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Licenziata per molestie a un collega, la Cassazione: “Comportamento contrario al vivere civile”

La Cassazione ha cancellato una decisione della Corte d’Appello di Milano che aveva ritenuto sproporzionato il licenziamento di una lavoratrice a Parabiago (Milano) per molestie sessuali ai danni di un collega. I giudici: “Ha anche rallentato il processo produttivo dell’azienda”
A cura di Francesca Del Boca
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Foto di repertorio
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La Cassazione ha cancellato una decisione della Corte d'Appello di Milano che aveva ritenuto sproporzionato il licenziamento di una lavoratrice di uno stabilimento che produce calzature di lusso a Parabiago (Milano) per molestie sessuali ai danni di un collega.

Nei giorni scorsi, come riporta l'AGI, gli ermellini della sezione Lavoro hanno quindi annullato e rimandato a un nuovo appello con l'invito ai giudici che torneranno a occuparsi della causa a considerare invece legittimo il licenziamento della donna che lavorava nel calzaturificio del Milanese.

I fatti e i processi

La donna, il 10 marzo 2023, era stata allontanata dalla datrice di lavoro con una lettera che le contestava l'utilizzo "in più occasioni e in maniera continuativa" di "frasi con contenuto sessuale e manifestazioni indesiderate all'indirizzo di un collega".

Il Tribunale, a cui la lavoratrice aveva presentato ricorso, aveva ribadito la decisione del calzaturificio, ritenendo il comportamento della donna "contrario al vivere civile". La Corte d'Appello aveva però cancellato il provvedimento condannando la società datrice di lavoro a risarcire 22mila euro, pari a 12 stipendi, alla dipendente. Secondo i giudici si era infatti trattato di una sanzione troppo pesante, e si sarebbero al contrario dovute adottare sanzioni più lievi prima di giungere al "licenziamento in tronco".

Il ricorso in Cassazione

La ditta, che ha sede a Parabiago e produce scarpe da donna, ha così presentato ricorso in Cassazione che è stato pienamente accolto, visto che l'operaia avrebbe invitato più volte il collega a presentarsi nel reparto di controllo delle tomaie per futili motivi, "rallentando il processo produttivo aziendale". Per la Suprema Corte, i giudici della Corte d'Appello non hanno infatti considerato come le molestie abbiano in realtà inciso sulle dinamiche lavorative, e siano state poste in essere alla presenza di altri colleghi.

Ma non solo. Secondo la sentenza, "non è conforme ai valori presenti e ormai radicati nella realtà sociale e ai principi dell'ordinamento" "ricondurre il comportamento solo a una sanzione disciplinare". L'invito della Cassazione alla Corte d'Appello è quindi quello di riesaminare il caso, stavolta "alla luce della corretta scala valoriale di riferimento".

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