Maschera licenziata dalla Scala di Milano per aver gridato “Palestina Libera”: cosa accadrà oggi durante l’udienza

Gridò "Palestina Libera" alla Scala durante l'ingresso della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e fu licenziata. Questa mattina, mercoledì 24 settembre, si sta tenendo la prima udienza del ricorso che la maschera ha scelto di presentare contro la decisione dei suoi datori di lavoro, cioè il Teatro La Scala di Milano. Davanti al Palazzo di Giustizia, il sindacato Cub (Confederazione unitaria di base) ha formato un presidio per sostenere la lavoratrice. "Chiediamo alla Scala – si legge nel comunicato di Cup – e in particolare al presidente del c.d.a. Giuseppe Sala, di reintegrare la lavoratrice e riconoscerle i danni subiti. Gridare “Palestina Libera” non è reato: nessuno deve essere licenziato!"
La vicenda
Lo scorso 4 maggio, una maschera del Teatro La Scala, cioè quella figura che si occupa dell'accoglienza e dell'assistenza della platea durante gli spettacoli, ha gridato "Palestina Libera" mentre la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni stava entrando in sala. L'evento era il concerto inaugurale, non aperto al pubblico, della 58esima assemblea dell’Asian Development Bank, organizzato dal MEF (Ministero dell'Economia e delle Finanze). La banca in questione vede come 69esimo membro Israele e il rappresentante che cura i rapporti tra Adb e lo stato ebraico è Bezalel Smotrich, ministro delle finanze, leader di estrema destra e colono nei territori illegalmente occupati in Cisgiordania. Per tutte queste ragioni il gesto della maschera è stato punito severamente, prima con l'espulsione dal teatro, poi con il licenziamento.
Il punto di vista dell'avvocato
Come aveva spiegato a Fanpage.it l'avvocato Gianni Giovannelli, legale della maschera, l'Asian Development Bank è nata con lo scopo di aiutare in paesi in difficoltà, ma "muove investimenti che interessano diversi governi, compreso quello italiano. La decisione della premier Meloni e del Ministro Giorgetti di partecipare a questo evento deriva proprio da qui, dagli interessi economici e diplomatici che interessano il governo italiano, compreso quelli con Israele". Il gesto della maschera non era altro che il dissenso di un cittadino verso il suo governo, complice di tessere relazioni con chi commette un genocidio. Per questo ha perso il lavoro. Da oggi si capirà se potrà essere reintegrata e/o risarcita per i danni di un licenziamento che i sindacati considerano di matrice politica.