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“Tony Colombo e Tina Rispoli inseriti in dinamiche dei clan”: le motivazioni che tengono il neomelodico in carcere

Diffuse le motivazioni con cui la Cassazione ha rigettato l’istanza presentata dagli avvocati di Tony Colombo; il neomelodico e la moglie accusati di concorso esterno al clan Di Lauro.
A cura di Nico Falco
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Tony Colombo e la moglie, Tina Rispoli, sono "soggetti che, pur non stabilmente appartenenti a una famiglia mafiosa, risultano inseriti nelle dinamiche criminali dei clan di Scampia – Secondigliano". Lo scrive la Corte di Cassazione nelle motivazioni della decisione di rigettare l'istanza presentata dall'avvocato del neomelodico palermitano, attualmente detenuto nel carcere di Secondigliano, mentre la Rispoli si trova nel femminile di Pozzuoli; i due sono in carcere dallo scorso 18 ottobre, quando scattò il blitz contro il clan Di Lauro di Secondigliano. Sulla questione gli ermellini si erano espressi il 15 marzo scorso (sezione 5, presidente Gerardo Sabeone, relatore Elisabetta Maria Morosini).

Tony Colombo e Tina Rispoli restano in carcere

Gli avvocati Carmine Foreste e Paolo Trofino, legali dei coniugi, dopo l'arresto avevano presentato istanza per la revoca della misura cautelare o per l'applicazione di quella meno afflittiva degli arresti domiciliari fuori regione; il Tribunale del Riesame aveva però confermato la detenzione in carcere. Da qui la nuova istanza alla Cassazione. Il pm (sostituto procuratore generale Luigi Giordano) aveva chiesto di rigettare il ricorso.

I difensori battono su tre punti. Il primo, che ci sia stata una errata interpretazione delle intercettazioni relativamente a un debito contratto da Tina Rispoli: per gli avvocati non sarebbe collegato alla vicenda per cui la donna è sotto processo e quei soldi non sarebbero stati chiesti per finanziare la fabbrica di sigarette abusiva ad Acerra.

Gli episodi dell’inchiesta

Secondo punto, quella relativa alla gravità indiziaria: venuto meno il punto precedente, sostengono gli avvocati, gli unici elementi a carico di Colombo restano intercettazioni nelle quali esprime preoccupazione per le sorti del cognato (commentando che era stata sequestrata la sua fabbrica di sigarette) e il fatto che Vincenzo Di Lauro avesse a disposizione un locale commerciale di proprietà della Rispoli, per il quale, però, la donna pretende con insistenza il pagamento dell'affitto. Il quadro, di conseguenza, non integrerebbe i presupposti del reato di concorso esterno.

Il terzo punto è relativo alle esigenze esigenze cautelari. Il ragionamento degli avvocati è il seguente: il potere economico di Colombo è stato azzerato con il sequestro ai danni della moglie, dopo il sequestro della fabbrica di sigarette (dicembre 2018) non ci sono stati più interessi comuni tra i coniugi e il clan, e quindi l'ordinanza di applicazione della misura cautelare, emessa cinque anni dopo, non ha più i requisiti di attualità.

La Cassazione: "Inseriti in dinamiche criminali dei clan"

La Cassazione ha ritenuto il ricorso, nel complesso, infondato. Nelle motivazioni del rigetto si ricorda che i giudici della Cassazione non possono "rivalutare la ricostruzione del quadro indiziario alla base del provvedimento cautelare" ma sono chiamati a esprimersi sulla legittimità di quanto già disposto dal giudice di merito. Nell'ordinanza impugnata, viene ricordato, si traccia la figura di Tony Colombo e di Tina Rispoli:

Rispoli Immacolata (detta Tina), vedova di un esponente di spicco della camorra di Secondigliano ucciso in un agguato, è stata indicata da diversi collaboratori come proprietaria di un immenso patrimonio, ereditato dal marito defunto e fatto poi prosperare grazie alle "puntate" sui carichi di droga e ai prestiti a usura.

Colombo Antonino (detto Tony), cantante neomelodico di origine palermitana, è legato alla Rispoli da una relazione strettissima, consacrata in matrimonio. Tra i due vi è totale condivisione di intenti. Si tratta di soggetti che, pur non stabilmente appartenenti a una famiglia mafiosa, risultano inseriti nelle dinamiche criminali dei clan di Scampia – Secondigliano.

Viene poi evidenziato che, dalle intercettazioni, è emerso il finanziamento della fabbrica di sigarette clandestina da parte dei due, "realizzata per volontà del capoclan Di Lauro Vincenzo, destinata a lavorare il tabacco importato di contrabbando in virtù di accordi con una organizzazione criminale bulgara". Sempre in merito all'ipotesi di reato di concorso esterno in associazione mafiosa, i giudici della Cassazione sottolineano:

Colombo ha  «sostenuto economicamente e ha agevolato il clan di Lauro in un momento in cui […] Vincenzo Di Lauro ha deciso di creare una struttura associativa che fosse funzionale agli interessi economici del clan puntando, nel settore del TLE, su un progetto che sarebbe stato di grande potenzialità economica, se non fosse intervenuto il sequestro della fabbrica, che era il perno centrale di uno dei punti programmatici dell'associazione […]»

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