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Cosa c’è sotto le fumarole dei Campi Flegrei: il nuovo modello 3D studiato dall’Ingv

I risultati dello studio, denominato “The Pisciarelli main fumarole mechanisms reconstructed by electrical resistivity and induced polarization imaging” e condotto dall’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv, sono stati appena pubblicati sulla rivista Scientific Reports. Lo studio ha preso in esame l’area sottostante il cratere di Pisciarelli, la zona più attiva dei Campi Flegrei.
A cura di Valerio Papadia
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Cosa c'è sotto una delle aree più attive della caldera del supervulcano dei Campi Flegrei, quella cioè di Pisciarelli, contraddistinta dalle caratteristiche fumarole sulfuree e incandescenti? La risposta a questa domanda arriva dal nuovo studio “The Pisciarelli main fumarole mechanisms reconstructed by electrical resistivity and induced polarization imaging”, condotto dai ricercatori dell'Osservatorio Vesuviano dell'Istituto geofisica e vulcanologia (Ingv), i cui risultati sono stati appena pubblicati sulla nota rivista specializzata Scientific Reports.

I ricercatori si sono avvalsi di indagini tomografiche ad alta risoluzione, grazie alle quali sono stati in grado di costruire un modello 3D che svela le caratteristiche del sottosuolo nella zona di massima emissione di gas della caldera dei Campi Flegrei, quella di Pisciarelli appunto, nella quale è possibile ammirare le fumarole, espressione dell'emissione dei gas all'esterno.

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"Grazie all’alta sensibilità della resistività e della caricabilità elettrica nel rilevare la presenza di fluidi all’interno delle strutture sepolte è stato  possibile realizzare il primo modello concettuale in grado di spiegare i meccanismi che governano l'attività emissiva del complesso di Pisciarelli" ha spiegato Antonio Troiano dell'Ingv, primo autore della ricerca. "In questa ricerca abbiamo evidenziato che la via principale di risalita dei fluidi avviene da un serbatoio più profondo attraverso un condotto, nella cui parte sommitale è presente una formazione di materiale argilloso" ha invece dichiarato Roberto Isaia, ricercatore dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.

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