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Emergenza lavoro

Tornata a Napoli per necessità. Qui per lavorare non chiedono sacrifici ma la perdita della dignità

La storia di Barbara, tornata da Modena a Napoli per motivi familiari e ora alle prese con un mercato del lavoro che non c’è.
A cura di Redazione Napoli
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Barbara è una coetanea della giovane Mariarca che ha scritto a Fanpage.it raccontando la sua storia di lavoro negato a Napoli. «Lavorare richiede sacrificio, o sappiamo benissimo tutti, e tutti siamo disposti a farli questi sacrifici, ma la già sottile linea che traccia il confine tra sacrificio e perdita della dignità, talvolta è davvero inesistente».

Scrive Barbara a Fanpage.it:

La mia storia è molto simile a quella di tanti altri giovani napoletani. Sono andata via da Napoli 7 anni fa a causa di problemi familiari, ho trascorso a Modena sette anni e nel frattempo ho avuto la fortuna di conoscere la mia compagna e sua figlia.

Siamo diventate una famiglia, ma la nostalgia di Napoli, così come i soliti problemi familiari, mi hanno spinto a ritornare in patria. Iniziamo col dire che ho una laurea specialistica in Beni Culturali, quindi 5 anni di università, ma purtroppo in Italia se non hai specializzazioni o master post specialistica, a quanto pare non hai diritto ad ambire al lavoro per cui hai studiato.

Durante gli anni lavorativi post laurea mi sono sempre arrangiata nella ditta di famiglia nel settore alimentare, ma ho cercato anche nell'ambito ristorativo.

A Modena ho fatto l'operaia in una fungaia, e nonostante fosse un contratto di lavoro in agricoltura, a tempo determinato, quindi qualcosa di estremamente scarno in termini di garanzie lavorative, era un contratto comunque più stabile del nero o delle prove pagate con i voucher, o degli accordi che poi non venivano rispettati, di altri posti di lavoro.

Poi il ritorno nella città natale. Che si dimostra, purtroppo, matrigna:

Un anno fa esatto sono ritornata a Napoli. Ho lavorato ancora un po' nell'attività di famiglia, dove cercavo di sbarcare il lunario, nonostante i forti disaccordi in termini gestionali ed organizzativi, finché la mia unione civile, con la mia compagna, non mi ha costretto ad andare via anche per "salvare la faccia" alla mia famiglia.

Da allora mi sono ritrovata a rispondere ad una miriade di annunci, e fare alcune prove lavorative che proponevano paghe bassissime negli ordini di 800/900 euro, orari di lavoro non stop, anche 11 ore al giorno nel settore ristorativo con base contrattuale invece di un part-time.
Per non parlare poi del tentativo di provare un a fare un concorso (ho provato quello dell'Asìa, l'azienda rifiuti). Attendo come una chimera il maxi concorso della Regione Campania che ancora non è uscito.

In merito all'annosa questione: chiedere o meno sussidi, Barbara racconta che lei ha scelto di non farlo. E conclude così la sua lunga riflessione:

Nonostante tutto non ho mai chiesto il reddito di cittadinanza, anche se forse potrei farlo. Al contrario di quello che dicono i "signori" che ci governano, molti giovani non chiedono il reddito di cittadinanza, perché sanno di essere perfettamente in grado di lavorare, ma spesso è purtroppo la giusta occasione che manca.

Certo, ci sono le eccezioni in tutto, ma tanti giovani, specialmente del sud, specialmente di Napoli, chiedono soltanto garanzie lavorative dignitose in termini di paga e orari, per potersi creare o portare avanti una famiglia, per poter acquistare una piccola abitazione doversi mettere necessariamente sulle spalle 30 anni di mutuo (sempre ammesso che riescano ad averlo).

Sappiamo benissimo tutti che non sempre ci si può imbattere nel lavoro dei sogni, e che quindi lavorare richiede necessariamente sacrifici.

Ma se questi sacrifici sono ad esempio dover sottostare a meccanismi lavorativi come paga bassissima, orari di lavoro che non consentono neppure di trascorrere mezza giornata con la famiglia, o quando diventa un fastidio per il datore di lavoro, o chi per esso sia, chiedere un permesso anche solo di un paio d'ore per fare una visita medica, o sbrigare una commissione alla posta o in banca.

O quando da ultimo arrivato, trovi un ambiente lavorativo di colleghi pronti a farti cadere alla prima esitazione, per screditarti e fare vedere che sono loro quelli attenti, furbi e capaci, allora io mi chiedo, dove finisce il sacrificio e dove inizia la perdita della propria dignità.

Racconta la tua storia di lavoro a Fanpage.it

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