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Arresti tra ultras di Milan e Inter

La mano di CasaPound dietro We are Milano e gli affari degli ultrà con l’Inter

L’associazione We are Milano sulla carta era nata per per avere un legame diretto tra gli ultrà dell’Inter e la società. Ma cosa si nasconde veramente dietro a questa associazione?
A cura di Giorgia Venturini
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C'è un legame diretto tra gli ultrà dell'Inter e la società: è rappresentato dall'associazione We are Milano, attiva del 2020 e che ha come rappresentante legale Debora Turriello, anche lei finita tra gli indagati dell'operazione di questa mattina che ha portato all'arresto di 19 ultrà di Milan e Inter. Secondo le informazioni riportate dalle Procura, lo scopo dell'associazione – per il suo statuto – è quello di raccogliere fondi per attività a scopo ricreativo e benefico. E non solo di calcio ma anche di basket e hockey. Ma cosa succede veramente dietro a questa associazione?

Lo scopo legale e illegale dell'associazione We are Milano

Dietro alla We are Milano ci sta non solo la vendita di abbigliamento e gadget sportivi, ma anche ben altro. I veri obiettivi dell'associazione li ha spiegati così la Procura nei suoi atti:

  • costituire una "facciata legale" da utilizzare dalla Curva per poter dialogare, in primis, con la Società;
  • rappresentare una idonea figura giuridica atta a promuovere iniziative, feste, dibattiti, eventi di beneficenza, il cui scopo ultimo è comunque quello di garantire introiti al sodalizio;
  • costituire uno strumento di supporto per agevolare, in caso di necessità degli appartenenti alla Curva, le richieste presso le competenti Autorità Giudiziarie di concessione di misure alternative alla detenzione in caso di pene da espiare o di restrizioni cautelari da osservare.

Ma gli inquirenti hanno svelato anche molto altro. L'associazione era anche un mezzo per eludere il fisco. In una chiamata tra ultrà dell'Inter si sente: "Calcola che magari faremo comunque figurare l'evento a scopo benefico poi i soldi li tiro fuori io non è un problema".

I rapporti tra We are Milano e l'associazione di Don Mazzi

I rapporti diventano poco chiari anche quando si parla dell'associazione come misura alternativa alla detenzione: è emerso dall'inchiesta della Procura infatti che We are Milano ha stretto contatti finalizzati a una stabile collaborazione con la comunità Exodus di Don Antonio Mazzi (Non indagato). Stando agli atti il referente principale della comunità è Roberto Ermanno Sartori (non indagato), fra i responsabili di una cooperativa, la 4exodus, nata da un ramo della onlus di Don Mazzi. Sartori aveva legami con Andrea Beretta, destinatario oggi di un'altra misura cautelare ma già in carcere per l'omicidio di Antonio Bellocco e altri capi ultras come Claudio Morra (non è indagato). Nelle varie conversazioni intercettate si sente Sartori disponibile a far ottenere "misure alternative alla pena detentiva a conoscenti di amici del Beretta e dei Boiocchi (morto in un omicidio….) ottenendo in cambio favori come maglie firmate dai giocatori per i propri famigliari o la prelazione per la propria cooperativa sull'eventuale donazione devoluta dalla curva a seguito di iniziative benefiche".

Era Andrea Beretta (indagato) a gestire il merchandising e della vendita dei biglietti, creando proprio per tale scopo l'associazione "We are Milano". Questo lo porterà ad aprire un punto vendita a Pioltello per la distribuzione dei prodotti ufficiali dell'Inter nonché della Curva Nord di cui è stato depositato il marchio "CN69".

Il ruolo di Francesco Polacchi all'interno dell'associazione We are Milano

A gestire la contabilità all'interno dell'associazione sarebbe Francesco Polacchi (non indagato), contatto di Antonio Bellocco, l'erede dell'omonima cosca di ‘ndrangheta e capo ultrà dell'Inter ucciso da Andrea Beretta il 4 settembre scorso. Polacchi sarebbe stato scelto perché è un esperto informatico e sarebbe entrato subito in possesso, almeno fino al mese di giugno scorso, dei codici di accesso del sito We Are Milano. Questo era stato convinto "ad accedere abusivamente all'interno dei file commerciali di Andrea Beretta e acquisire la contabilità, anche del ricavato in nero e quindi non fatturato, di tutte le attività gestite, ovviamente in maniera occulta".

Sarebbe stato Bellocco ad aver proposto di impiegare Polacchi, ritenuto un "fedelissimo", alle loro dipendenze dietro un corrispettivo mensile pari a 2.500 euro. Marco Ferdico, altro capò ultrà indagato, ad accettare. Così Polacchi gestiva gli incassi derivanti solo dalle vendite on-line e, soprattutto, da quelli non fatturati, cioè in "nero". Ma chi è Francesco Polacchi?

Polacchi è l'ex portavoce nazionale di Blocco Studentesco e anima imprenditoriale del gruppo di estrema destra. Sarebbe titolare del marchio di abbigliamento Pivert (da qui uno dei suoi soprannomi) ed editore della rivista di CasaPound e della casa editrice Altaforte. Appena trasferito da Roma a Milano si è subito avvicinato ai capi ultrà dell'Inter e con il passare del tempo le amicizie sono diventate sempre più strette.

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