Indagine sieroprevalenza Istat: in Campania 42mila persone entrate in contatto col coronavirus

In Campania 42.674 persone sarebbero entrate in contatto col nuovo coronavirus Sars-Cov-2, anche senza ammalarsi, ed avrebbero sviluppato gli anticorpi IgG specifici per l'infezione. È il dato riportato nell'indagine sulla sieroprevalenza in Italia, realizzata dall'Istituto superiore di Sanità con la collaborazione dell'Istat, che attraverso la ricerca degli anticorpi specifici nel siero mira a stabilire la proporzione di popolazione che ha sviluppato una risposta anticorpale contro il virus Sars-Cov-2, a stimare la frazione di infezioni asintomatiche e le differenze tra fasce d'età, sesso, regione di appartenenza, attività economica e altri fattori di rischio. Lo studio prevedeva che la rilevazione si basasse sui dati di 150mila persone, ridotte poi a 64.660 per le difficoltà dove alle condizioni emergenziali in cui è stata svolta la ricerca.
L'indagine di sieroprevalenza è stata condotta dal 25 maggio al 15 luglio, è stata elaborata sui dati pervenuti entro il 27 luglio. Secondo lo studio in Italia sarebbero 1.482.377 le persone entrate in contatto col virus (il 2,5% della popolazione residente in Italia), al fronte dei 244.708 casi rilevati nei laboratori. In Campania, dove è stata accertata la positività di 4.828 persone (al 21 luglio, mentre oggi sono 5.020), le persone entrate in contatto col virus sarebbero in realtà 42.674, ovvero lo 0,7% della popolazione residente pari a 5.793.968 persone. Facendo un confronto coi dati a livello italiano, risulta che in Campania c'è stato l'1,3% dei decessi, il 2% dei casi emersi e il 2,9% delle persone che sono entrate in contatto col virus e hanno sviluppato anticorpi.
Dall'indagine è inoltre emerso che non ci sono significative differenze di genere, ovvero che uomini e donne sono stati colpiti in egual misura dal virus, così come era emerso in studi di altri Paesi. Il tasso di sieroprevalenza è risultato però più basso nella fascia di età tra gli 0 e i 5 anni (1,3%) e negli ultra 85enni (1,8%): il motivo potrebbe essere che si tratta delle fasce di popolazione verosimilmente più protette durante l'epidemia e che quindi hanno avuto meno possibilità di entrare a contatto col virus.