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Varenna come Santorini: così l’overtourism rischia di distruggere il piccolo comune del lago di Como

File interminabili ai traghetti, resse alle stazioni e viuzze piene di persone: è quanto accade quasi ogni weekend a Varenna (Lecco), ma non solo. L’overtourism è un fenomeno costante sul lago di Como. Ma come fare a combatterlo? A Fanpage.it lo spiega Chiara Di Nuzzo, psicoterapeuta e psicologa del viaggio.
A cura di Ilaria Quattrone
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Nelle ultime settimane sarà capitato a tutti noi di scrollare i reel di Instagram e incappare nelle immagini di comuni, soprattutto quelli che affacciano sul lago di Como, presi d'assalto da turisti. O magari molti lo hanno vissuto in prima persona. Nel mio caso, per esempio, ho scelto di trascorrere una giornata a Varenna, comune della provincia di Lecco, e ho assistito a resse alle stazioni, file interminabili per i traghetti e viuzze affollate. Una situazione che mi ha spinta, dopo solo qualche ora, ad andare via.

Sia la sponda lecchese che comasca, ogni anno, devono fare i conti con i numeri esorbitanti di persone che scelgono i loro comuni come mete per trascorrere qualche giorno di relax. L'incanto di quei luoghi unito all'instagrammabilità delle loro strade e scenari, attraggono sempre più turisti.

Se da un lato, questo è un incentivo fondamentale per l'economia dei piccoli comuni; dall'altro rischia però di trasformare un beneficio in un incubo sia per i residenti che per i turisti stessi. Varenna, Colico, Bellano e anche la stessa Lecco (ma non solo e ci sono diversi esempi in Italia) sono ormai da anni vittime dell'overtourism. Un fenomeno che deturpa i territori, esaurisce i residenti e stressa anche gli stessi turisti.

"La sensazione di sovraffollamento, di invasione del proprio spazio, di difficoltà nel fare cose apparentemente semplici, potrebbe portare a vivere sensazioni che sono molto assimilabili all'ansia e al disagio. Soprattutto compromette il livello complessivo del benessere che si dovrebbe provare durante una gita fuori porta", ha spiegato a Fanpage.it Chiara Di Nuzzo, psicoterapeuta e psicologa del viaggio.

Allo stress e all'ansia causata dal sovraffollamento, spesso potrebbe unirsi poi la sensazione di delusione: "Può capitare di sperimentare anche un senso di delusione, che è dato da una distanza cognitiva. Mi riferisco a un disagio psicologico che è possibile provare nel momento in cui si parte con un'aspettativa e ci si scontra poi con una realtà che è diversa. In questi casi, è molto difficile riuscire a gestire il disagio che si sta provando", precisa la dottoressa.

Questo disagio, potrebbe causare anche la perdita di autenticità dei luoghi che visitiamo: "Iniziamo a sentirli un po' artefatti, come se fossero stati predisposti per noi. Non solo. Potrebbe causare anche una perdita di collegamento con le persone locali".

Ma perché decidiamo di visitare mete soggette all'overtourism? Per la psicoterapeuta in parte anche la FOMO, cioè l'ansia legata alla possibilità di essere tagliati fuori, potrebbe spingerci a scegliere luoghi che tutti visitano pur di non essere gli unici a non averlo ancora fatto: "Le scelte di viaggio spesso sono veicolate da quello che è mostrato sui social media. Se noi ci informassimo, sapremmo benissimo che ci sono zone che sono realtà sovraffollate. Spesso però c'è il nostro desiderio, che risponde anche a bisogni molto sociali, di voler far parte di quello che viene mostrato".

In un certo senso, quindi, sta cambiando anche il nostro modo di vivere i luoghi che visitiamo. Con la costante condivisione di ciò che vediamo e facciamo nelle nostre mete, rivoluziona anche i viaggi stessi:"Si va a perdere quel legame che si può costruire all'interno di un luogo nuovo. Quel riuscire a vivere in modo più pieno, intenso e anche un po' trasformativo qualsiasi viaggio: da quello fuori porta a quello un po' più lungo".

"In base all'atteggiamento che abbiamo, si rischia di perdere il potere trasformativo che ha il viaggio. Facciamo un esempio: decidiamo di andare al lago per trascorrere una giornata spontanea e allegra e ci ritroviamo in una situazione di sovraffollamento dove non riusciamo a goderci la giornata. E questo ci stressa. Oppure siamo concentrati a scattare la foto perfetta da poter pubblicare. E questo fa perdere i benefici del viaggio, di poter riconoscere l'identità di un luogo o di costruire un legame affettivo".

Non dobbiamo dimenticare però che le vittime principali dell'overtourism sono soprattutto i residenti: "L'overtourism parte proprio da loro. È. una perdita di identità e attaccamento verso un luogo. La domanda primaria, quando si parla di questo tema, è: Che capacità ha quel luogo di poter accogliere persone?".

"Da un lato, il turismo è una fonte di arricchimento, guadagno e crescita per un luogo. Dall'altro lato, in certi casi, bisogna chiedersi quanto stiamo chiedendo a quel luogo. Nei residenti c'è proprio il rischio di poter perdere la propria identità: questo può succedere cambiando le proprie abitudini, i propri orari o facendo conti con attrazioni che non servirebbero se non in funzione del turismo. Quel luogo potrebbe diventare sempre meno riconoscibile per loro, tanto da causare uno stato di profonda alienazione, ma anche frustrazione, rabbia e un senso di disconnessione".

Il rischio è che i residenti stessi decidano di fuggire altrove. Un po' come è successo a Venezia: "Per i luoghi in cui questo capita, è una perdita gigantesca". Non solo. Ma il rischio è che "piano piano quei luoghi si trasformino in città costruite e pensate solo per il turista". 

Cosa possiamo fare quindi per combattere l'overtourism e per non essere noi stessi causa di questo fenomeno? Per la psicologa un passo potrebbe essere quello di "promuovere un dialogo con i residenti, sostenendo anche iniziative locali. Cercare poi di mettere da parte l'esigenza di andare in un determinato luogo per motivi che non corrispondono ai nostri bisogni. Imparare quindi ad ascoltarsi un po' di più invece di seguire le scelte di altri. Infine rallentare i ritmi di viaggio: evitare di fare tutto di corsa, ma cercare di fare viaggi più lenti, meno frenetici, senza la voglia di vedere per forza tutto e cercando di capire cosa vogliamo realmente fare. Se noi siamo un po' più lenti, ci diamo anche la possibilità di scegliere altro. Infine ricordare sempre che anche noi siamo ospiti e non dobbiamo pretendere per forza qualcosa in cambio".

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