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Giorgio Gori a Fanpage.it: “La sinistra stia con giovani e donne, i più colpiti dalla crisi Covid”

“C’è il rischio che il Covid ci chiuda un po’ l’orizzonte e ci schiacci sul presente. Abbiamo bisogno di alzare un po’ lo sguardo, cercare un riscatto”. Il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, racconta come è nato, nei mesi successivi alla prima ondata di pandemia, il suo libro ‘Riscatto’, in conversazione con Francesco Cancellato, edito da Rizzoli.
A cura di Redazione Milano
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"Abbiamo bisogno di alzare un po' lo sguardo, cercare un riscatto per la mia città che è stata colpita dal virus e per tutta l'Italia". Il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, in una lunga intervista a Fanpage.it ripercorre gli spunti, le riflessioni e le idee per il futuro che ha racconto nei mesi successivi alla prima ondata di pandemia nel suo libro “Riscatto”, in conversazione con Francesco Cancellato, edito da Rizzoli.

Perché proprio oggi, in piena emergenza Covid, ha sentito il bisogno di costruire una visione per il futuro?
Questo libro è stato iniziato durante l'estate e chiuso a metà ottobre, quando già si capiva che stava arrivando la seconda ondata e che non sarebbe stata leggera. L'esigenza era quella di riuscire ad alzare un po' lo sguardo. Il rischio è che il Covid ci chiuda un po' l'orizzonte e ci schiacci sul presente. Credo che buona parte dell'incertezza e dell'ansia che percepiamo dipenda da questa mancanza di prospettiva. “Riscatto” per la mia città, perché Bergamo è stata particolarmente colpita e sente il bisogno di una ripartenza. Però anche per un Paese che ha problemi che si trascinano da tanti anni, fragilità e mediocrità da cui si deve affiancare. Questo richiede uno slancio, che possiamo trovare in questa emergenza, e una visione.

Nel libro si parla del periodo più buio dell'emergenza per Bergamo. Cosa ricorda di quei giorni?
Nel libro si parla di Covid come una specie di antefatto, anche se poi c'è un post scriptum legato alla seconda ondata. Se ne parla perché l'ho vissuto in prima persona, perché Bergamo è stata la città più colpita credo nel mondo in proporzione. Mi sono trovato in una vicenda che all'inizio anche io, come tanti, ho sottovalutato. Speravo che fosse possibile gestire con prudenza, ma senza stravolgere la nostra vita. Poi ho realizzato che era molto più grave di quanto pensassi. L'ho capito una sera che ho ricevuto una mail da una persona che lavora nella sanità lombarda, che non conoscevo, che mi ha detto "non vi rendete conto di quello che sta succedendo. L'indice di contagio è esponenziale, le terapie intensive si riempiranno". È successo esattamente quello che diceva, da lì ho dovuto cambiare passo

Oggi Bergamo è pronta ad affrontare una seconda ondata?
Credo sia più pronta di altri, perché c'è una maggiore consapevolezza di quanto accaduto e maggiore prudenza. E poi c'è un fatto clinico: più persone hanno preso il virus e hanno sviluppato gli anticorpi, circa un quarto della popolazione, quindi per qualche mese saremo più protetti. Per il resto Bergamo è parte di un sistema sanitario regionale che ha denunciato in primavera grandi limiti, pur avendo assolute eccellenze al suo interno.

Cosa manca alla sanità regionale?
È venuta alla luce la fragilità di un sistema che aveva sacrificato negli ultimi anni la medicina del territorio e ha carenza di medici di base. C'è una sovrapposizione impressionante tra diffusione del virus in primavera e questi indicatori. E si tratta di situazioni che non si correggono in pochi mesi. E poi ci sono le situazioni delle Usca, il numero dei tamponi insufficiente.

Il libro non parla solo di Covid, ma anche di politica e di due diverse visioni all'interno del Pd. Qual è la sua?
Il Pd è il mio partito da molti anni. Come tutte le grandi forze politiche di centrosinistra occidentali non ha una sola anima, ma ce ne sono almeno due riconoscibili. Un'anima che fa maggiore affidamento sul ruolo dello Stato, secondo la tradizione social-democratica. Un'altra che scommette di più sulla società e immagina che cittadini, imprese e corpi sociali possano produrre lo sviluppo. Due anime che si confrontano continuamente in tutto il mondo. Pensiamo a Biden e Sanders durante le ultime primarie democratiche. Io mi ritrovo nella versione più liberal che ha una lunga storia e riferimenti come Kennedy e Obama. Credo oggi sia più adatta alla situazione del nostro Paese, per la stagnazione che lo interessa da anni, la dinamica demografica in forte calo, il debito pubblico in aumento.

Lei dice che M5S e Pd non sono il nuovo centro sinistra. Quale può essere l'alternativa?
Dire che i 5 Stelle siano di centrosinistra credo sia una forzatura. L'anima di quel Movimento è fatta di atteggiamenti, opinioni e valori che non condivido: populismo, massimalismo, statalismo, assistenzialismo, giustizialismo, una cultura anti parlamentare che abbiamo visto recentemente all'opera. Sono molto distanti dal mio modo di vedere la politica. Nonostante questo ho ritenuto la collaborazione di governo giustificata dalla necessità di quel momento. Ma altro è immaginare che questa sia una nuova alleanza di lungo periodo. Tanto più che oggi da Roma in su i 5 Stelle sono praticamente evaporate.

Con chi immagina le alleanze future del suo partito?
Il dialogo è necessario. Penso a chi è stato compagno di strada. Matteo Renzi e chi l'ha seguito in Italia Viva, Carlo Calenda e chi l'ha seguito in Azione, +Europa. In generale va richiamata una vocazione del Pd a essere maggioranza nel Paese e rappresentare le intere istanze della società. La maggioranza dei cittadini stando ai sondaggi ancora sta con il centrodestra, che se si votasse con qualsiasi sistema elettorale oggi vincerebbe. Questo non è possibile, dobbiamo andare a riprenderci quegli elettori affrontando i temi che pongono, come sicurezza immigrazione.

Le dice che ci vorrebbero più immigrati in Italia e che non è stato fatto abbastanza per integrarli. Cosa intende?
Intendo dire che se l'immigrazione è diventata un problema per gli italiani, fonte di ansia e sentimenti di forte antagonismo, è perché la questione è stata molto mal gestita. E siccome siamo stati noi al governo, dico anche che abbiamo dato l'impressione di non essere in grado di controllarla. . Abbiamo creato un bacino da 600mila o più immigrati irregolari. Questo spaventa i cittadini e li fa spostare su posizioni anti stranieri. Tenere chiusi gli ingressi legali è stato un grave errore. Dal 2015 con i rubinetti chiusi tutto si è riversato sull'immigrazione non controllata, sulla conseguente permanenza sul territorio di persone più portate a vivere di espedienti. La propensione a commettere crimine degli immigrati irregolari è dodici volte superiore a quella dei regolari. L'impressione del fuori controllo c'è stata e alla fine la gente sceglie i porti chiusi, che non si capisce nemmeno cosa voglia dire.

Qual è l'alternativa allora?
Da qui al 2050 l'attesa è che mancheranno 6 milioni di lavoratori. Io credo che non ci sia un'alternativa a un'immigrazione regolata, legale, selezionata. Anche perché abbiamo una traiettoria demografica che ci porterà in 20 anni a non poter sostenere la previdenza sociale e la salute. Oggi siamo ai minimi storici, 1,29 figli per donna. Siamo destinati a perdere popolazione e invecchiare sempre di più. "Accogliamoli tutti" è una posizione umanitaria, apprezzabile dal punto di vista dei valori, ma che prefigura un grande disordine. Noi invece dobbiamo proporre un'immigrazione ordinata e gestita dallo Stato in base alle necessità demografiche ed economiche.

Lei ha lavorato con Silvio Berlusconi e ha fatto un percorso politico con Matteo Renzi. Come giudica questi due grandi spauracchi della sinistra?
Che Berlusconi possa essere uno spauracchio si può comprendere, anche se è stato dipinto come un uomo nero per tanti anni, secondo me eccessivamente. Il mio giudizio su di lui è molto positivo dal punto di vista umano e personale perché gli devo molto. Ho lavorato nelle sue aziende anche quando dopo il 1994 ho manifestato il mio orientamento politico diverso. Ne ho invece un giudizio politico negativo. Ritengo che non abbia tenuto fede alle sue promesse, abbia fatto troppo i suoi interessi e abbia la responsabilità di aver portato nel 2011 il Paese sull'orlo del baratro.

E Renzi ha commesso errori?
Il giudizio su Matteo Renzi è diverso. Con lui ho condiviso una fase politica molto importante, credo sia stato un ottimo presidente del Consiglio. Non posso non riconoscere alcuni errori che ha fatto e che hanno segnato la sua parabole politica. Il primo risale alla rottura con Berlusconi durante l'elezione del presidente della Repubblica, il secondo alla lettura del referendum. Ma penso che il consenso attuale non renda merito al suo buon operato a Palazzo Chigi

Durante il Covid le fasce più colpite sono state donne, giovani, autonomi. Perché la sinistra non riesce a proteggerli?
Questo è un grande problema. Oggi siamo schierati al fianco di cittadini che sono già garantiti, come lavoratori pubblici e pensionati. E ci sono strati sociali, penso a giovani e donne innanzitutto, totalmente al di fuori del perimetro delle garanzie, una fascia destinata a crescere che ha bisogno di guadagnare una protezione. È un grande compito che abbiamo davanti per il futuro.

Nell'ultimo capitolo definisce quella ambientale la prossima battaglia…
Spiego come l'ambientalismo tradizionale secondo me sia un po' datato, e sia invece molto più probabile che a quei risultati concorrano le imprese, l'innovazione e la tecnologia. Il Green New Deal è assolutamente opportuno, anche se va detto che il peso dell'Europa sulla emissioni nel mondo è veramente ridotto. Conta la cooperazione su scala globale.

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