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L’uomo gambizzato da Baby Gang e Simba La Rue a Fanpage.it: “Sono persone violente e senza cervello”

Alassane Pathe Mbaye è uno dei ragazzi gambizzati il 3 luglio 2022 da un un gruppo di persone in cui c’erano anche il rapper Baby Gang e Simba La Rue: “Voglio che giustizia sia fatta e soprattutto vorrei che queste cose non succedessero più”, ha detto a Fanpage.it.
A cura di Ilaria Quattrone
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Alassane Pathe Mbaye è uno dei due ragazzi che il 3 luglio 2022 è stato gambizzato da un gruppo di persone, tra le quali ci sarebbero stati anche i rapper Baby Gang e Simba La Rue. A ottobre i due cantanti e altri sette ragazzi sono finiti in manette con l'accusa di aggressione a colpi di arma da fuoco. L'artista Baby Gang, in alcune dichiarazioni spontanee fornite al giudice per le indagini preliminari Guido Salvini, avrebbe detto di aver portato con sé una pistola perché spaventato dall'ipotesi che i due ragazzi potessero rapinarlo di alcune collanine d'oro.

Accuse che sono state respinte dalla vittima e che non sono state nemmeno accolte dal Tribunale del Riesame: "La visione dei filmati e il contenuto delle intercettazioni – hanno scritto i giudici – indicano che gli indagati, in numero nettamente superiore e armati di un'arma comune da sparo con cui i due sono stati colpito, abbiano inteso "sanzionare" un affronto piuttosto che difendersi da una aggressione o da un ritenuto pericolo".

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Mbaye è stato raggiunto da Fanpage.it e in un'intervista ha raccontato l'escalation di violenze, la solitudine e la paura provata sia prima del 3 luglio che dopo: "Voglio che giustizia sia fatta e soprattutto vorrei che queste cose non succedano più".

Cos'è successo il 3 luglio 2022 in via Tocqueville a Milano? 

Il 3 luglio, mi trovavo all'11 Clubroom in via Tocqueville, in compagnia di un amico e alcune amiche. Una volta uscito dal club, un ragazzo ha urtato molto violentemente la mia amica. L'ho fermato subito e gli ho detto di chiederle immediatamente scusa.

Questo ragazzo ha dato di matto e ha iniziato urlare e a insultarmi. Ho iniziato a vedere movimenti strani: persone che entravano in macchina ed estraevano cose. Mentre camminavo ho visto il mio amico, l'altro che è stato aggredito, che era già circondato da un bel gruppo di questi ragazzi. A quel punto, dopo che mi sono assicurato di aver messo le ragazze in disparte, sono corso in suo aiuto.

Loro lo stavano già attaccando e picchiando molto violentemente. Io ho usato una pistola scacciacani: si erano già verificati episodi, prima di quella sera, che mi hanno portato a comprarne una.

Chi c'era in questo gruppo di persone che ti hanno aggredito? 

Ho saputo dopo che c'erano Baby Gang e Simba La Rue. Prima di allora, non conoscevo questi personaggi. C'era anche uno dei manager, che si chiama Da Silva, che conosco di vista.

Perché avevi con te una pistola scacciacani? 

Perché nei mesi precedenti al 3 luglio, mi hanno aggredito. Una volta in corso Buenos Aires, in pieno giorno, dove mi hanno minacciato con una pistola. In quell'occasione sono andato immediatamente a denunciare. Ho dato tutte le informazioni che avevo: nome, cognome e anche i numeri di telefono e il profilo Instagram di coloro che mi avevano minacciato. E non è successo niente.

Queste persone che ti avevano aggredito facevano parte sempre del gruppo che ti ha aggredito il 3 luglio? 

Sicuramente sono connessi e alcuni di quelli che mi hanno aggredito in corso Buenos Aires c'erano quella sera. Penso che la notte del 3 luglio quei ragazzi non erano lì per caso. Hanno volutamente urtato la mia amica. Hanno cercato in tutti i modi di avere uno scontro con noi. Quindi erano sicuramente stati mandati contro di me.

Ma perché ti hanno aggredito in corso Buenos Aires? C'era un rapporto tra voi prima di queste aggressioni?

Sì, conoscevo uno di loro. Pensavo fosse un amico perché ci frequentavamo abbastanza spesso. Gli ho prestato soldi, mettendo la mia carta di credito in garanzia, per aiutarlo a prendere un appartamento a Milano. Abitazione che poi è andata distrutta: ho dovuto pagare infatti altre somme.

Sono soldi che sono tutti dichiarati nelle denunce. Non ho mai chiesto indietro quei soldi non perché non mi servissero, ma perché mi dicevo: ‘Questo è un amico poi me li ridà'. Lui mi assicurava sempre che me li avrebbe ridati, cosa che però non ha mai fatto. La violenza è scattata quando gli ho dato una data di scadenza dicendo che avrebbe dovuto restituirmeli altrimenti sarei andato a denunciarlo.

Anche perché io avevo tutte le prove che non si trattasse di soldi sporchi, ma che uscivano dalla banca. In quel momento è diventato molto violento e ha iniziato a minacciarmi.

Una volta mi trovavo in un ristorante. Sei persone mi hanno aggredito con coltelli e bottiglie. È intervenuta la polizia. Ho denunciato di nuovo e non è successo niente. Queste persone giravano ancora indisturbate venendo sotto casa mia, facendo alcune fotografie alla porta, dicendo: ‘Ti aspettiamo qua finché non scendi o muori tu o moriamo noi'. Io vivevo nel terrore.

Ti sei sentito solo in quel periodo in cui eri perseguitato? 

Mi sono sentito così solo da andare a comprare una pistola scacciacani. In quel momento avevo un bimbo di due mesi. Era molto triste dover girare con una pistola scacciacani per la paura di essere attaccato.

E il 3 luglio ti hanno sparato?

Sì, due volte in entrambe le gambe. Il proiettile mi ha trapassato la coscia ed è fuoriuscito. Un altro è entrato da dietro mentre stavo correndo. Mi hanno sparato un altro colpo: il proiettile è rimasto bloccato nella tibia e lo hanno dovuto rimuovere con un intervento chirurgico.

In tutto quell'inferno, quando uno dovrebbe sentirsi un po' protetto, è successo che uno dei soccorritori dell'ambulanza mi ha detto: ‘Stai esagerando, è giusto un graffio'. Non sapevano che ci fosse un proiettile dentro la gamba destra e nell'altra era fuoriuscito da dietro. Se ne sono accorti dopo. Infatti sono stato trasferito in codice verde in ospedale.

La cosa più triste è che quando è arrivata la polizia ho subito cercato di spiegargli che queste persone erano già note, viste le mie precedenti denunce. Ma nessuno mi ha mai ascoltato e  quella sera non mi hanno neanche chiesto chi mi avesse sparato. Hanno voluto chiudere la cosa lì e processarmi in direttissima per rissa aggravata.

Infatti io dall'ospedale non sono mai stato ricoverato, ma sono stato sempre al pronto soccorso, per più di 30 ore, e mi hanno fatto l'intervento in pronto soccorso e poi portato con la polizia in camera di sicurezza. Il giorno dopo mi hanno processato per direttissima, ma mi hanno subito assolto.

Ti hanno riconosciuto scriminante della legittima difesa, giusto? 

Sì, esatto.

Con te c'era anche un tuo amico, hanno sparato anche lui.

E non solo. Lo hanno ferito gravemente alla testa, come avete visto nei video.

Durante alcuni interrogatori il rapper Baby Gang avrebbe detto che anche lui si stava difendendo perché pensava che volevate rapinarli. Come rispondi? 

Io personalmente posso regalargli cose senza doverlo rapinare.

È duro il percorso di ripresa? 

È molto duro. Non è da tutti i giorni essere sparati e non essere tutelati da chi dovrebbe farlo.

Hai ancora paura? 

Sì, con la paura ormai penso che ci conviviamo tutti, perché queste persone sono molto violente e senza cervello.

Il ragazzo è difeso dagli avvocati Ismaele Brancaccio e Vincenzo Esposito. I legali, a Fanpage.it, hanno denunciato le terribili violenze istituzionali e fisiche che il ragazzo ha subito. Hanno poi respinto, come il suo assistito, l'accusa di rapina che gli è stata rivolta dal trapper Baby Gang.

"A mio parere è una tesi assurda, che è stata già smentita dal gip allorquando aveva rigettato la richiesta di sostituzione della misura cautelare. Si vorrebbe far credere che il nostro assistito – spiega a Fanpage.it Brancaccio – avrebbe cercato di rapinare questa persona che al contempo era difeso da una decina di amici e dai suoi bodyguard".

"Il ragazzo è stato in questo procedimento assolto perché gli è stato riconosciuto la scriminante della legittima difesa. Non è possibile che due persone si stiano cercando di auto-difendere contemporaneamente, è una versione completamente falsa, smentita dalla documentazione e dalle immagini". In accordo con lui, il collega e altro legale del giovane gambizzato, Vincenzo Esposito.

"Se il nostro cliente veramente voleva rapinare il rapper, quest'ultimo non poteva comunque attentare alla sua vita perché l’azione non è proporzionata. Oltre che incompatibile dal punto di vista logico, non è sostenibile dal punto di vista giuridico".

E come raccontato da Mbaye a testimoniare il clima di tensione e terrore in cui era costretto a vivere, sono ben due denunce: "In questo caso non c’entra nulla il rapper Baby Gang – spiega il legale Brancaccio -, però gran parte di queste persone che hanno partecipato all’aggressione avevano già attentato alla vita del nostro assistito che aveva prontamente denunciato alla polizia: abbiamo due denunce, una fatta il 24 marzo 2022 e una il 24 maggio 2022".

Nessuno, così come raccontato dagli avvocati e dal ragazzo, avrebbe fatto nulla per proteggerlo tanto da essere costretto ad acquistare una pistola scacciacani per proteggersi. Mbaye è stato lasciato solo prima dell'aggressione e purtroppo anche dopo quando, con ferite alle gambe, è stato processato per direttissima e costretto ad andare a processo nonostante gli fosse stata data una prognosi di quindici giorni.

"Il giorno dopo ha dovuto fare l’udienza con attacchi di ansia e panico perché aveva delle ferite lacero-contuse alle gambe, e nonostante questo il giorno dopo ha dovuto fare il processo. È una scena che dal punto di vista professionale – spiega ancora Brancaccio – non potrò dimenticare. Averlo visto il giorno dell’udienza in quelle condizioni che non riusciva a camminare, senza una scarpa, è una scena che ha fatto ribrezzo. Ha dovuto comunque subire un processo. Questo è un qualcosa che a me ha messo tristezza considerato che le altre persone erano tutte a piede libero. Quella persona doveva essere tutelata invece è stata processata".

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