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Covid 19

Cosa sappiamo dei presunti casi di variante indiana in Campania

Al momento non vi sono casi di variante Delta (conosciuta anche come variante indiana) in Campania: ma c’è apprensione a Laurino, nel Salernitano, comune in zona rossa dal 1° giugno e dove i casi sono in aumento. Si teme un focolaio forse causato da persone di ritorno dall’Asia: domani screening di massa.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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La presenza della variante indiana, ora conosciuta come "variante Delta", non è ancora certificata in Campania. Ma c'è un comune "sotto osservazione": quello di Laurino, in provincia di Salerno. La piccola cittadina cilentana, circa 1.500 abitanti, è in zona rossa dallo scorso 1° giugno, e vi rimarrà almeno fino al 18 di questo mese, dopo una prima proroga (inizialmente infatti la zona rossa sarebbe dovuta terminare l'11 giugno). I casi sono in forte aumento, e un focolaio scoppiato forse in chiesa (pare tuttavia "importato" da un comune vicino, quello di Piaggine) ha generato apprensione nella popolazione.

Per ora non vi è certezza possa trattarsi proprio della "variante Delta", una forma di Coronavirus che già in Inghilterra sembra correre all'impazzata e che in Italia al momento è stata riscontrata solo in un operatore sanitario di Milano. Ma si tratta di una variante altamente contagiosa, che dunque rischia in caso di diffusione di far nuovamente impennare i contagi: al momento i vaccini sembrano reggere bene l'urto anche con la variante Delta, ma la paura è sempre per l'eventuale pressione sul sistema sanitario che questa potrebbe comportare in caso di diffusione su larga scala. A Laurino, intanto, il sindaco Romano Gregorio ha invitato tutta la popolazione ad uno screening di massa per mercoledì 16 giugno, a partire dalle ore 10.30 nella Sala Conferenze del Convento di Sant'Antonio. Screening che sarà su base volontaria, ma il sindaco ha invitato la cittadinanza ad aderire in massa. I campioni saranno poi inviati all'Istituto Zooprofilattico di Portici, nel Napoletano, per le analisi del caso. La paura in paese è che il focolaio in chiesa possa essersi sviluppato attraverso alcune suore di rientro dall'Asia e che in occasione della Festa patronale di Sant'Elena del 22 maggio possa essersi creato il "detonatore": pochi giorno dopo (il 27 maggio) i primi casi positivi, poi notevolmente aumentati e che inizialmente hanno riguardato proprio suore, il parroco del paese, il coro della chiesa e via via anche bambini e comuni cittadini.

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