Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Gli studenti in occupazione rispondono a chi chiede lo sgombero: “Ascoltateci. A partire dal sindaco Manfredi”

Continuano le occupazioni delle scuole a Napoli in solidarietà con la Palestina. Gli studenti rispondono alla richiesta di sgombero avanzata dalla città Metropolitana.
A cura di Antonio Musella
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Sono oltre una ventina le scuole occupate a Napoli in solidarietà con il popolo palestinese e contro il genocidio a Gaza. La mappa si aggiorna quotidianamente tra istituti che terminano la protesta ed altri che la iniziano occupando gli edifici. Un vero e proprio movimento che riflette quello che nel paese, ed in particolar modo nella città di Napoli, si è sviluppato a partire dalle immagini che arrivano da due anni da Gaza e per i diritti del popolo palestinese.

Pochi giorni fa la Città Metropolitana, presieduta da Gaetano Manfredi, ha chiesto alla Prefettura ed alla Questura lo sgombero delle scuole occupate. La motivazione è che le proteste ritarderebbero l'avvio dei lavori di ristrutturazione di diverse scuole al momento in occupazione, e si rischierebbero di perdere dei fondi del Pnrr. Fanpage.it è andata nelle scuole in occupazione a chiedere agli studenti di rispondere alla presa di posizione di Manfredi e della città Metropolitana.

"Non sono le occupazioni a fermare i lavori"

Alle tante scuole occupate a Napoli si è aggiunta negli ultimi giorni l'Istituto d'arte "Palazzi" alle spalle di Piazza Plebiscito, ma anche il "Siani" ai Colli Aminei, unendosi ad altre scuole che hanno iniziato le protesta già da diversi giorni come il "Pansini", il "Casanova", il "Santi Apostoli". Al "Palizzi" incontriamo Giulia, maggiorenne da poco più di 20 giorni che insieme ai suoi compagni stanno occupando l'istituto. "Come studenti siamo testimoni della storia – ci dice – ed è nostro dovere denunciare quello che sta avvenendo al popolo palestinese". Dalle piazze degli ultimi mesi la protesta si è spostata nelle aule, dove però le occupazioni sono state organizzate intorno a molte attività formative. "Parliamo di Palestina, stiamo invitando i palestinesi stessi che sono a Napoli, ma anche altri testimoni, per parlare dell'apartheid, dell'occupazione e del genocidio" spiega a Fanpage.it Irene Mele dell'Unione degli Studenti. "In tutte le occupazioni ci sono laboratori formativi, parliamo anche di femminismo e antimafia, non solo di Palestina" ci spiega.

Al "Pansini" l'occupazione va avanti da diversi giorni, erano cinque anni che la scuola non viveva una protesta simile. Qui incontriamo Gabriele Conte uno dei leader dell'occupazione che ci spiega: "Quello a cui stiamo assistendo a Gaza è inaccettabile, il genocidio va avanti da decenni, perché nulla è iniziato il 7 ottobre, questo bisogna ricordarlo". Davanti alla richiesta di sgombero da parte della Città Metropolitana gli studenti non hanno dubbi sull'incapacità delle istituzioni di ascoltare le proteste, adducendo motivazioni a loro parere infondate. "E' grave che Manfredi dica che le occupazioni fermano i lavori – sottolinea Irene Mele – questi lavori dovevano iniziare da anni, non sono iniziati all'inizio dell'anno scolastico e non inizieranno ora. Il problema è la cattiva gestione che c'è stata in questi anni sull'uso dei fondi e sui cantieri, non certo le occupazioni".

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"Siamo stanchi di non contare nulla: ascoltateci"

Ma gli studenti muovono anche una critica a chi considera troppo radicale la loro protesta. "Vorremmo una scuola dove ci sia dialogo tra gli studenti, le istituzioni, le famiglie ed i docenti" ci dice Giulia del Palizzi. Ma senza dubbio una immagine plastica del perché gli studenti davanti all'orrore di Gaza abbiano scelto le occupazioni delle scuole come forma di protesta ci arriva da Gabriele del Pansini. E ce lo spiega citando l'indimenticato rapper americano Tupac. "Lui diceva che la prima volta i poveri andarono a bussare alla porta dei ricchi e dissero che volevano cibo, ed i ricchi gli risposero che ci avrebbero pensato, ma intano avevano champagne e caviale. La seconda volta i poveri bussarono più forte e dissero che volevano cibo e lo volevano subito, e i ricchi li liquidarono nuovamente. La terza volta ci fu una protesta più radicale, ed è per questo che abbiamo occupato. Siamo stanchi di non essere ascoltati, siamo stanchi del fatto che la nostra voce non conti nulla. La nostra risposta a Manfredi è proprio questa: ascoltateci".

Una metafora senza dubbio esplicativa che pone non solo un problema legato al metro con cui si misurano, spesso in maniera strumentale, le proteste degli studenti, ma anche quello della mancanza di ascolto da parte delle istituzioni. D'altronde è un fatto che la città di Napoli sia attraversata da mesi da una mobilitazione popolare senza precedenti sulla Palestina. "La nostra scuola porta il nome di un partigiano, come facciamo a restare in silenzio – spiega Gabriele – io credo che la scuola sia una società in piccolo e proprio per questo la scuola deve formare gli studenti sul cosa vuol dire fare politica". Intanto le occupazioni si moltiplicano, e di certo, visto il periodo dell'anno, questa volta nessuno potrà dire che gli studenti vogliono solo anticipare le vacanze di Natale.

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