Rapporto Svimez 2025, la Campania dei contrasti: cresce ma la vita non migliora. E i giovani continuano ad andar via da qui

È una regione di contrasti la Campania tracciata nel rapporto della Svimez, l'associazione per lo Sviluppo dell'Industria nel Mezzogiorno che annualmente fotografa lavoro, sviluppo, investimenti nelle regioni del Meridione d'Italia. La prima regione per fuga di cervelli pur con una crescita economica sopra la media nazionale, dovuta a tanto dei soldi pubblici piovuti col Pnrr. Retribuzioni basse, troppo per trattenere i giovani senza condannarli ad una vita grama ma spunti nelle iniziative dei Comuni grazie ai fondi del piano di resilienza. E, infine, un futuro legato a lavoro qualificato, Tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT), Pubblica amministrazione e industria manifatturiera avanzata.
Tra il 2021 e il 2024 il Mezzogiorno ha registrato un aumento del Pil dell’8,5%, molto superiore al +5,8% del Centro-Nord. La Campania rientra tra i motori di questa dinamica: edilizia, terziario avanzato, manifattura dell'agroalimentare e servizi legati al PNRR hanno retto il passo. Edilizia in testa: le costruzioni, in particolare, hanno segnato una crescita record, sostenute prima dagli incentivi edilizi e poi dagli investimenti pubblici. Anche i servizi mostrano un’espansione significativa, specie nelle attività professionali e scientifiche collegate alla nuova progettualità attivata dai Comuni.
Secondo Svimez, gli enti locali campani col Pnrr hanno raddoppiato la spesa in conto capitale tra il 2022 e il 2025. Oltre il 70% dei progetti per infrastrutture sociali nel Mezzogiorno è già in fase esecutiva: un dato che indica capacità amministrativa superiore alle attese. Cantieri, rigenerazione urbana, asili nido, mense scolastiche: è in questi settori che la Campania ha recuperato terreno rispetto agli standard nazionali.
Il Sud forma competenze che emigrano altrove
Ma la crescita non basta a trattenere le persone. Il nodo principale è demografico. Nel triennio 2022-2024, la Campania ha perso 48.489 giovani tra i 25 e i 34 anni, la cifra più alta d'Italia. Due terzi si spostano al Centro-Nord, il resto all’estero. La componente femminile è la più mobile e la più qualificata: tra le donne che emigrano, 7 su 10 sono laureate. Il risultato è una perdita secca di capitale umano che Svimez stima in miliardi: il Sud forma competenze che generano valore altrove.
Il mercato del lavoro spiega molto. Nei tre anni 2021-2024 l’occupazione campana è aumentata, soprattutto tra gli under 35. Ma l'ingresso dei giovani avviene in larga parte nei comparti a bassa specializzazione: turismo, ristorazione, servizi stagionali. La qualità dell’occupazione non segue il ritmo della crescita quantitativa. Non è un caso, infatti, se i salari reali nel Mezzogiorno hanno perso oltre il 10% di potere d’acquisto dal 2021 al 2025, più del Centro-Nord. E se un 1,2 milioni di lavoratori meridionali si trovano oggi in condizioni di povertà pur avendo un impiego.
Svimez: qui c'è la "La trappola dello sviluppo"
Il Rapporto Svimez 2025 parla di «trappola dello sviluppo». Di che si tratta? Presto detto: d'un ciclo che produce occupazione, ma non benessere; che genera lavoro, ma non trattiene i laureati. Un ciclo che si regge su risorse straordinarie – incentivi edilizi, fondi di coesione, soprattutto l'onnipresente Pnrr -in un contesto in cui la struttura produttiva continua a offrire sbocchi deboli. Le previsioni per il biennio 2025-2026 confermano il quadro: il Sud crescerà ancora più del Nord, finché i cantieri del Piano nazionale di recupero e resilienza resteranno aperti. Ma già nel 2027, con l’esaurimento della spinta pubblica, sarà il Centro-Nord a tornare in vantaggio grazie alla domanda internazionale.
L’implicazione politica è evidente: senza un aumento stabile della domanda di lavoro qualificato, la Campania continuerà a crescere senza evolvere. E uno dei primi interventi post elezione di Roberto Fico, neo governatore della Campania è proprio sui giovani in fuga: «È un fenomeno. I giovani saranno al centro delle politiche e dell'azione della Regione. È inevitabile, parliamo del nostro futuro. Chi parte deve poterlo fare non perché costretto da una mancanza di opportunità, ma per una scelta e per il desiderio di accumulare esperienze altrove. Dobbiamo garantire il diritto a restare e il diritto a tornare investendo su innovazione, imprese, aree interne, valorizzando la collaborazione tra università, centri di ricerca, aziende e istituzioni. Ci sono modelli da seguire, come quello di Napoli Est per esempio, ed è verso questa direzione che continueremo a lavorare».