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Negano il passaporto a un rifugiato, l’avvocato: “Leso un diritto inalienabile, la libertà di circolazione va difesa”

La Questura di Brescia ha negato a un rifugiato politico il documento di viaggio elettronico, una sorta di passaporto. La legge speciale per i rifugiati (D.Lgs. 251/2007) prevede che il rifiuto del documento possa avvenire soltanto per “gravissimi motivi attinenti la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico”. Su questo punto si è basato l’appello dell’avvocato Stefano Afrune che ha ricordato a Fanpage.it l’importanza della libera circolazione: “Un pilastro fondamentale per la dignità umana”.
A cura di Giulia Ghirardi
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Lamin (nome di fantasia), cittadino del Gambia al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato in Italia, ha fatto richiesta per ricevere un documento di viaggio elettronico, una sorta di passaporto per rifugiati, ma la Questura di Brescia ha rifiutato la sua richiesta a causa di una condanna passata. La legge speciale per i rifugiati (D.Lgs. 251/2007) prevede, però, che il rifiuto del documento di viaggio possa avvenire soltanto per "gravissimi motivi attinenti la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico". Proprio su questo punto si è basato l'appello presentato da Stefano Afrune, avvocato di Lamin, che ha ricordato a Fanpage.it l'importanza della libera circolazione che, secondo il legale, rimane e deve rimanere "un pilastro fondamentale per la dignità umana".

I documenti che Fanpage.it ha potuto visionare testimoniano che Lamin "ha ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato e un permesso di soggiorno per asilo" a ottobre 2023. Qualche mese dopo, a febbraio 2024, il rifugiato ha richiesto "il rilascio di un documento di viaggio elettronico", ma il Questore di Brescia ha rigettato l'istanza sulla base dell'art. 3 della legge 1185/1967 secondo il quale non possono ottenere il passaporto "coloro che debbano espiare una pena restrittiva della libertà personale o soddisfare una multa o un'ammenda". Tali motivazioni fanno riferimento al fatto che, quasi vent'anni fa, nel 2005 Lamin aveva patteggiato una pena a 3 anni e 2 mesi di reclusione e una multa di 8 mila euro. Da allora, il rifugiato ha "scontato la pena detentiva ma non risulta avere mai pagato la multa".

È a questo punto che, tramite l'avvocato Afrune, Lamin ha impugnato il provvedimento davanti al giudice. Il legale ha impostato l'appello sostenendo che non si debba fare riferimento alla legge del '67, bensì all'art. 24 del decreto legislativo 251/2007, il quale prevede che "il rilascio del documento di viaggio in favore dei rifugiati è rifiutato solo se sussistono gravissimi motivi attinenti la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico". Inoltre, Lamin ha spiegato di non aver pagato "la multa perché in difficoltà economica" con un ISEE di circa 8 mila euro.

Per questi motivi, "per il fatto che la pena pecuniaria ineseguita sia stata irrogata con sentenza di patteggiamento anziché di condanna", non possono "derivare quei gravissimi motivi attinenti la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico che soli giustificano il diniego del rilascio del documento di viaggio elettronico". Così, il 25 giugno scorso, il TAR della Lombardia ha accolto il ricorso presentato dall'avvocato Afrune e ha annullato il provvedimento impugnato che violerebbe i diritti e la dignità della parte interessata, in questo caso Lamin.

"Una sentenza importante che si colloca all'interno di una giurisprudenza che è conforme nel sanzionare quelle condotte della pubblica amministrazione che sono punitive nei confronti dei rifugiati politici", ha commentato il legale a Fanpage.it. "Una sentenza importante, anche e soprattutto, perché riconosce il diritto inalienabile della libertà di circolazione quale diritto di maggior rilievo rispetto a una norma – quella in materia di passaporti – di epoca fascista che ancora oggi non è stata abrogata, ma – di fatto – è stata sorpassata dalla giurisprudenza di legittimità".

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