La perquisizione davanti ai genitori e le testimonianze: così sono stati incastrati gli aggressori di corso Como

Il cerchio si è stretto intorno a loro nel giro di un mese. Sono stati identificati e poi arrestati dai poliziotti i cinque giovani, tutti tra i 17 e i 18 anni, che la notte del 12 ottobre hanno ridotto in fin di vita un 22enne accerchiandolo quando era da solo, picchiandolo selvaggiamente e poi accoltellandolo alle spalle. A inchiodarli, innanzitutto, un video girato dalle telecamere di sorveglianza posizionate sotto i portici di via Rosales, nei pressi di corso Como, e la testimonianza di due ragazze appena uscite da un locale. Poi, dopo il match con le foto di precedenti segnalazioni e profili social, anche le perquisizioni in casa e la convocazione in Questura dove, nonostante gli sforzi di concordare insieme una versione comune, i cinque si sono definitivamente traditi.
Il video delle telecamere di videosorveglianza in corso Como
Sono stati i filmati acquisiti dalle telecamere di videosorveglianza della zona a permettere agli investigatori del commissariato Garibaldi-Venezia di accertare la dinamica della violentissima aggressione avvenuta davanti al portone dell'Una Hotel. Le immagini mostrano prima uno dei cinque giovani avvicinarsi al 22enne, studente della Bocconi che in quel momento si trova da solo e in evidente stato di alterazione, e sottrargli dalle mani una banconota da 50 euro. Quando la vittima tenta di recuperare il denaro, inseguendoli, il branco reagisce con estrema brutalità. Tre giovani lo tramortiscono con una scarica di calci e pugni, mentre uno di loro fa da "palo". Quando il 22enne si trova già inerme a terra, un altro si fa avanti con un coltello a serramanico e gli sferra due fendenti decisi, alle spalle. Il gruppo, infine, scappa abbandonando la vittima in una pozza di sangue.
L'identificazione con le foto sui social e le testimonianze
I cinque giovani ripresi dagli occhi elettronici di via Rosales, però, vengono comunque identificati in breve tempo dai poliziotti. Attraverso la comparazione dei fotogrammi più nitidi del volto di colui che ha svolto il ruolo di "palo" con il sistema SARI (Sistema Automatico di Riconoscimento delle Immagini) viene prima individuato con probabilità del 57 per cento un 18enne, già controllato insieme all'altro 18enne e uno dei minorenni, tutti residenti nella zona di Monza. Il confronto tra i fotogrammi dei video e le fotografie (da fotosegnalamenti o profili social) ha permesso quindi di risalire all'identità dei cinque aggressori.
Sono due coetanee che quella sera passano per via Rosales dopo aver trascorso la serata tra i locali di corso Como a confermare a chi indaga le fattezze degli aggressori. "Il ragazzo è stato importunato da un gruppo di cinque ragazzi, lui era tranquillissimo", raccontano ai poliziotti, convocate per testimoniare. "Dopo l'hanno abbandonato per terra, aveva i pantaloni completamente sporchi di sangue. Gli altri si sono allontanati, neanche a passo spedito".
La perquisizione a casa con i genitori
Una volta individuati con certezza i responsabili, il 22 ottobre, i poliziotti bussano alla porta di ognuno dei ragazzi, le cui camerette vengono perquisite davanti agli occhi dei genitori. A casa del 18enne che ha sferrato i colpi di coltello al 22enne viene rinvenuta la stessa giacca bianca indossata da uno degli aggressori nel filmato, con cinque bottoni e due tasconi, insieme a scarpe e pantaloni neri Dior compatibili con quelli indossati sulla scena del crimine. Nello stesso momento, viene trovato dagli investigatori anche un coltello a serramanico dalla lama di 9 centimetri, compatibile con quello utilizzato durante l'aggressione. Mentre a casa degli altri amici vengono sequestrati altri giubbotti e scarpe immortalati nelle riprese delle videocamere di sorveglianza di via Rosales.

Le intercettazioni: "Speriamo che muoia"
I cinque vengono quindi convocati insieme in commissariato. È lì che, attraverso alcune intercettazioni ambientali registrate in sala d'attesa, gli investigatori mettono a verbale conversazioni da brivido. Non solo vere e proprie ammissioni di colpa, ma frasi che mostrano una generale "disumana indifferenza" nei confronti dello studente rimasto tetraplegico, che nell'aggressione ha riportato lesioni e danni permanenti anche a reni, vescica, intestino. "Speriamo che muoia, così non parla", bisbiglia uno del gruppo agli altri, che ridacchiano e si coprono il volto con la maglietta per non farsi sentire dai poliziotti. "Non so se si vede il video dove lo scanniamo… voglio vedere se ho picchiato forte". E ancora, dopo aver manifestato l'intenzione di pubblicare su Instagram il verbale di perquisizione. "Diciamo al giudice che facciamo un bel gesto, lo andiamo a trovare… gli diciamo che ci dispiace, che siamo pentiti… ma a me in realtà non me ne frega".
