Nascondono rifiuti speciali non trattati sotto il campo di allenamento del Como calcio: indagate 66 persone

Più di mille tonnellate di rifiuti speciali, non pericolosi, sarebbero stati utilizzati per la realizzazione del campo e del centro sportivo di allenamento del Como 1907 a Mozzate. È quanto emerso nella maxi inchiesta che il pubblico ministero Francesco De Tommasi, della Direzione distrettuale antimafia di Milano, ha appena concluso lo scorso 21 ottobre con l'invio di avvisi di garanzia per 66 persone e dieci società del settore della gestione dei rifiuti. L'indagine ha portato alla luce un presunto traffico di rifiuti speciali non pericolosi che sarebbero stati portati in discariche senza alcuna autorizzazione o, in casi come quello che riguarda la società calcistica di Como, "aggregati riciclati end of waste” senza averli sottoposti alla procedura prevista. Il Como 1907 sarebbe, comunque, parte lesa nella vicenda.
Durante le indagini della Procura di Milano, i carabinieri del nucleo Operativo ecologico hanno seguito tra il 2021 e il 2022 decine di trasporti di rifiuti non pericolosi destinati anche al cantiere del centro sportivo di Mozzate del Como 1907. Secondo l'accusa, qui oltre 1.300 tonnellate di "aggregati riciclati end of waste" in realtà mai trattati sarebbero stati impiegati come sottostrati per la realizzazione del campo di allenamento e per i lavori all'interno del centro. Tra i 66 indagati, a cui vengono attribuiti ruoli differenziati nella raccolta, gestione e smaltimento non a norma di rifiuti di vario genere, sono presenti i responsabili delle dieci società coinvolte e anche circa 30 autisti.
In particolare, la Dda contesta all'azienda La Nuova Terra di Milano di aver venduto alla società calcistica Como 1907 rifiuti classificati come minerali, rocce, sabbia e materiali misti presentati come "aggregati riciclati end of waste”. In realtà, sostiene l'accusa, sarebbero rifiuti provenienti da costruzione e demolizione che, però, non sarebbero mai stati sottoposti a un processo di recupero che ne avrebbe consentito il riutilizzo e la vendita.
A Giuseppe Ghezzi, invece, viene contestato l'aver gestito clandestinamente i rifiuti prodotti all’interno delle sue società per conferirli nel cantiere di Mozzate. In qualità di legale responsabile della Floricoltura Ghezzi di Rovellasca e amministratore della Ghema srl, la Procura lo ha accusato di aver trasportato "360 tonnellate di rifiuti", classificati come cemento, o "misti da attività di costruzione e demolizione" che sarebbero stati fittiziamente trasformati in aggregati riciclati. Anche in questo caso, però, non sarebbero state effettuate le operazioni di recupero previste. Una gestione che avrebbe portato all'azienda un "profitto illecito" di quasi 5.600 euro.