi si lasci dunque rivolgere un forte appello a quanti continuano a esprimere orientamenti così rischiosi per le sorti di una già troppo tardiva riforma costituzionale di cui l’Italia, la democrazia repubblicana, il nostro Parlamento hanno profondo bisogno. Si è discusso a lungo e liberamente; la strada è aperta per l’adozione, da parte dell’assemblea del Senato, di modifiche e puntualizzazioni utili e non dirompenti rispetto a una costruzione di riforma come quella ormai già giunta a buon punto. Non si sovrappongano a un confronto che resti nei limiti di una doverosa responsabilità comune, contrapposizioni politiche distruttive e puri artifizi polemici. Questioni di indirizzo politico o di metodo nella gestione del governo e del suo rapporto con il Parlamento vadano poste (e adeguatamente motivate) in sedi appropriate e con proposte che non si traducano in fattori di paralisi di quell’impegno di riforma costituzionale che era apparso – e auspico possa ancora tornare ad essere – largamente riconosciuto e condiviso.

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