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Nuurta, dalla Somalia a Milano: “Ecco come aiuto i ragazzi a integrarsi e le famiglie che non trovano i loro cari”

Nuurta, 53 anni, è una mediatrice culturale che fa da ponte tra l’Italia e la comunità somala. Stabilitasi a Milano durante le guerre civili del suo paese negli anni Novanta, oggi con la sua associazione Shukran Somalia aiuta i suoi concittadini che scelgono di lasciare l’Africa.
A cura di Matteo Lefons
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"Non sono mai andata a vivere da altre parti perché voi italiani siete tutti sorridenti". Così ha esordito a Fanpage.it Nuurta, donna somala di 53 anni, scappata dalla guerra civile degli anni Novanta con un visto turistico, che oggi lavora come mediatrice culturale. La sua associazione Shukran Somalia, è un punto di riferimento per la comunità somala di Milano, soprattutto per quelle persone che scelgono di affrontare il viaggio sui barconi e raggiungere l'Europa con la speranza di un futuro migliore. "Nel 2003 siamo andati a Roma per il funerale di quindici ragazzi ritrovati nel Mediterraneo, quell'evento mi ha scosso – confessa Nuurta -. Lì mi son chiesta: perché gli altri dovrebbero aiutare i miei concittadini se non lo facciamo noi per primi? Così è nata l'Associazione".

L'integrazione di Nuurta

Quando ci siamo incontrati, Nuurta mi aspettava per strada, davanti alla Casa delle Associazioni in zona Garibaldi, a Milano, dove Shukran Somalia offre lezioni di italiano, ma anche aiuti per risolvere tutte le questioni burocratiche che un migrante deve affrontare. Era insieme a un suo collaboratore conosciuto ai tempi della scuola superiore, che mi ha confidato di seguirla in ogni suo progetto. Sì perché, appena arrivata in Italia si è iscritta a scuola nonostante avesse già vent'anni. Ha imparato l'italiano, si è integrata, dopo dieci anni ha ottenuto la cittadinanza. Ci siamo accomodati su due sedie in un'aula vuota, senza tavolo. E abbiamo chiacchierato fino a quando il sole non ha deciso di abbandonarci. Da molti dei suoi discorsi si percepiva un profondo amore per l'Italia: "Ho vissuto più di metà della mia vita nella provincia di Milano, non penso di abbandonarla neanche in pensione. Magari farò sei mesi qui e sei mesi in Somalia".

Somalia produttrice di migranti

Oggi la Somalia è uno degli Stati più poveri del mondo, devastato da trent'anni di guerre civili dopo la crisi del regime di Siad Barre. Tanto da produrre tra i 2 e i 3 milioni di persone tra profughi e migranti economici (stime Onu/Unhcr), a partire dallo scoppio dei conflitti nel 1991. Durante il nostro incontro Nuurta mi ha confidato di star costruendo un ospedale in Somalia, ma anche di essere un punto di riferimento per le famiglie di chi parte per l'Europa: spesso non riescono a comunicare con i propri cari in viaggio e si rivolgono a lei, le chiedono di trovarli. Se i ragazzi non sopravvivono alla traversata, la sua associazione copre le spese per riportare la salma alla famiglia. "Noi siamo prima di tutto una comunità, quindi i miei concittadini sanno che possono rivolgersi a me per qualsiasi problema", conferma Nuurta.

Le due tragedie di chi parte per l'Europa

"La prima tragedia riguarda tutti i ragazzi che muoiono durante la traversata per l'Europa – afferma Nuurta – la seconda tragedia avviene dopo, quando finisce il periodo di integrazione (che dura 6 mesi per i richiedenti asilo, 12 mesi per chi ha lo status di profugo, ndr) e i ragazzi si trovano in balia di loro stessi in un posto che non conoscono, senza un tetto, spesso senza un lavoro. Lì iniziano a rubare per sopravvivere oppure a drogarsi. Alcuni mi dicono che se avessero saputo prima com'è la vita qui, sarebbero rimasti in Somalia". Proprio per contrastare questi fenomeni il ruolo di Nuurta e della sua associazione hanno un'importanza vitale per la sua comunità.

Le attività di Shukran Somalia a Milano

A Milano l'associazione Shukran Somalia lavora a stretto contatto con questure, tribunali, ospedali, centri di accoglienza. Tutti luoghi in cui capita di trovare ragazzi somali che non sono capaci di comunicare le loro esigenze perché non conoscono la lingua. Talvolta a Nuurta è capitato di entrare anche in carcere, ma devono essere i detenuti a richiederlo. "Una volta che i ragazzi dalla prigione chiedono di me, il mio obiettivo è di metterli in contatto con i genitori – rivela Nuurta – che magari non sentono da tre o quattro anni e non sanno neanche se siano vivi o morti. Io faccio da ponte tra le famiglie in Somalia e le persone in Italia". L'associazione organizza anche dei corsi di italiano: in molti ragazzi si iscrivono e frequentano le lezioni, altri capita che non si presentino perché trovano un lavoro e danno priorità al guadagno. "Io dico spesso loro – prosegue la mediatrice – di approfittare delle possibilità che noi offriamo, di prendersi il tempo di imparare non solo l'italiano, ma anche il rispetto delle leggi e delle tradizioni del paese che li ospita. Poi ci sarà tutto il tempo per lavorare".

L'integrazione degli stranieri

L'integrazione di chi riesce ad arrivare in Italia è un altro argomento delicato. Nuurta ci tiene a sottolineare che andrebbe cambiato il racconto sul tema immigrazione perché si parla sempre degli stranieri che hanno bisogno di aiuto, mai di quelli che contribuiscono a mandare avanti l'Italia, come quei 4,6 milioni che pagano le tasse (11 per cento dei contribuenti): "Io pago i contributi da quando lavoro, anche grazie ai miei soldi la gente va in pensione. Si parla sempre di chi consuma, mai di chi sostiene questo paese". Oltre alle ragioni umanitarie che dovrebbero mettere d'accordo tutti, i ragazzi da accogliere un giorno potrebbero trasformarsi a loro volta in contribuenti e quindi aiutare il paese che li ha aiutati. Però in fondo, nonostante politiche discutibili e qualche caccia verbale all'immigrato, Nuurta crede che l'Italia sia un posto accogliente e ci tiene a farmelo sapere.

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