Lo scrittore Roversi: “Dal mostro di Bagnera al serial killer Boggia, ecco perché Milano è perfetta per il noir”

Paolo Roversi, classe 1975, è nativo di Suzzara (Mantova), ma vive a Milano. Scrittore e sceneggiatore, è un giallista, uno degli esponenti del cosiddetto "noir metropolitano". Diversi i romanzi pubblicati. Protagonisti, da una parte, il giornalista "hacker" Enrico Radeschi, dall'altra il
commissario Luca Botero, detto Amish, perché avverso alle innovazioni della società contemporanea. I suoi romanzi sono tradotti in
Spagna, Francia, Germania, Polonia, Serbia Repubbliche Ceca e Slovacca, Stati Uniti e in lingua araba.
Paolo, in "L'enigma Kaminski" con il Commissario Botero e ne "L'innocenza dell'iguana" con Enrico Radeschi, potremmo trovare una sorta di duello tra tecnologia e tradizione? È così?
È assolutamente così. Il personaggio che porto in giro da più tempo e che l'anno prossimo compirà 20 anni, vale a dire Enrico Radeschi, è appunto un giornalista "hacker" che adora la tecnologia e fa di questa la sua bandiera. Cerca di risolvere tutti i casi con l'informatica. Quando ho pensato di iniziare una nuova serie per Mondadori, mi sono detto che non potevo fare un suo clone.
Non aveva senso. Ecco allora che ho fatto esattamente l'opposto: ho creato il commissario Botero. Tutto quello che c'è in Radeschi, non c'è in Botero e viceversa. Botero è uno Sherlock Holmes moderno che però non può usare la tecnologia. Questa è la cartina tornasole di tutto perché, se ci pensiamo, i romanzi di Simenon con il Commissario Maigret sono come quelli del mio Botero, però nella Milano di oggi senza l'aiuto della tecnologia. Ci sono, quindi, sempre dei casi in cui non ci sono telecamere di sorveglianza né la più potente tecnologia. Usa la più logica deduzione e risolve i casi come appunto avrebbe fatto Sherlock Holmes o Maigret o il tenente Colombo.
In questa sorta di duello c'è un vincitore? O lo sceglie il lettore? E tu da che parte stai?
È come chiedere a un genitore di scegliere tra i suoi figli. Non si può fare. Ovviamente, avendo scritto undici gialli con protagonista Radeschi, la
maggior parte dei lettori era propensa a scegliere lui. Adesso, con Botero, ci sono i due schieramenti: chi preferisce l'uno, chi l'altro. Poi molti li leggono entrambi. Potremmo dire che è una bella competizione sportiva.
Entrambi i romanzi che ho citato sono ambientati a Milano. Che spunti ti fornisce per i tuoi gialli la città in cui vivi?
Moltissimi. Ormai sono 25 anni che vivo a Milano e, ogni volta, mi stupisco anche nel vedere la città che cambia. Nella serie di Radeschi, ho riportato come la città era prima e dopo l'Expo. Questa città è in continuo cambiamento, è dinamica, viva; è un luogo dove succedono le cose ed è quindi ricca di spunti, di persone, di turisti: c'è la moda, la cultura, la finanza, c'è la Borsa, la movida (Corso Como e la Darsena), l'anno prossimo avremo le Olimpiadi invernali con Milano Cortina…Insomma, c'è tutto e di più.
E Paolo Roversi che rapporto ha con la città di Milano?
Vivendoci da 25 anni devo dire che ci sto bene. Uso i mezzi pubblici, cammino, l'auto la uso solo quando devo uscire dalla città. Venendo dalla
provincia ogni tanto ne sento la nostalgia. Ma quando sto via troppi giorni da Milano mi manca.
La cosa che ti piace di più di Milano e quella che detesti maggiormente?
Quello che mi piace di più è che è la città delle opportunità: non ti chiede chi sei, ma cosa vuoi fare, dove vuoi arrivare, chi vuoi diventare. Io, che volevo fare lo scrittore, qui ho trovato terreno fertile. Certo, poi ci sono tutti i difetti della grande città: la confusione, il casino, il traffico, ecc., ma
devo dire che una cosa va insieme all'altra, nel senso che, se fossimo in un deserto assoluto, non ci sarebbero tutte le possibilità che dicevo prima. Quindi, è un po' il prezzo che devi pagare per avere tutte le altre cose.
Nel 2010 hai scritto una guida sui misteri di Milano. È una città che ne conta molti di misteri? E dal 2010 a oggi sono diminuiti o aumentati?
Secondo me aumentano di giorno in giorno. È una città piena di misteri a partire dal Mostro della stretta Bagnera, Antonio Boggia, l'ultimo
serial killer riconosciuto. Io poi ho scritto della malavita e del terrorismo degli anni '60-'70 e ho parlato di Piazza Fontana, di Pinelli. Poi ci sono
quelli particolari come il punto Callas, della Scala di Milano oppure quello della Dama in nero che appare sulle guglie del Duomo. Ognuno può ritenerli veri o dicerie o leggende. Sicuramente, se ci vuoi fare caso, ne trovi tantissimi di piccoli o grandi misteri.
Come riesci a gestire il tuo successo maggiormente in un luogo che sembra spronare all'esaltazione di se stessi?
Il successo dello scrittore non è come quello, che so io, di un musicista o di un cantante. È bello quando, magari, in libreria ti riconoscono. Tutto qui. Per il resto sono tranquillo. Non ho quella fama che potrebbe avere un cantante, un calciatore, un influencer. Anche perché, qui, è una bella lotta…
Secondo te quale deve essere la dote primaria per un giallista?
Sicuramente la fantasia, la creatività, che devono essere coltivate. Ogni volta devi trovare delle soluzioni nuove, storie intriganti, qualcosa che non sia già stato scritto o un modo nuovo per scriverlo. Tutto questo ti obbliga poi a ragionare, a concentrarti, a trovare delle soluzioni inedite.
Da lettore ti affascina di più il Commissario Maigret, Sherlock Holmes o chi altri ancora?
Sherlock Holmes tutta la vita. Io dico sempre che se sir Arthur Conan Doyle non avesse inventato Sherlock Holmes forse non ci sarebbe stato nemmeno il Poirot di Agatha Christie e lo stesso Maigret sarebbe stato diverso. Forse anche il nostro Commissario Montalbano non sarebbe stato così. L'idea di uno che indaga, che vede le cose che altri non vedono e risolve i casi in cui gli altri non ci capiscono nulla, beh!… Evviva Sherlock Holmes.
Un'ultima domanda: hai già un'idea per i prossimi tuoi gialli? Se sì, ce la puoi svelare?
Ce l'ho benissimo. Il 13 gennaio esce il mio nuovo romanzo con Marsilio per i i 20 anni di Radeschi. Lo sto ultimando proprio in questi giorni. Poi cominceremo a fare la revisione. C'è già, appunto, la data di uscita, ma non il titolo che è top secret e non si può dire. È il dodicesimo romanzo per festeggiare i 20 anni di Enrico Radeschi.