Elezioni Regionali 2025

Regionali, il progetto di Edmondo Cirielli per la Campania: “Dopo 10 anni di disastri serve una svolta radicale”

Il candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Campania spiega a Fanpage il suo programma: “Sanità al collasso, giovani in fuga, bisogna dare risposte rapide”
Intervista a Edmondo Cirielli
Viceministro agli Esteri, candidato del centrodestra al presidente della Regione Campania 2025-2030
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Edmondo Cirielli, viceministro agli Esteri, candidato alle Regionali 2025 in Campania
Edmondo Cirielli, viceministro agli Esteri, candidato alle Regionali 2025 in Campania
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Edmondo Cirielli,  viceministro agli Esteri, con delega alla cooperazione allo sviluppo è il candidato del centrodestra (Forza Italia, Fratelli D'Italia, Lega e liste civiche) alle Elezioni Regionali in Campania del 23 e 24 novembre. A Fanpage parla del suo programma elettorale, in netta discontinuità con l'ultimo decennio targato centrosinistra e Vincenzo De Luca ma anche col progetto di governo del suo principale competitor, Roberto Fico.

È stata una campagna elettorale particolare: partita in ritardo ma ora molto intensa. Siamo agli ultimi giorni. Il tema cardine per centrodestra e centrosinistra è la sanità, che nel suo programma ricorre continuamente. Lei sostiene che negli ultimi dieci anni «è stato fatto un disastro».
Pensa che la situazione della sanità in Campania oggi sia gestibile da un presidente di Regione? Da presidente riuscirebbe a governarla o servirebbe ancora il commissariamento del Governo?

«Si riesce a invertire la tendenza? È chiaro che i livelli bassi di assistenza sono così tanti che il Governo non ci può certo autorizzare in due tre mesi, solo perché divento io Presidente, a uscire dal piano di rientro. Dirlo sarebbe un'eresia perché c'è un ritardo gravissimo nell'integrazione delle reti socio-assistenziali. C'è un ritardo gravissimo per le liste d’attesa, peraltro anche con tanti dati opachi: siamo i peggiori d’Italia. Abbiamo la percentuale più bassa di medici e infermieri d’Italia. C'è tutta la rete emergenziale che è al collasso: i pronto soccorso hanno il livello più alto di persone che vanno via senza essersi fatti controllare perché c’è un caos.

È chiaro che ci vorrà una grande attenzione non soltanto del Presidente: ci vorrà un’équipe importante. Io voglio mettere in piedi un pool anche di persone esperte che magari non hanno lavorato in Campania, perché c’è bisogno di uno sguardo esterno, di una due diligence. Però noi possiamo fare delle cose rapide, altrimenti perché dobbiamo solo certificare il disastro del centrosinistra di cui Fico si è voluto fare carico facendo il loro candidato.

Noi possiamo assumere medici e infermieri, perché il Governo ci ha dato l'opportunità di utilizzare i tetti di spesa: in questa finanziaria ha messo fondi importanti e ci dà la possibilità di abbattere le liste d’attesa, quindi anche qui di utilizzare i tetti per abbatterle, rafforzando il sistema con medici e infermieri. Lo possiamo fare con operatori sanitari. Ma poi si può utilizzare meglio il sistema della sanità convenzionata: oggi, a giugno-luglio, quest’altra gamba del servizio pubblico è di fatto bloccata perché non possono fare più analisi diagnostiche. E ovviamente negli ospedali per fare una TAC devi aspettare un anno. Questa è una cosa che si può fare. E bisogna rivedere il piano ospedaliero, perché sono stati chiusi decine di ospedali in questi dieci anni dal Pd, e sono stati chiusi anche un po’ a casaccio, magari sotto la spinta di quel consigliere regionale o di quel sindaco».

Veniamo al sostegno al reddito. Nel suo programma ci sono due punti: i 100 euro alle pensioni minime e il superamento definitivo del reddito di cittadinanza. Lei ha detto: «Non voglio dare i soldi ai giovani per oziare, voglio dare soldi per formarsi e lavorare». Ci spiega meglio?

«Anche Fico non ne parla più del reddito di cittadinanza perché è una misura che non si poteva fare. Il Pd gli ha spiegato che è una cosa che non si poteva fare e non ne parla più. Anche lui ha detto che bisogna fare un reddito in formazione: la formazione già c’è e la fa il Governo, si chiama Supporto Formazione Lavoro. Forse è un’altra cosa che lui non sa. Quando si è superato il reddito di cittadinanza si è deciso di fare l’assegno di inclusione per chi non poteva lavorare e il Supporto Formazione Lavoro: alle persone vengono pagati, però viene gestito male dalla Regione Campania. Noi invece dobbiamo potenziarlo e migliorarlo, e possiamo metterci anche dei soldi perché abbiamo il Fondo Sociale Europeo che in quattro anni su cinque è stato impiegato solo al 30%. Abbiamo persino il PNRR che dà fondi per le politiche sociali. E poi abbiamo il Fondo nazionale di coesione che dà altri fondi che possono sostenere complessivamente l’offerta di inclusione e assistenza».

E i 100 euro ai pensionati di cui lei parla?

Sulle pensioni è un’altra vicenda. Le pensioni minime valgono per tutta Italia. È chiaro che magari in Lombardia, nella stessa famiglia, ci sono due pensioni minime, il figlio lavora e magari pure i nipoti. In Campania può capitare che c’è solo una pensione minima, il figlio è precario e i nipoti disoccupati. È giusto eticamente dare un sostegno. E non lo possiamo fare? Perché ci sono già altre Regioni che lo fanno: lo fa persino il Piemonte, lo sta facendo l’Abruzzo, lo ha fatto De Luca. È uno strumento del genere: si dovrebbe far spiegare Fico e il Partito Democratico come ha fatto qualche anno fa la Presidente della Regione Campania. Noi abbiamo monitorato insieme all’Inps la platea degli aventi diritto. E lo strumento c’è: c’è una misura specifica del Fondo Sociale Europeo che consente questo strumento. Noi lo utilizzeremo.

Negli ultimi giorni si è infiammata la discussione sull’autonomia differenziata. Fico dice: «Spaccherà il Paese». Lei invece sostiene che la narrativa sia sbagliata.

«Innanzitutto mi sembra assurdo: questo non è un argomento della campagna elettorale regionale. È un modo per sfuggire dalle responsabilità che lui si è assunto sui dieci anni di governo del Pd. E allora uno sposta l’attenzione su cose che non sono di competenza regionale.  L’autonomia differenziata già c’è, perché con la riforma del Titolo V fatta dal Pd le deleghe già sono state date per una serie di materie in maniera totale. Sono state date però in base ai costi storici, cioè a quello che quella Regione spendeva per quella delega. Ed è una trappola.

La legge costituzionale fatta dal Pd – che il M5S non ha contrastato – prevede che si possano dare nuove deleghe alle Regioni che lo chiedono. Tant’è che lo stesso De Luca aveva detto che voleva delle deleghe quando l’Emilia-Romagna e la Toscana le chiedevano. La Meloni ha ideato invece una controriforma perché ha detto: attenzione, non possiamo dare deleghe nuove se prima non capiamo quanto costano. Devo vedere prima quali sono i livelli essenziali delle prestazioni. Dopo che abbiamo visto quali sono i diritti anche delle Regioni meridionali si può discutere, ma ci vogliono prima i fondi per far crescere le Regioni meridionali».

Veniamo al condono, o meglio alla riapertura dei termini. Il centrosinistra dice: assolutamente no. Lei invece sostiene che sia un atto di giustizia. Che cos’è, precisamente?

«Nel 2003 il Governo Berlusconi fece un condono: tutta Italia ne ha usufruito. La Regione – allora guidata dal centrosinistra – non volle usufruirne. La Corte Costituzionale disse che era stata una prepotenza ai danni dei campani. Ma i termini erano chiusi. Gli unici che non hanno potuto usufruire del condono sono stati i campani. Io ho presentato proposte di legge perché conosco il tema. Questa legislatura non potevo farla: l’ha fatto una deputata eletta nel mio collegio, Imma Vietri, a nome mio. Ha raccolto la mia proposta. Abbiamo pensato di metterla in finanziaria per rendere più veloce la procedura e dare al nuovo Presidente l’opportunità di usufruirne. Se il Presidente della Regione vorrà usufruirne, la maggioranza lo farà. Abbiamo appreso che Fico e il Pd non vogliono usufruirne. Io invece ho detto che è un atto di giustizia: solo i campani hanno subìto questa prepotenza».

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