Vedova indagata per la morte del marito avvenuta 38 anni fa, ieri l’autopsia sull’uomo: i risultati entro 90 giorni

Dopo la riesumazione dal cimitero di Castellammare del Golfo (Trapani), gli esperti dell'istituto di medicina legale di Milano hanno svolto nuovi esami sul cadavere di Francesco Ancona, l'operaio 48enne che l'11 febbraio del 1987 fu trovato morto sul ciglio di una strada poco fuori Mortara, in provincia di Pavia. I risultati dell'autopsia, che è stata affidata alla medica legale Cristina Cattaneo, al tossicologo Domenico Di Candia e all’antropologa Debora Mazzarelli, dovrebbero arrivare entro 90 giorni. L'esame è stato svolto perché, dopo 38 anni, la Procura di Pavia ha deciso di riaprire il fascicolo relativo alla morte di Ancona, che all'epoca fu classificata come suicidio, con l'ipotesi che si sia trattato in realtà di un omicidio.
Nel nuovo registro degli indagati sono stati iscritti la vedova 75enne Giovanna Navarra, oggi residente a Castellammare del Golfo, e il 70enne di Vigevano Domenico Scarfò. L'ipotesi di chi indaga è che Navarra possa aver commissionato all'uomo l'omicidio del marito: secondo il pm Alberto Palermo, i due avrebbero avvelenato Ancona, lo avrebbero colpito alla testa, cosparso di benzina e infine investito con una betoniera per inscenare un suicidio.
Tra il 2023 e il 2024 la donna finì a processo, insieme a un altro uomo, con un'accusa simile, cioè di aver tentato di assoldare un sicario per uccidere il figlio Antonino, con il quale avrebbe portato avanti una convivenza difficile nella quale, a detta della donna, lei sarebbe stata vittima di maltrattamenti. Sia Navarra che il presunto complice erano stati assolti: i due infatti si erano solo accordati per mettere in atto il piano, ma non avevano intrapreso nessuna azione concreta per eseguirlo. Ciò nonostante per entrambi era stata prevista una misura di libertà vigilata perché considerati soggetti pericolosi. Il procedimento cominciò grazie alla segnalazione di un primo sicario che la donna cercò di assoldare per uccidere il figlio e che decise di raccontare tutto alla Polizia.
Anche nel 1987 fu fatta un'autopsia sul corpo di Ancona. Oltre ad aver refertato le ferite alla testa, in quell'occasione i medici legali dissero di aver trovato tracce di veleno nello stomaco del 48enne. Questo elemento avvalorò, per la Procura, l'ipotesi del suicidio: secondo i pm dell'epoca, Ancona si era avvelenato e si era poi fatto investire da una betoniera. La spiegazione, tuttavia, non ha mai convinto i familiari del 48enne, soprattutto le figlie, che a differenza del fratello non sono mai andate a vivere a Castellammare del Golfo (paese d'origine di Ancona) vicino alla madre, ma sono rimaste in Nord Italia.
Già all'epoca alcuni elementi nella morte dell'operaio non sembravano essere coerenti con l'ipotesi di un suicidio: l'uomo era ferito solo al cranio e i vestiti non erano rovinati. Nonostante il suo corpo sia stato recuperato sul ciglio di una strada molto trafficata, il ritrovamento del cadavere avvenne solo diverso tempo dopo l'orario stimato di morte. Infine una delle figlie disse che, avvicinandosi al corpo del padre, aveva sentito un forte odore di benzina.