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Opinioni

Perché il ghiacciaio Adamello potrebbe scomparire entro il 2080 e di quanto è arretrato negli ultimi anni

Qualora le temperature continuassero a aumentare con questo ritmo, il ghiacciaio dell’Adamello potrebbe scomparire totalmente entro il 2080: è una sfida estremamente complessa a tale problematica perché variegato ed eterogeneo è il numero di variabili che concorrerebbero a tale drammatica evoluzione. Di sicuro, però, con gli sforzi, al momento complessivamente insufficienti, che la politica globale sta facendo potremmo ritardare i tempi di realizzazione di tali processi ambientali o meglio, potremmo allungare l’agonia dei nostri splendidi ghiacciai. Urgono però soluzioni realistiche e rapidamente applicabili per poter sperare in un’inversione di tendenza da tutti auspicata.
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Proprio nei giorni in cui l’estate sta concedendo una tregua notevole – con ripetute nevicate oltre i 2500 – 2800 metri di quota circa, valori termici “simil autunnali” e scarso soleggiamento – si torna a parlare con toni drammatici e certamente giustificabili dell’agonia dei ghiacciai presenti nel
sistema alpino e in particolare dell’apparato glaciale dell’Adamello, il più esteso del territorio nazionale.

Questo ghiacciaio, ubicato tra la regione Lombardia e la Provincia Autonoma di Trento, presenta forme non comuni alle medie latitudini europee, estendendosi tra una quota massima di 3.530 metri e una quota minima di 2.550 metri con scarse pendenze ed esposizioni differenti. Nel catasto del ghiacciai del 1961 del Comitato Glaciologico Italiano, esso risulta essere suddiviso in ben sei unità, e era considerato un ghiacciaio di tipo scandinavo, o di plateau o ancora ghiacciaio continentale – un tipo di ghiacciaio che si sviluppa su un altopiano o una vasta area elevata, con lingue glaciali che si irradiano radialmente verso il basso lungo i pendii circostanti.

Recentemente, glaciologi del prima citato CGI, lo hanno riclassificato come ghiacciaio di altopiano con lingue radiali, ovvero con una massa centrale dalla quale derivano differenti lingue defluenti. Numeri scientificamente comprovati evidenziano che nel 1880, la superficie del ghiacciaio era di circa 3050 ettari, mentre nel primo dopoguerra, essa si era ridotta a circa 2480 ettari. Nel 1997 essa fu quantificata in 1766 ettari, ridotti ulteriormente a 1570 nel 2007 e stimata in 1310 ettari circa nel 2022, con un ritiro dell’11 per cento ogni dieci anni.

Il dato più drammatico riguarda l’evoluzione in termini di ritiro del ghiaccio del Ghiacciaio del Mandrone, che negli ultimi dodici anni mostra un arretramento frontale di 330 metri, di cui 138 metri solamente nel 2022. Chiariamo subito che, dal termine della Piccola età glaciale, tutti i ghiacciai alpini stanno attraversando una fase di ritiro; esso però sta assumendo caratteri drammatici nell’ultimo mezzo secolo, risentendo evidentemente di numerose variabili termodinamiche ed ambientali, in primis del più volte citato e comprovato incremento termico.

Studi accademici recenti e in fieri starebbero evidenziando che le variabili che maggiormente sembrerebbero incidere sull’evoluzione dei ghiacciai siano i trend delle temperature estive e una maggiore irregolarità spazio – temporale delle precipitazioni nevose. Queste ultime cadrebbero sempre meno intensamente nei mesi autunnali e di inizio inverno.

Figura 1 – immagini satellitari del ghiacciaio dell’Adamello, nel particolare si evidenzia che solamente la parte sommitale è coperta da neve stagionale (area più bianca)
Figura 1 – immagini satellitari del ghiacciaio dell’Adamello, nel particolare si evidenzia che solamente la parte sommitale è coperta da neve stagionale (area più bianca)

Occorre immediatamente evidenziare che le tendenze delle temperature e delle precipitazioni si calcolano su dati realmente misurati a terra o in mancanza di una stazione di monitoraggio meteoclimatico, in un sito aventi caratteristiche meteoclimatiche simili. Solamente quando non si ha
a disposizione alcuna "risorsa numerica reale" si può ricorrere a valutazioni da remote sensing (o da satellite), a simulazioni modellistiche o a dati estrapolati, con ovvi e significativi errori o scostamenti dai dati reali.

Nell’area sommitale del gruppo montuoso dell’Adamello, non esistono serie storiche di dati estesi per almeno trenta anni definibili omogenee e continue, per cui, per far comprendere l’entità dell’incremento delle temperature si è analizzata la serie di dati della stazione meteorologica di Pian Rosa, ubicata su altopiano alla base del Monte Cervino, ad una quota di 3460 metri, dunque sovrapponibile a quella sommitale dei ghiacciai.

La serie storica, complessivamente omogenea, si estende dal 1952 al 2024. A tale quota, la temperatura media annuale (TMA in figura 2) ‘ di circa -5.4°C ma il trend risulta essere in aumento di oltre 1,5°C. Se si va ad analizzare il trend del bimestre luglio – agosto, l’incremento termico aumenta
fortemente sino a toccare i 2,5°C. Ciò che rende tale tendenza davvero critica è che l’incremento maggiore delle temperature annuali e stagionali si osserva per oltre il 70% nell’ultimo quindicennio – a partire dal 2010!

temperature medie annuali (TMA – °C) rilevate a Pian Rosa (3460 m. per il periodo 1952–2024 (fonte SMAM)
temperature medie annuali (TMA – °C) rilevate a Pian Rosa (3460 m. per il periodo 1952–2024 (fonte SMAM)

Alla scala locale, le temperature dell’aria misurate dal 1996 al 2022 presso la diga di Pantano d’Avio, situata a quota 2375 m. circa, ai piedi del Monte Adamello in Valcamonica, sono aumentate di circa 0.4°C ogni dieci anni. I valori termici annuali per il periodo 2001-2023 rilevati a Capanna
Presena, a quota 2750 m. circa, alla base dall’oramai estinto omonimo ghiacciaio sovrastante il Passo del Tonale, evidenziano una temperatura media annuale di circa -0.5°C ma con un aumento di circa 1.1°C nel più recente ventennio, edun aumento di 1,4°C nel bimestre luglio – agosto.

Sono numeri davvero drammatici che evidentemente, da soli, rappresentano un segnale inequivocabile dell’evoluzione dell’apparato glaciale in questione. Se si considerano le precipitazioni totali, al contrario di quanto spesso riportato nel web, non si osserva una diminuzione delle cumulate
nivometriche annuali, alle quote degli apparati glaciali. Analizzando i dati della stazione di misura di Capanna Presena, il segnale relativo all’ultimo ventennio mostra un assenza di tendenza ma allo stesso tempo mostra due segnali inequivocabili. Il primo è una maggiore variabilità nel numero di
giorni con nevicate, il secondo che le cumulate autunnali sono diminuite in maniera decisa, anche perché spesso, ancora nel mese di ottobre, le precipitazioni risultano o essere piovose o non attecchiscono al suolo perché esso è ancora “caldo” a causa delle sempre più elevate temperature
estive e di inizio autunno.

Viceversa, nell’ultimo lustro stanno nuovamente aumentando in frequenza e cumulata le precipitazioni primaverili che però non influiscono significativamente nella salvaguardia dei ghiacciai. Se le nevicate autunnali subiscono un lungo processo di trasformazione stagionale, tali da isolare termicamente il sottostante ghiaccio fossile, quelle primaverili non hanno la stessa capacita e proprio perché poco trasformate, fondono velocemente all’aumentare della temperatura dell’aria.

Alla resa dei conti si può affermare che attualmente, il limite altitudinale delle nevi perenni sul sistema alpino meridionale oscilla tra i 3140 m. circa dei settori orientali e i 3230 m. circa di quelli occidentali e dunque, tutte le masse glaciali ubicate sotto tale quota sono destinate a scomparire in un lasso di tempo piu o meno breve. Secondo i risultati dei sofisticati modelli numerici complessi della dinamica del ghiacciaio dell’Adamello elaborati da eccellenti gruppi di ricerca accademici italiani, qualora le temperature continuassero a aumentare con questo ritmo, il ghiacciaio dell’Adamello potrebbe scomparire totalmente entro il 2080.

Si tratta di una sfida estremamente complessa a tale problematica, proprio perché variegato ed eterogeneo è il numero di variabili che concorrerebbero a tale drammatica evoluzione dell’ambiente sommitale alpino. Del resto, modelli numerici altrettanto complessi, elaborati alla fine del XX° secolo e relativi all’aumento delle temperature nell’ultimo ventennio sono stati smentiti dalle osservazioni attuali, con errori anche significativi.

Di sicuro, però, con gli sforzi, al momento complessivamente insufficienti, che la politica globale sta facendo per raggiungere in tempi brevi la neutralità carbonica, potremmo ritardare i tempi di realizzazione di tali processi ambientali o meglio, potremmo allungare l’agonia dei nostri splendidi ghiacciai ma urgono soluzioni realistiche e rapidamente applicabili per poter sperare in un'inversione di tendenza da tutti auspicata.

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Sono un docente di Geografia Fisica e Rischio climatico all'Università di Camerino e Coordinatore del gruppo di studio sul cambiamento climatico (climetech) di REMTECH Europe e oordinatore del gruppo di studio sul rischio climatico della SIGEA-APS. Sono autore di 5 piani di adattamento comunali ai cambiamenti climatici (Ancona, Fermo, Senigallia, Cortina d’Ampezzo, Campobasso in via di pubblicazione), di numerosi PAESC; coautore di 3 libri, di tre carte geomorfologiche e di oltre 160 pubblicazioni scientifiche, la maggior parte delle quali su riviste Q1 e Q2. Inoltre svolgo il ruolo di chairman a numerosi congressi internazionali di meteorologia e climatologia.
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