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Pedofilo si fingeva “Giulia la Malvagia” per adescare bambine: “Senza scrupoli e privo di umanità”

“Senza scrupoli”, “privo di qualsiasi spirito di umanità” e teso a soddisfare “le proprie pulsioni sessuali”: è quanto si legge nelle motivazioni della sentenza del Tribunale di Lodi nei confronti di un 48enne che per tre anni ha abusato di alcune minorenni – adescate online – fingendosi una teenager dal nome “Giulia La Malvagia”.
A cura di Ilaria Quattrone
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"Senza scrupoli" e "privo di qualsivoglia spirito di umanità nei confronti della sofferenza delle ragazzine di cui aveva abusato": è quanto riportato nelle motivazioni della sentenza dei giudici del Tribunale di Lodi nei confronti di un uomo di 48 anni condannato lo scorso ottobre a 19 anni di carcere per aver abusato di tre ragazzine. I giudici lo hanno descritto come "una personalità negativa" e tesa "costantemente" a soddisfare "le proprie pulsioni sessuali". Per tre anni ha abusato delle minori minacciandole con "supposti malefici" e alle loro richieste d'aiuto ha dato come risposta "altri nuovi perversi atti sessuali spacciati come interventi di soccorso".

Le minacce e gli abusi

La storia ha inizio nel 2015 quando il 48enne crea un contatto su Whatsapp fingendosi una teeanger dal nome "Giulia La Malvagia". Dopo aver ottenuto il numero di telefono di una vicina minorenne, inizia a intrattenere conversazioni con lei. Da lei ottiene i numeri delle altre due vittime. Una volta conquistata la loro fiducia, inizia a minacciarle e plagiarle: se non avessero soddisfatto le sue richieste avrebbe ucciso loro e i genitori. Il 48enne dà così inizio agli abusi. Per tre anni le violenze si sono consumate nella casa dove l'uomo viveva con i genitori anziani che hanno sempre affermato di non essersi mai accorti di nulla. Per tre anni, l'uomo ha raccolto video e immagini tanto che dopo l'arresto gli inquirenti hanno sequestrato "una grande quantità di materiale pedopornografico".

L'arresto e la condanna a 19 anni

Nel 2018 le ragazzine decidono di confidarsi con un'insegnante facendo così partire le denunce e poi l'arresto. Una vicenda che il pubblico ministero Letizia Mannella della Procura di Milano fin da subito ha definito "raggelante". Il 6 ottobre 2020 è arrivata la condanna a 19 anni di carcere per violenza sessuale, corruzione di minore, sostituzione di persona e produzione e detenzione di materiale pedopornografico: la condanna più alta in Italia per i reati legati alla pedofilia.

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