Morta dopo l’operazione di ernia iatale a Napoli, l’avvocato “Per i periti del Tribunale poteva salvarsi”

Una donna di 72 anni, deceduta nell'ospedale Fatebenefratelli di Napoli dopo essere stata operata per ernia iatale, sarebbe morta per "una sequela di errori" e si sarebbe potuta salvare "se le complicanze post-operatorie fossero state riconosciute e trattate tempestivamente": è quello che afferma l'avvocato Andrea Marzorati, sulla base della perizia depositata dai consulenti del Tribunale.
La vicenda giudiziaria comincia nel maggio 2024, quando i familiari della donna hanno presentato un accertamento tecnico preventivo davanti ai giudici di Roma, competenti territorialmente perché il Fatebenefratelli di Napoli ha sede legale nella Capitale. La paziente era stata ricoverata il 9 maggio 2022 per un intervento programmato per ernia iatale e il giorno successivo, il 10 maggio, era stata operata. Il giorno dopo, però, erano comparse delle complicazioni.
"Emersero segnali clinici preoccupati – dice l'avvocato Marzorati – una raccolta mediastinica anomala agli esami radiologici e un aumento costante degli indici infiammatori, elementi ritenuti dalla perizia incompatibili con un normale decorso post-operatorio. Nonostante ciò, i sanitari adottano un approccio attendista, limitandosi a monitoraggi ripetuti senza intervenire".
Nei giorni successivi, inoltre, il quadro clinico era peggiorato significativamente, "con febbre persistente e marcato aggravamento dei parametri ematici". Secondo Marzorati, "la perizia segnala ulteriori omissioni: mancano esami colturali adeguati e si registrano ritardi nella gestione infettivologica, nonostante la presenza di materiale purulento dai drenaggi".
Il 7 giugno 2022 la donna era stata sottoposta a un secondo intervento chirurgico e, dopo due settimane in terapia intensiva, il 30 giugno dello stesso anno, era deceduta."Secondo i consulenti del Tribunale, conclude l'avvocato – il ritardo nella diagnosi e nel trattamento della lesione esofagea e della raccolta mediastinica ha avuto un ruolo determinante nel decesso: un intervento tempestivo entro 24 ore avrebbe garantito elevate probabilità di sopravvivenza".