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“Non farci pigliare collera”, a Soccavo estorsione a negozio e bar a nome del clan: tre arresti

Tre arresti nel quartiere napoletano di Soccavo: due uomini e una donna sono accusati di avere imposto l’estorsione a due attività commerciali presentandosi come legati a un clan di camorra.
A cura di Nico Falco
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Immagine di repertorio
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"A voi non abbiamo dato il fisso perché siete nuovi, ma una cosa a piacere, basta che non ci fai pigliare collera". Perché a Soccavo "tutti pagano", e "non sono solo io ma dietro a me ci sono tanti di loro". Discorsi inequivocabili, quelli che sarebbero stati rivolti a un commerciante del quartiere della periferia Ovest di Napoli per introdurre il solito argomento: se vuoi lavorare qui, devi pagare la tua quota alla camorra. Ma stavolta sono arrivate le manette: agli arresti tre persone, due uomini e una donna, uno di loro è ritenuto vicino al clan Grimaldi, quello che per decenni ha imperversato a Soccavo e che adesso sarebbe in fase di riorganizzazione.

Estorsiona negozio e bar a Soccavo, 3 in manette

L'ordinanza applicativa di misura cautelare in carcere, emessa dal gip di Napoli su richiesta della Procura, è stata eseguita dai carabinieri della Compagnia Bagnoli. Destinatari sono Vincenzo Pugliese, detto "Roccocò", 45enne ritenuto vicino al clan Grimaldi, Marco Ardito, detto "‘o Pittore", 48 anni, e Vittoria dell'Annunziata, 43 anni. I tre indagati sono ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, di estorsione in danno di imprenditori con l'aggravante di avere commesso il fatto in più persone e con l'aggravante della finalità di favorire una organizzazione mafiosa (articolo 416 bis 1 codice penale).

Soldi e regali per i detenuti e per il clan

I tre avrebbero preso di mira due attività situate in via dell'Epomeo, la strada dello shopping di Soccavo: il punto vendita di un noto marchio di abbigliamento e un bar pasticceria. Nel primo caso, nel dicembre 2024, i due uomini avrebbero richiesto la "cosa a piacere", quantificata poi in 400 euro, da destinare "ai carcerati".

Richiesta analoga anche nei confronti del bar, e che sarebbe stata avanzata dai tre indagati nello stesso periodo. Avrebbero preteso prodotti: "tre cesti di Natale per i carcerati" e avrebbero costretto il titolare a consegnare duecento euro alla donna. In entrambi i casi gli indagati avrebbero detto esplicitamente, o avrebbero fatto capire, di appartenere ad un sistema criminale, paventando di conseguenza ritorsioni nel caso le loro richieste non fossero state soddisfatte. La misura cautelare è arrivata al termine delle indagini dei carabinieri, sviluppate anche grazie all'analisi dei sistemi di videosorveglianza della zona e delle attività commerciali.

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