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I terreni del superboss Sandokan gestiti dal fratello: in carcere Antonio Schiavone

Finisce in carcere anche Antonio Schiavone, fratello del superboss Sandokan; la vicenda è quella della vendita di terreni intestati a prestanome che aveva già portato in manette il figlio del capoclan, Ivanhoe.
A cura di Nico Falco
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Antonio Schiavone e il fratello, Francesco "Sandokan"
Antonio Schiavone e il fratello, Francesco "Sandokan"

Terreni acquistati anni fa, lasciati intestati ai precedenti proprietari, su cui la famiglia Schiavone ha costruito le proprie aziende, e che venivano ancora gestiti tramite prestanome come tesoro nascosto del clan, da vendere alla bisogna. Gira ancora intorno a questo l'inchiesta della Procura di Napoli che, dopo il figlio di Francesco Schiavone, Ivanhoe, ha portato in carcere anche Antonio Schiavone, fratello del superboss dei Casalesi noto come "Sandokan"; per altre due persone sono stati disposti i domiciliari.

Per i tre indagati le accuse sono di concorso in riciclaggio e autoriciclaggio, aggravati dal metodo mafioso. L'ordinanza è stata eseguita dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Caserta, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.

I terreni del boss intestati ai prestanome

Quella di intestare beni immobili ad altre persone, o di lasciarli intestati ai vecchi proprietari, era praticamente una prassi per Francesco Schiavone, che in questo modo si metteva al riparo da sequestri e confische, pur continuando, nei fatti, a gestire anche personalmente le proprietà.

Delle varie acquisizioni e possedimenti hanno parlato sia Nicola Schiavone, figlio di Sandokan (collaboratore di giustizia), sia la moglie del superboss, Giuseppina Nappa, raccontando la stessa storia: comprati, non intestati, gestiti direttamente dalla famiglia; e, quando necessario, anche venduti, per far fronte alle spese di tutti i giorni e a quelle relative alla detenzione.

Riciclaggio e autoriciclaggio dei Casalesi, tre arresti

L'indagine, svolta dal 2024 al 2025, è stata condotta con attività tecniche, accertamenti patrimoniali e tramite l'analisi e lo studio di numerosi colloqui in carcere tra Sandokan e i familiari stretti, tra cui la moglie, le sorelle e lo stesso fratello Antonio; informazioni sono arrivate dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia tra cui il primogenito, Nicola Schiavone, che avevano già portato all'arresto di Ivanhoe Schiavone, all'epoca unico figlio maschio di Sandokan ancora libero.

In manette sono finite tre persone. Oltre ad Antonio Schiavone, identificato dagli inquirenti come colui che attivamente si occupava della gestione dei terreni che erano formalmente intestati ad altri, e per il quale è stato disposto il carcere, sono stati sottoposti ai domiciliari Amedeo De Angelis e Francesco Paolella; il primo è l'erede del vecchio proprietario del terreno, quello che aveva venduto a Sandokan Schiavone pur restando formalmente il proprietario, mentre Paolella, secondo le ricostruzioni, era uno dei prestanome che fittiziamente aveva affittato le proprietà da De Angelis, pur rimanendo, queste, sempre nelle disponibilità della famiglia Schiavone.

Le proprietà vicino all'aeroporto di Grazzanise

I terreni per i quali sono scattate le misure cautelari si trovano in località Selvalunga, a Grazzanise, nei pressi dell'aeroporto, e sono limitrofi sia a quelli che facevano parte dell'azienda di Nicola Schiavone, padre di Sandokan, sia a quelli successivamente acquistati e poi gestiti dagli altri fratelli del capoclan.

Secondo le ricostruzioni della Procura, e avallate dal gip, il terreno, che oggi vale circa 500mila euro, era stato acquistato da Sandokan che però l'aveva lasciato intestato ad Armando De Angelis, suo conoscente; alla morte di quest'ultimo la proprietà era passata alla moglie e, successivamente, ai figli, che avevano deciso di affittarli ad una terza persona.

Ivanhoe e l'imprenditore 54enne Pasquale Corvino, ritenuto suo prestanome, avrebbero imposto all'affittuario di rescindere il contratto e di non avvalersi del diritto di prelazione, per consentirne la vendita a persone che avevano già individuato, e incassare in questo modo 250mila euro.

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