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Suicida durante lo sfratto a Sesto San Giovanni, i servizi sociali: “Aveva chiesto aiuto”

Il 71enne, ex portinaio, si è tolto la vita gettandosi dal sesto piano nella sua abitazione a Sesto San Giovanni (Milano) proprio all’arrivo dell’ufficiale giudiziario. Un ex collega a Fanpage.it: “Dava sempre una mano a tutti. Sapevamo che soffriva di ludopatia ma mai avremmo immaginato un epilogo del genere”.
A cura di Chiara Daffini
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"Era schivo, non dava confidenza, ma mai avremmo potuto immaginare il suo dramma", dicono a Fanpage.it i condomini di uno stabile a otto piani a Sesto San Giovanni (Milano). Qui nessuno ancora riesce a spiegarsi la dipartita dell'uomo che la mattina dell'8 ottobre si è gettato nel vuoto dopo aver lasciato un biglietto "Non ce la faccio più, addio". Proprio in quegli istanti stavano bussando alla porta di casa l'ufficiale giudiziario e il proprietario dell'alloggio in cui l'uomo risiedeva da circa tre anni e per il quale non era più riuscito a onorare il canone d'affitto, si ipotizza a causa della ludopatia.

Chi era l'uomo suicida durante lo sfratto

Il 71enne, a Sesto San Giovanni, era conosciuto da tutti, soprattutto chi con lui, arrivato dalla Sicilia quando era ancora bambino, aveva lavorato nelle fabbriche di via Mazzini. Operai come Sebastiano Caserta, che ci racconta di lui prima di attaccare il turno: "Sedeva proprio lì in quel gabbiotto –  dice indicando il vano portineria all'ingresso del complesso industriale -, tanti passavano da lui per una chiacchierata, tantissimi per raccontargli problemi e sventure: lui dava una mano come poteva, anche segnalando posti di lavoro vacanti".

Il suo rapporto con il gioco d'azzardo, proprio per questo, non era un segreto: "Era andato in pensione abbastanza di recente, forse un paio d'anni – continua l'operaio -. Anche se sembrava sempre allegro, giravano voci sulla sua ludopatia, ma un po' per discrezione un po' perché non era uno che parlava dei suoi problemi personali, credo che nessuno abbia mai affrontato con lui l'argomento. Era buono, ci mancherà".

Il luogo dove un tempo lavorava Lillo Buonomo
Il luogo dove un tempo lavorava Lillo Buonomo

Solitudine, fragilità e la proposta del Comune

Il divorzio, la famiglia d'origine con cui aveva pochi rapporti: a sentire i racconti dei residenti di Sesto, pare che i legami del 71enne si sviluppassero soprattutto in una rete amicale di superficie, forse in grado di riempire le giornate ma non altrettanto di intercettare il disagio.

Eppure il pensionato, messo ormai alle strette dall'incedere dello sfratto ormai non più prorogabile, si era deciso a chiedere aiuto al Comune: "Personalmente lo conoscevamo tutti – spiega a Fanpage.it l'assessora ai Servizi sociali di Sesto San Giovanni Alessandra Aiosa -, ma in veste ufficiale è venuto a chiederci aiuto solo il mese scorso, riferendoci di uno sfratto per morosità".

"L'abbiamo fatto parlare con i nostri operatori – continua Aiosa -, ma purtroppo la sua era una morosità colpevole, nel senso che non c'erano condizioni certificate come la perdita del lavoro a giustificare il mancato pagamento del canone". E la ludopatia, che è una patologia? "Nemmeno per quella c'era una sottoscrizione medica, essenziale per procedere come ente pubblico".

"Gli abbiamo quindi suggerito come fare domanda per un alloggio di emergenza – precisa Aiosa -, ma non si è più visto e poi è successo quello che è successo: non abbiamo avuto abbastanza tempo. A noi comunque aveva detto che il suo problema non era lo sfratto, ce n'erano tanti altri".

Unione Inquilini, "Città solo per soli ricchi"

Di diverso avviso l'Unione Inquilini Milano Nord, il cui responsabile, Marco De Guio, dice a Fanpage.it: "A Sesto esistono centinaia di appartamenti vuoti del Comune e Aler ne ha una sessantina sfitti. Le assegnazioni vengono fatte con il contagocce anche a causa di un'assurda burocrazia e le famiglie finiscono per strada perché per stipulare un contratto d'affitto nel privato, con i prezzi che hanno subito l'effetto Milano, ormai servono due stipendi a tempo indeterminato".

"Un tempo a Sesto esistevano una serie di supporti per chi era in emergenza abitativa – continua De Guio -, ma a uno a uno questa giunta li ha smantellati. Da ultimo la Casa Albergo, che ospitava 90 persone, chiusa a luglio del 2024. Se il signor Buonomo si fosse rivolto a noi avremmo organizzato picchetti antisfratto come facciamo per tutti i cittadini in difficoltà, gli avremmo offerto soluzioni alternative, perché è vero che il privato ha diritto a rientrare in possesso di alloggi per cui non percepisce il canone che gli è dovuto, ma è anche vero che devono esserci misure di sostegno a chi è fragile: la nostra non può essere una città solo per ricchi".

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