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Chi era l’ingegnere Salvatore Coppola, ucciso a Napoli. I legami col clan Mazzarella e la collaborazione

L’ingegnere ucciso ieri a San Giovanni a Teduccio è un ex collaboratore di giustizia; la Polizia indaga sui suoi attuali rapporti con la malavita locale.
A cura di Nico Falco
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Una condanna espiata per riciclaggio con l'aggravante mafiosa, risalente a oltre dieci anni fa, una vecchia storia di tangenti per le autorizzazioni ai commercianti, gli interessi nel settore edilizio che ancora oggi aveva a San Giovanni a Teduccio; nel mezzo, la testimonianza su Michele Senese e Domenico Pagnozzi, che durante il processo "Roma Capitale" aveva descritto come due imprenditori "svegli" e "dinamici". Si parte dal passato per ricostruire l'omicidio di Salvatore Coppola, l'ingegnere ucciso con un colpo di pistola in faccia ieri sera nel parcheggio di un supermercato a San Giovanni a Teduccio, periferia Est di Napoli.

Le tangenti ai negozianti di Napoli Est

Nei primi anni duemila Salvatore Coppola era stato coinvolto in una storia di tangenti: montagne di soldi che venivano pagate dai negozianti per ottenere la Dia, la Dichiarazione di Inizio Attività. Un sistema ben rodato che, ricostruirono all'epoca i magistrati (inchiesta coordinata dal pm Henry John Woodcock), vedeva al vertice un geometra, a capo dell'ufficio tecnico di San Giovanni a Teduccio, arrestato nel 2013, quando era già in pensione: il funzionario bloccava il termine di 60 giorni, dopo il quale sarebbe subentrato il "silenzio assenso" e quindi il via libera per il commerciante, e a quel punto c'era da oliare gli ingranaggi. Coppola era stato individuato come suo sodale: il "professore", così lo chiamavano, aveva il compito di risolvere i problemi, di assicurare che le pratiche sarebbero state sbloccate. A suon di tangenti.

Il 2009 è l'anno della operazione "Botero" del Gico della Guardia di Finanza: otto arrestati, tra cui Coppola, e sequestri di 25 immobili e autovetture per 10 milioni di euro e quattro società. Il gruppo è accusato di usura e del riciclaggio dei soldi della camorra tra Toscana, Campania e Lombardia.

La testimonianza al processo Camorra Capitale

Nel 2016 Coppola compare tra i testi del processo Camorra Capitale, quello che verte sulle infiltrazioni della malavita organizzata napoletana a Roma. In quel periodo la sua collaborazione con la giustizia è già parte del passato, era durata dal 2009 al 2011, non era più sotto protezione: la commissione ministeriale, stando a quanto spiega lui stesso ai magistrati, ha deciso di non andare oltre nonostante il parere favorevole della Procura e della Direzione Nazionale Antimafia.

Coppola, che in quel procedimento non è coinvolto, si presenta: è nato il 6 settembre 1958 ed è originario di San Giovanni a Teduccio. Spiega di avere scontato una condanna per riciclaggio con l'aggravante dell'articolo 7 e ammette il suo legame passato col clan Mazzarella. Quando le domande passano alle figure di Pagnozzi e Senese, li descrive come imprenditori. L'ingegnere è stato sentito anche nel 2021, tra i testi del processo scaturito dalla maxioperazione "Affari di famiglia", sempre imperniato sulla figura di Michele Senese.

Immagine di repertorio
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Pagnozzi, spiega, l'ha conosciuto perché anche lui è originario di San Giovanni a Teduccio, quartiere che poi abbandonerà per poi andare in Irpinia e quindi a Roma. E dice di avere conosciuto anche Michele Senese, che per gli inquirenti è un pezzo da novanta della camorra: ‘o Pazzo, quinta colonna del clan Moccia a Roma. Parlando di entrambi, li descrive come due imprenditori, ma afferma di non conoscere nulla del loro coinvolgimento nella camorra.

L'agguato nel parcheggio del supermercato

Ieri sera Coppola è stato ammazzato nel parcheggio del supermercato Decò di San Giovanni a Teduccio, lungo il corso Protopisani, a pochi passi dal suo ufficio. Non è ancora chiaro se fosse lì per un incontro o se lo avessero seguito, se sapessero dove trovarlo. Di certo c'è che chi ha sparato aveva intenzione di ucciderlo. Le indagini sono affidate alla Squadra Mobile della Questura di Napoli (agli ordine del vice dirigente Andrea Olivadese) col supporto dei poliziotti del commissariato di San Giovanni – Barra.

L'agguato, per le modalità, potrebbe essere di matrice camorristica ma al momento tutte le ipotesi sono aperte: si va dalla questione personale ai contrasti con la malavita locale, mentre sembra più remota la pista della vendetta per la collaborazione di oltre dieci anni fa.

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