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La storia di Fausto e Iaio, i due militanti di sinistra uccisi a Milano 47 anni fa: dall’omicidio alla riapertura delle indagini

La storia di Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, i due militanti di sinistra che sono stati uccisi con otto colpi di pistola nei pressi del centro sociale Leoncavallo di Milano il 18 marzo del 1978. A rivendicare l’omicidio, qualche giorno più tardi, furono gli estremisti di destra, ma a 47 anni di distanza gli assassini non hanno ancora un nome.
A cura di Giulia Ghirardi
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Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci
Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci

Fausto Tinelli e Lorenzo "Iaio" Iannucci sono i due 18enni, militanti di sinistra, che sono stati uccisi con otto colpi di pistola all'altezza del civico numero 8 in via Mancinelli, nei pressi del centro sociale Leoncavallo a Milano il 18 marzo del 1978. A rivendicare l'omicidio, qualche giorno più tardi, furono gli estremisti di destra.

Quel giorno di 47 anni fa Fausto e Iaio stavano rincasando dopo una giornata trascorso tra il parco Lambro e il "Leonka", lo storico centro sociale di via Watteau (quartiere Greco) che dal 1975 svolge attività politica e culturale in autogestione. Secondo quanto testimoniato da una donna che passava di lì con le figlie al momento dei fatti , i due ragazzi avevano appena superato piazza San Materno, a piedi, quando si sarebbero trovati di fronte tre persone. Secondo l'identikit fornito agli investigatori, erano alti all'incirca un metro e settanta, capelli scuri, giovane età. Indosso impermeabili chiari, il terzo un giubbotto color cammello. Indumenti – secondo gli investigatori – tipicamente usati dai neofascisti sulle scene del crimine del tempo.

È allora che si sarebbe consumato il duplice omicidio, quando i tre (la cui identità è ancora oggi sconosciuta) avrebbero esploso 8 colpi con una Beretta. Di questi spari, però, non sono stati trovati i bossoli che le pistole semi-automatiche di questo tipo scaricano a terra. Stando alla testimonianza della donna, uno degli assassini avrebbe tenuto in mano un sacchetto di plastica. L'ipotesi avanzata dagli inquirenti è che lo abbia usato per raccogliere i bossoli dal suolo, così come era pratica comune della destra eversiva romana: avvolgere l’arma così da raccoglierne i bossoli e di conseguenza non lasciare tracce.

Così sono morti Fausto e Iaio, all'altezza del cancello di ferro della Sir James Henderson School di Milano. Lorenzo Iannucci è morto sul colpo, mentre Fausto Tinelli è riuscito a resistere fino all'arrivo dell'ambulanza, ma i sanitari non sono riusciti a salvargli la vita.

Le indagini e le diverse piste investigative

Inizialmente si è valutata la pista della droga. Questo perché al tempo un sacerdote confidò a un avvocato di aver saputo da due donne il nome del presunto responsabile. Si trattava di uno spacciatore che – secondo le ipotesi – avrebbe pianificato una vendetta contro Fausto e Iaio, consumatori di hashish, per un debito di droga. Non appena iniziarono ricerche più approfondite, però, il prete ritrattò e le due donne negarono di aver mai riferito nulla al prelato.

Un'altra pista è quella del berretto blu. L'indumento – che venne ritrovato vicino ai corpi di Fausto e Iaio – era identico a quello che era stato indossato qualche giorno prima da un giovane neofascista che aveva subito un agguato a colpi di spranga per mano di estremisti di sinistra. Interrogato, il sospettato aveva, però, un alibi, poi confermato in parte dagli amici. Come scritto nel decreto di archiviazione di dicembre 2000, quel berretto "non verrà mai sottoposto ad alcun accertamento risultando anzi a un certo punto dell’indagine non più presente tra i reperti. Nel 1988, infatti, a seguito di apposita richiesta del giudice istruttore, il responsabile dell’Ufficio corpi di reato dichiarava che il cappello in questione non era stato più rinvenuto e che con ogni probabilità era stato eliminato per motivi di igiene a seguito di alluvioni che avevano colpito il luogo in cui lo stesso era custodito".

È stata poi la volta della banda della Magliana, un'organizzazione criminale di stampo mafioso nata ed operante a Roma. Secondo le indagini dell’allora giudice istruttore Guido Salvini, uno degli assassini descritto dalla mamma e dalle figlie sarebbe stato proprio Massimo Carminati, il boss della banda della Magliana, arrestato nel 2014 nell'ambito dell’inchiesta "Mafia capitale" che, tra l'altro, si trovava a Milano negli anni dell’uccisione di Fausto e Iaio. Anche in questo caso, non fu trovata nessuna prova schiacciante.

Dopo di lui, tanti altri nomi e tante altre piste: nessuna ha mai portato all'identificazione dei responsabili del duplice omicidio.

La riapertura delle indagini 47 anni dopo

Oggi, 47 anni dopo, riparte l'inchiesta sulla morte di Fausto e Iaio. La gip Maria Idria Gurgo di Castelmenardo ha deciso di accogliere la richiesta della Procura, presentata nei giorni scorsi, e ha riaperto l'indagine sul duplice omicidio.

Il fascicolo era stato archiviato nel dicembre del 2000 dalla gip Clementina Forleo che aveva evidenziato "significativi elementi" a "carico della destra eversiva e in particolare degli indagati" che, però, all'epoca non erano mai diventati prove definitive. Un fascicolo conoscitivo sul duplice omicidio di Fausto e Iaio era stato poi aperto all'incirca un anno fa, in seguito alla richiesta inviata dal sindaco Giuseppe Sala al procuratore Marcello Viola con l'obiettivo di "dare loro, ai loro cari e alla città tutta quella giustizia e pace indispensabili per una vera memoria condivisa". In quell'occasione i pm del dipartimento antiterrorismo, Leonardo Lesti e Francesca Crupi, avevano chiesto all'ufficio reperti del Palazzo di Giustizia milanese di effettuare alcune ricerche per individuare quali fossero i corpi del reato conservati su cui poter effettuare nuove analisi. Sul luogo dell'omicidio, allora, venne rinvenuto un berretto di lana blu che, però, non fu mai sottoposto ad accertamenti e non fu più trovato tra i reperti.

La perizia calligrafica su un volantino di stampo neofascista

Sulla base di una perizia calligrafica eseguita su un volantino di rivendicazione trovato a Roma pochi giorni dopo il delitto si è deciso di riaprire le indagini. Il messaggio era firmato: "Esercito Nazionale Rivoluzionario, Brigata Combattente Franco Anselmi", il terrorista dei Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari, organizzazione terroristica italiana, di orientamento neofascista e neonazista d'estrema destra) morto il 6 marzo 1978 in un conflitto a fuoco durante un tentativo di rapina. Nel provvedimento si fa riferimento a possibili nuove piste investigative.

"È una notizia che conferma come sia imperativo fare piena luce su un tragico duplice omicidio di due ragazzi incolpevoli se non del loro impegno civile e politico", ha dichiarato in merito alla riapertura delle indagini l'avvocato Nicola Brigida, legale di Maria Iannucci e Danila Angeli, rispettivamente sorella e madre di Fausto Tinelli. Alla sua voce si è poi aggiunta anche quella dell'Associazione familiari e amici di Fausto e Iaio. "L'Associazione ha sempre sostenuto la tesi del coinvolgimento e della responsabilità di appartenenti alla destra neofascista di allora, ma chiede anche che venga fatta luce sui veri mandanti dell'assassinio", così in una nota l'Associazione ha commentato la riapertura delle indagini sull'omicidio del 18 marzo 1978. "Le indagini ripartono dal punto dove arrivarono prima dell'archiviazione del caso nel 2000. Auspichiamo che la gip incaricata abbia la possibilità, attraverso nuovi indizi e il riesame di testimonianze e reperti, di trovare una strada che possa portare ad un processo" perché "la mancanza di una verità giudiziaria sulla vicenda di Fausto e Iaio è una ferita aperta nella città di Milano medaglia d'oro della resistenza".

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