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Milano e il suo paradosso: cresce la popolazione, ma la classe media scappa e si trasferisce nell’hinterland

“L’hinterland si sta dotando di quelle funzioni urbane che un tempo erano esclusiva di Milano. È un processo che ricorda la crescita delle città satellite americane, città-satellite che diventano autonome dal centro originario. Il rischio è che questa crescita crei nuove esclusioni. Chi oggi si rifugia nell’hinterland per fuggire ai prezzi milanesi, domani potrebbe trovarsi escluso anche da questi mercati in rapida crescita”: a spiegarlo a Fanpage.it è l’esperto immobiliare Fabrizio Stella.
A cura di Ilaria Quattrone
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A Milano, dal 2010, la popolazione è cresciuta del 7 per cento. Contestualmente sono aumentati i costi degli affitti e delle compravendite. Considerato l'andamento, è plausibile ipotizzare che la città farà sempre più fatica a soddisfare il fabbisogno abitativo. "L'intero sistema abitativo milanese è sotto pressione estrema", ha spiegato a Fanpage.it Fabrizio Stella, esperto immobiliare ceo Prospettocasa.net. I prezzi delle abitazioni milanesi costringono inoltre molti cittadini a spostarsi sempre più fuori dai confini della città. I comuni dell'hinterland stanno infatti subendo un'importante crescita sia in termini di numero di residenti che, però, anche in termini di prezzi delle case: "La trasformazione dell'hinterland milanese in "nuove Milano" è un processo già in corso, alimentato da una combinazione esplosiva di fattori: l'esodo forzato dal capoluogo, i nuovi collegamenti infrastrutturali e una rivalutazione generale delle aree metropolitane. Assistiamo a una vera e propria metamorfosi urbana che sta ridisegnando il valore immobiliare dell'intera Lombardia", ha affermato Stella.

A Milano la popolazione è cresciuta del 7 per cento, nei prossimi anni, la città potrebbe non essere più in grado di soddisfare il fabbisogno abitativo?

La crisi abitativa Milano 2025 rappresenta un fenomeno senza precedenti. Con un +7 per cento di popolazione dal 2010 e oltre 212mila nuovi residenti ufficiali (dati ISTAT), l'intero sistema abitativo milanese è sotto pressione estrema.

Il dato più preoccupante emerge dal Piano Casa Milano 2023-2025: la città necessita di 80.000 nuove abitazioni entro il 2030. Un fabbisogno abitativo che richiede investimenti per 8 miliardi di euro solo per l'edilizia residenziale sociale.

La realtà è drammatica: oltre 50.000 famiglie in lista d'attesa per una casa popolare, mentre il bando alloggi Milano 2025 offre solo 500 alloggi. L'edilizia residenziale sociale Milano produce appena 630 nuove abitazioni all'anno, insufficienti rispetto alla domanda di housing sociale di Milano.

Il paradosso immobiliare milanese: quasi 6.000 case popolari vuote necessitano ristrutturazione, mentre migliaia non trovano un alloggio accessibile a Milano. L'Amministrazione ha introdotto l'obbligo del 40 per cento di housing sociale per progetti oltre 5.000 metri quadrati, ma l'offerta copre solo il 6,4 per cento delle famiglie target.

La vera emergenza riguarda 146.500 nuclei familiari che potrebbero sostenere canoni 50-80 euro/mq annuo, per cui l'offerta è inesistente. Milano rischia di espellere classi medie e giovani professionisti, compromettendo il proprio futuro economico.

Quali sono le zone in cui sono cresciuti maggiormente gli affitti?

Nel 2025 il mercato degli affitti a Milano registra aumenti significativi, guidati dalla domanda elevata e dal completamento della linea M4. Le zone con i rincari maggiori sono: il Centro storico (Duomo, Brera, Quadrilatero) con un +11,8 per cento e con canoni tra 30 e 34 euro/mq al mese. Bisceglie – Baggio – Olmi con +11,8 per cento,  Forlanini (M4): +11 per cento, Ponte Lambro – Santa Giulia: con +8,6 per cento. Il fenomeno degli affitti brevi (es. Airbnb) sottrae immobili al mercato residenziale, riducendo l’offerta e spingendo i canoni verso l’alto. Risultato: le classi medie e molti professionisti faticano a restare in città, compromettendo la sostenibilità economica della vita a Milano.

I prezzi degli affitti sono cresciuti del 30-40 per cento. Il rischio è che continueranno a farlo. È impossibile immaginare un modello Vienna per Milano che punti più all'edilizia sociale?

ll modello Vienna è considerato un riferimento europeo per le politiche abitative pubbliche, con oltre il 60 per cento della popolazione residente in alloggi sociali di qualità a canone calmierato. Trasporlo su Milano non è impossibile, ma richiederebbe una trasformazione profonda in termini di risorse, governance e visione politica.

Secondo le stime più recenti, Milano avrà bisogno di circa 80.000 nuove abitazioni entro il 2030. Realizzarne anche solo la metà in edilizia sociale comporterebbe un investimento di circa 8 miliardi di euro, una cifra largamente superiore agli attuali stanziamenti previsti dal Piano Casa Italia 2025, che prevede 660 milioni a livello nazionale.

L’offerta attuale di Edilizia Residenziale Sociale copre soltanto la fascia intermedia della popolazione, con canoni compresi tra 80 e 100 euro al metro quadro annuo, lasciando completamente scoperta la fascia più fragile, che potrebbe sostenere solo canoni tra 50 e 80 euro/mq. In quest’area si concentra la domanda di almeno 146.000 nuclei familiari milanesi. Anche i progetti più avanzati – come il COIMA Housing Fund, che prevede la realizzazione di 8.000 unità abitative – coprirebbero al massimo il 10 per cento del fabbisogno stimato.

Il paradosso è evidente: Milano produce ricchezza e PIL a livelli europei, ma un quarto delle famiglie fatica ad accedere a un alloggio dignitoso. Per invertire questa tendenza non bastano misure tecniche o interventi parziali: serve una decisione politica chiara e coraggiosa, che riconosca l’abitazione come diritto sociale primario e non come semplice asset di mercato.

È plausibile che con l'aumento ulteriore degli affitti, le classi medie vengano spinte sempre più nell'hinterland?

Il fenomeno dello spostamento delle classi medie verso l'hinterland non è più una possibilità futura, ma una realtà consolidata che sta ridisegnando la mappa sociale della Lombardia. Nel 2023, oltre 15.400 residenti milanesi hanno trasferito la propria residenza nella provincia, un dato in crescita del 9,7 per cento rispetto al 2019. Stiamo assistendo a un vero e proprio esodo silenzioso che racconta la storia di una città che si sta facendo sempre più esclusiva.

I numeri parlano chiaro e delineano un quadro che non lascia spazio a interpretazioni ottimistiche. Nell'hinterland milanese le case costano mediamente il 51 per cento in meno rispetto al capoluogo: €2.263 al metro quadro contro i €5.791 di Milano. Non si tratta solo di una differenza di prezzo, ma di uno spartiacque sociale che determina chi può rimanere in città e chi deve cercare alternative.

La matematica del mercato immobiliare è spietata: con un budget di 300.000 euro a Milano si può acquistare un appartamento nuovo di appena 40 metri quadri, mentre nell'hinterland la stessa cifra garantisce 97 metri quadri di media. Per una famiglia con figli, la scelta diventa obbligata: rimanere in città significa rinunciare a spazi dignitosi, trasferirsi in provincia significa mantenere qualità abitativa accettabile.

Questa migrazione forzata sta creando una nuova geografia sociale. I dieci comuni dell'hinterland più ricercati – Sesto San Giovanni, Legnano, Rho, Cinisello Balsamo, Corsico, Paderno Dugnano, Cologno Monzese, Bollate, Abbiategrasso e San Giuliano Milanese – stanno vivendo una crescita demografica senza precedenti.

Ma questo esodo ha conseguenze profonde sulla struttura sociale milanese. La città rischia di perdere quella classe media che ne ha sempre costituito il tessuto connettivo: insegnanti, infermieri, impiegati, giovani professionisti. Sono proprio queste figure che garantiscono il funzionamento quotidiano di una metropoli, eppure vengono sistematicamente espulse da dinamiche di mercato che privilegiano chi può permettersi prezzi sempre più elevati.

Il pendolarismo forzato diventa così una tassa occulta sulla mobilità sociale. Chi non può permettersi Milano deve sobbarcarsi ore di trasporti pubblici, costi aggiuntivi per benzina e mezzi, stress da spostamenti quotidiani. È una spirale che impoverisce la qualità della vita e crea nuove forme di disuguaglianza territoriale.

L'hinterland si trasforma così da area residenziale di scelta in zona di rifugio forzato, con il rischio di creare satelliti urbani privi di identità e servizi adeguati, dove si dorme ma non si vive realmente.

I comuni dell'hinterland potrebbero diventare nei prossimi anni, in termini di costi di affitti e vendite, delle nuove Milano? Quali sono quelli in cui sono cresciuti maggiormente i prezzi?

La trasformazione dell'hinterland milanese in "nuove Milano" è un processo già in corso, alimentato da una combinazione esplosiva di fattori: l'esodo forzato dal capoluogo, i nuovi collegamenti infrastrutturali e una rivalutazione generale delle aree metropolitane. Assistiamo a una vera e propria metamorfosi urbana che sta ridisegnando il valore immobiliare dell'intera Lombardia.

Monza guida questa trasformazione con un aumento del 7% nei prezzi delle nuove costruzioni, raggiungendo i 3.444 euro al metro quadro. Ma è nella zona Nord di Monza che il fenomeno raggiunge picchi impressionanti: +9% con valori che toccano i 3.869 euro al metro quadro. La vicinanza al Parco di Monza, la presenza dell'Autodromo e soprattutto i collegamenti diretti con Milano tramite ferrovia fanno di Monza la "piccola Milano" per eccellenza.

Trezzano sul Naviglio detiene il record assoluto con un incremento del 50% dal 2019, un dato che fotografa una vera e propria esplosione speculativa. Questo comune, un tempo considerato periferia industriale, si è trasformato in un'area residenziale molto richiesta grazie ai progetti di rigenerazione urbana e alla vicinanza ai Navigli.

La geografia del rincaro disegna cerchi concentrici attorno a Milano. Sesto San Giovanni, con i suoi 3.058 euro al metro quadro, rappresenta il caso paradigmatico di questa trasformazione. Un tempo "Stalingrado d'Italia" per la forte presenza industriale, oggi si sta reinventando come città universitaria e residenziale, beneficiando della presenza dell'Università Statale e di progetti di riqualificazione urbana ambiziosi.

La nuova linea M5, che collegherà Milano a Monza, sta già producendo effetti anticipatori sui prezzi immobiliari di tutti i comuni attraversati. È il fenomeno della "capitalizzazione infrastrutturale": ogni nuovo collegamento con Milano diventa un moltiplicatore di valore per le aree interessate.

Rho (2.437 €/mq), Cinisello Balsamo (2.426 €/mq), Corsico (2.636 €/mq) e Paderno Dugnano (2.461 €/mq) stanno vivendo una crescita costante che li sta progressivamente allineando ai valori delle zone periferiche milanesi di qualche anno fa.

Ma la vera rivoluzione è qualitativa. Questi comuni non stanno solo aumentando i prezzi, stanno cambiando identità. Nuovi centri commerciali, uffici, servizi, università decentrate: l'hinterland si sta dotando di quelle funzioni urbane che un tempo erano esclusiva di Milano. È un processo che ricorda la crescita delle città satellite americane, città-satellite che diventano autonome dal centro originario.

Il rischio è che questa crescita crei nuove esclusioni. Chi oggi si rifugia nell'hinterland per fuggire ai prezzi milanesi, domani potrebbe trovarsi escluso anche da questi mercati in rapida crescita, innescando una spirale che spinge sempre più lontano dal centro economico della Lombardia.

Le inchieste sull’urbanistica potrebbero avere tra gli effetti il possibile aumento dei prezzi degli affitti?

Le inchieste giudiziarie sull'urbanistica milanese potrebbero innescare un effetto paradossale: nel tentativo di moralizzare il settore edilizio, rischiano di aggravare la crisi abitativa già drammatica della città. È un caso emblematico di come la giustizia, pur perseguendo obiettivi legittimi, possa produrre conseguenze economiche e sociali impreviste.

La matematica del mercato immobiliare è implacabile: se l'offerta si riduce mentre la domanda rimane costante o in crescita, i prezzi non possono che salire. Federico Fubini sul Corriere della Sera è stato profetico: "Nel caso in cui le inchieste dovessero produrre l'effetto collaterale di un rallentamento dello sviluppo immobiliare, allora diventa più probabile un'ulteriore accelerazione dei prezzi delle case".

Milano vive già una situazione di scarsità cronica dell'offerta abitativa. La città attrae oltre 200.000 studenti universitari, migliaia di giovani professionisti, manager internazionali, ma la produzione di nuove abitazioni non riesce a tenere il passo. L'esperienza dell'ultimo quindicennio dimostra che l'afflusso di nuove persone a Milano continua a correre più che nelle altre grandi città.

Un blocco o rallentamento dei cantieri edilizi significherebbe meno appartamenti disponibili sul mercato, proprio nel momento in cui la domanda resta sostenuta. I "decreti Salva Milano" diventano così cruciali non solo per la legalità urbanistica, ma per la tenuta sociale della città. Senza nuove costruzioni, la pressione sui prezzi degli affitti esistenti diventerebbe insostenibile.

Il paradosso è che Milano si trova stretta tra due necessità apparentemente incompatibili: garantire la legalità nelle costruzioni e rispondere all'emergenza abitativa. Il rischio è che la giustizia, pur sacrosanta nei suoi principi, produca l'effetto collaterale di rendere la città ancora più inaccessibile per le classi medie.

La questione tocca anche il mercato degli affitti brevi. Se i progetti di nuovi studentati o residenze temporanee subissero rallentamenti, la pressione su Airbnb e affitti turistici potrebbe ulteriormente sottrarre alloggi al mercato residenziale tradizionale, alimentando la spirale inflazionistica.

È una situazione che richiede equilibrio e tempestività. Le inchieste devono fare il loro corso, ma il sistema politico e amministrativo deve trovare soluzioni rapide per evitare che la ricerca della legalità si trasformi in una punizione per chi cerca casa a Milano. Il tempo è un fattore critico: ogni mese di blocco edilizio si traduce in mesi di prezzi più alti per inquilini e acquirenti.

Milano è certamente in controtendenza rispetto alle altre città italiane. Questo potrebbe portare a una frattura tra la città e il resto del Paese?

La frattura tra Milano e il resto d'Italia non è più una possibilità futura, ma una realtà drammaticamente presente che sta ridefinendo gli equilibri del Paese. I numeri raccontano una storia di divergenza inarrestabile. Milano cresce del 7 per cento in popolazione mentre l'Italia complessivamente perde abitanti e fatica a rilanciare i suoi centri urbani. Ma questa crescita demografica è solo la punta dell'iceberg di un fenomeno molto più profondo: Milano sta diventando una città-stato che compete più con Londra, Francoforte e Parigi che con Roma, Napoli o Torino.

La geografia dell'attrazione milanese disegna una mappa impietosa dello spopolamento nazionale. Napoli, Bari e Palermo hanno perso oltre 200.000 residenti dal 2010, mentre le grandi capitali del Mezzogiorno registrano un esodo di giovani in doppia cifra. Ma il fenomeno non risparmia nemmeno il Nord: Genova ha perso 50.000 persone (-6%), Torino 60.000 (-3%). È un trasferimento silenzioso ma massiccio di risorse umane, competenze e capitali verso l'unico centro italiano capace di competere globalmente.

Il mercato immobiliare fotografa questa divergenza in modo cristallino. Un investimento di 100.000 euro nel mattone milanese rende il 21 cento in più rispetto a Genova, il 16 cento più di Torino, il 15 cento più di Roma. Non sono differenze marginali, ma divari strutturali che riflettono economie a velocità diverse.

Milano ha anticipato di cinque anni la ripresa immobiliare rispetto alle altre metropoli italiane, dimostrando una resilienza e una capacità di attrazione uniche. Secondo l'ISTAT, il differenziale tra Milano e Roma è ormai di 50 punti percentuali, mentre su Torino è di 43 punti.

Questa divergenza ricorda drammaticamente il caso Londra-Brexit. "La traiettoria di Milano ricorda quella seguita da Londra nel Regno Unito, città globale che ha finito per generare una frattura col proprio Paese sfociata nella Brexit". Una capitale economica che cresce troppo velocemente rispetto al resto del territorio rischia di creare tensioni sociali e politiche esplosive.

Il paradosso italiano è che Milano rappresenta simultaneamente la più grande risorsa e il più grande problema del Paese. È l'unica città italiana capace di attrarre investimenti internazionali, talenti globali, capitali esteri. Ma questa capacità di attrazione sottrae risorse al resto d'Italia, creando un circolo virtuoso per Milano e vizioso per il resto del territorio.

La sfida politica diventa quindi doppia: come governare il successo milanese senza soffocare la sua competitività globale, e come redistribuire i benefici di questo successo verso territori che rischiano l'abbandono e lo spopolamento. È una questione che tocca i fondamenti dell'unità nazionale e richiede una visione strategica che oggi appare assente dal dibattito politico italiano.

Si può parlare di bolla immobiliare a Milano?

Parlare di bolla immobiliare a Milano significa confondere una crescita strutturale basata su fondamentali economici solidi con una speculazione finanziaria priva di sostanza. I dati dimostrano che ci troviamo di fronte a una rivalutazione giustificata da trasformazioni economiche e sociali profonde, non a un fenomeno speculativo destinato a scoppiare.

La crescita dei prezzi immobiliari milanesi ha radici economiche concrete e verificabili. Il PIL dell'area metropolitana milanese è cresciuto del 9,9% tra il 2019 e il 2024, con un tasso doppio rispetto all'Italia e superiore alla Lombardia. La sola città metropolitana di Milano produce quasi la metà del PIL regionale e il 10% di quello nazionale. Questi non sono numeri di una bolla, ma di una trasformazione economica reale.

Milano è diventata l'unica città italiana capace di competere a livello europeo, attirando headquarters di multinazionali, investimenti esteri, talenti internazionali. Il tasso di occupazione è cresciuto molto più che nel resto d'Italia, e le stime di Assolombarda prevedono che l'occupazione continuerà a crescere anche nel 2025. Un mercato del lavoro dinamico e in espansione giustifica prezzi immobiliari elevati.

Il timing della crescita immobiliare milanese è un altro elemento che esclude l'ipotesi bolla. Milano ha iniziato la ripresa del mercato immobiliare già nel 2015-2016, un quinquennio prima di tutte le altre grandi città italiane. Questa anticipazione indica una crescita organica basata su fattori economici reali, non su speculazioni di breve periodo.

L'offerta immobiliare milanese è strutturalmente scarsa rispetto alla domanda. La città produce solo 630 nuove abitazioni convenzionate all'anno a fronte di un fabbisogno stimato di 80.000 unità entro il 2030. Questa scarsità strutturale sostiene i prezzi in modo naturale, senza bisogno di meccanismi speculativi artificiali.

I fattori di crescita futuri confermano la solidità del mercato. Le Olimpiadi 2026 sono un catalizzatore, non una causa della crescita. I progetti di rigenerazione urbana (Scalo Porta Romana, CityLife, sviluppi M4) creano valore reale attraverso nuove infrastrutture e servizi. L'attrazione universitaria (54.000 nuovi studenti nella fascia 18-25 anni) garantisce domanda strutturale per il futuro.

Una vera bolla immobiliare si caratterizza per crescite esplosive senza giustificazioni economiche, accesso al credito facilitato e distorsioni speculative. A Milano osserviamo invece crescite moderate e costanti (+1,39% annuo secondo Immobiliare.it), criteri di accesso al credito selettivi e investimenti basati su analisi economiche razionali.

Il post Olimpiadi potrebbe portare a una battuta d'arresto e all'eventuale esplosione di una possibile bolla immobiliare?

L'ipotesi che le Olimpiadi 2026 possano innescare una bolla destinata a scoppiare nel post-evento rivela una comprensione superficiale delle dinamiche che governano il mercato immobiliare milanese. Le Olimpiadi non sono la causa della crescita immobiliare di Milano, ma semplicemente un acceleratore di processi già in corso da oltre un decennio.

La cronologia dei fatti smentisce categoricamente la teoria della "bolla olimpica". Milano ha iniziato la sua ripresa immobiliare nel 2015-2016, ben prima dell'assegnazione dei Giochi Invernali del 2026. La crescita demografica del 7% e l'arrivo di 212.000 nuovi residenti sono fenomeni iniziati nel 2010, quando delle Olimpiadi non si parlava nemmeno. I fondamentali economici che sostengono il mercato immobiliare milanese sono indipendenti dall'evento sportivo.

L'esperienza internazionale dimostra che le Olimpiadi moderne non creano bolle immobiliari, ma consolidano trasformazioni urbane già in corso. Londra 2012 ha accelerato la riqualificazione dell'East End, un processo che continua ancora oggi. Parigi 2024 ha completato progetti di rigenerazione urbana che erano nei piani della città da decenni. Le Olimpiadi diventano l'occasione per realizzare investimenti strutturali che altrimenti richiederebbero tempi molto più lunghi.

I progetti olimpici milanesi confermano questa logica. Il Villaggio Olimpico di Porta Romana si trasformerà in studentato con 1.700 posti letto, rispondendo a un'esigenza strutturale della città che ha 200.000 universitari e solo 11.000-14.500 posti letto disponibili. Non è speculazione, è pianificazione urbana intelligente che utilizza l'evento sportivo per risolvere problemi preesistenti.

La trasformazione dello Scalo di Porta Romana proseguirà ben oltre il 2026, creando un nuovo quartiere residenziale e direzionale che risponde alla domanda strutturale di spazi nella città. Questi progetti hanno orizzonte temporale pluridecennale e logiche economiche autonome rispetto all'evento olimpico.

Il mercato immobiliare milanese è sostenuto da fattori strutturali che non scompariranno con la fine dei Giochi. L'attrattività universitaria continuerà a portare migliaia di giovani ogni anno. Gli investimenti internazionali proseguiranno perché Milano è diventata l'unico hub italiano capace di competere globalmente. Le multinazionali che hanno scelto Milano come sede europea non se ne andranno il 27 febbraio 2026.

Semmai, il post-Olimpiadi potrebbe accelerare ulteriormente la crescita immobiliare. Le nuove infrastrutture (completamento M4, nuovi collegamenti) resteranno operative. I quartieri riqualificati manterranno la loro attrattività. L'immagine internazionale rafforzata dall'evento olimpico continuerà a portare investimenti e talenti.

L'unico rischio reale è che il successo olimpico acceleri ulteriormente l'esclusione sociale delle classi medie, rendendo Milano ancora più cara e inaccessibile. Ma questo non è il sintomo di una bolla che scoppia, piuttosto di una crescita che va governata attraverso politiche pubbliche adeguate.

Il post-Olimpiadi milanese assomiglierà più al post-Expo 2015 che a uno scenario di crollo. L'Expo ha lasciato in eredità CityLife, nuove infrastrutture, maggiore attrattività internazionale. Le Olimpiadi lasceranno quartieri riqualificati, nuove residenze, infrastrutture sportive permanenti e un'immagine rafforzata.

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