“Le telecamere dimostreranno la verità”: parla il titolare del locale di Milano accusato di stupro di gruppo
"È assurdo quello che scrivono": è quanto ha detto a Fanpage.it Daniele Metastasio uno dei titolari del Mind, il locale di Milano in cui sarebbe avvenuto, nella notte tra il 16 e il 17 marzo, lo stupro di gruppo su una donna di 31 anni. Il ragazzo non è l'unico a essere indagato dalla Procura di Milano: con lui c'è un altro titolare del bar dell'Alzaia Naviglio Pavese e un terzo giovane.
Chiesto il rinvio a giudizio per i ragazzi accusati di stupro su una 31enne
Per tutti loro è stato chiesto il rinvio a giudizio: per il momento sono tutti indagati a piede libero. Sulla base di quanto riportato da fonti investigative a Fanpage.it, le immagini delle telecamere di sorveglianza del locale riprenderebbero due momenti: quello in cui la ragazza sarebbe stata avvicinata e quello in cui i tre sarebbero usciti dalla cantina dove si presume possa essere avvenuto l'abuso.
Sempre a Fanpage.it, il giovane titolare ha spiegato: "Non ci sono prove che sia successo. Grazie a Dio che avevamo il video di sorveglianza". Il ragazzo ha poi continuato: "Bisognerebbe assicurarsi che le cose siano successe veramente perché altrimenti rischi di rovinare la vita delle persone". Ha aggiunto: "È già buono che io riesca a parlare e non mi venga da piangere perché, veramente, per me è molto grave quello che è successo: essere accusato per una roba così, che non è stata fatta".
Il racconto della 31enne che ha denunciato lo stupro al Mind
Agli inquirenti, la trentunenne ha raccontato di essersi svegliata la mattina seguente in stato confusionale e con dolori alle parti intime. Si è così recata al pronto soccorso della clinica Mangiagalli dove sono state rilevate "lesioni compatibili" con una violenza. La giovane ha quindi sporto denuncia.
"Il fatto non esiste, che è ben diverso. Io sto dicendo un'altra cosa: non è che all'interno di una cosa che è successa, sono state dette cose non vere. Non è successa la cosa che è stata detta, che è molto più grave", ha continuato a dire l'indagato a Fanpage.it. "Essere accusati di una cosa che uno non fa, è molto grave perché ti rovina l'immagine per una roba che non esiste. Molto grave", ha poi proseguito.
"Grazie a Dio abbiamo le telecamere. Facciamo fatica a dimostrarlo con le telecamere. Proprio ci sono le robe evidenti che evidentemente non si vogliono vedere".
(Ha collaborato Chiara Daffini)