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Due infermieri: “Turni massacranti, stipendi bassi e aggressioni. Ecco perché scappiamo dagli ospedali italiani”

Nei prossimi anni in Italia 100mila operatori sanitari abbandoneranno la professione e un numero sempre maggiore scappa ogni giorno dagli ospedali per varie problematiche. Due lavoratori, uno che lavora a Milano e l’altro in vari ospedali lombardi, hanno raccontato la loro storia a Fanpage.it.
A cura di Vittoria Brighenti
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Stipendi bassi, turni massacranti e aggressioni fisiche e verbali. Queste sono solo alcune delle problematiche legate al mondo dell'infermieristica italiana. Negli ultimi anni è diminuita la voglia di indossare una divisa da infermiere e le iscrizioni ai corsi di laurea in Scienze Infermieristiche, soprattutto nel centro-nord, sono calate nettamente.

Le ragioni sono molteplici, a raccontare a Fanpage.it la situazione attuale sono stati Enrico e Lorenzo (nomi di fantasia), contattati tramite Nursing Up Lombardia, il sindacato degli infermieri e dei professionisti sanitari. Enrico lavora da più di vent'anni in un ospedale milanese, Lorenzo invece, da più di 40 lavora negli ospedali lombardi. Attualmente coordina un pronto soccorso e fa parte dei dirigenti sindacali che fanno da portavoce per gli infermieri.

"I problemi principali sono subentrati dopo il Covid. Durante la pandemia, tutti ci siamo adoperati per lavorare al meglio e per salvare vite. La situazione era veramente tragica perché il personale già mancava allora, in più avevamo un carico di stress e di lavoro non indifferente". Ha raccontato Enrico. "Finito il Covid ci sono state fatte molte promesse che non sono state mantenute, come un aumento economico – e ha continuato presentando un'altra questione, il continuo interfacciassi con persone violente – Dopo il covid la crisi è continuata e con essa le aggressioni, soprattutto quelle fisiche. Quelle verbali ormai ce le facciamo scivolare addosso, succedono di continuo. Se io avessi potuto avrei cambiato lavoro, resto solo perché amo ciò che faccio. È una cosa allucinante. Un mio collega si è tranciato un dito in una porta durante un'aggressione, e ora lui ora avrà un danno permanente" ha raccontato Enrico.

Nonostante la situazione critica, per Lorenzo, la difficoltà maggiore è legata alla mancanza di personale negli ospedali pubblici: "Le condizioni lavorative sono sempre precarie, infatti mancano circa 70mila infermieri in Italia per portare un organico sul territorio nazionale a regime. Rispetto agli standard europei, noi siamo messi male. Durante il Covid, nessuno si è rifiutato di allontanarsi dal lavoro. Alcuni hanno dormito qui per giorni per dare il cambio ai colleghi e restavano all’interno della tuta non traspirante per nove ore pur di non abbandonare i malati. Attualmente in Lombardia abbiamo 2 infermieri ogni 20 pazienti, quando in media dovrebbe essercene 1 ogni 6″. La conseguenza è che determinate attività vengono svolte in maniera approssimativa, pur di garantire il servizio a quante più persone possibili.

Oltretutto, continua: "La paga è veramente bassa e abbiamo scarse opportunità di crescita professionale. Svolgiamo dei corsi obbligatori per migliorare le nostre competenze, cerchiamo di mantenere degli standard molto alti ma in pochi facciamo fatica".

La conseguenza diretta di tutte queste problematiche è una vera a propria fuga dagli ospedali. “La previsione è che 100mila infermieri abbandoneranno la professione a vario titolo tra pensionamenti e altre attività. Inoltre, la gente cambia lavoro, alcuni vanno in strutture private dove pagano di più, arrivando quasi a standard economici retributivi europei e dove gli infermieri hanno la possibilità di espletare i loro riposi. Siamo veramente preoccupati per il nostro futuro e per quello degli italiani spiega Lorenzo.

Enrico invece, ha molti colleghi che ora lavorano come liberi professionisti o che si sono trasferiti: “Molti sono andati in Svizzera nonostante non siano comodi, viaggiano ogni giorno pur di andare via da qui. Altri hanno cambiato completamente lavoro e fanno i collaboratori scolastici. Non lavorano il sabato e la domenica, la notte sono a casa loro e non rischiano aggressioni, giustamente preferiscono così. Altri invece sono rientrati al sud perché non riescono più a sostenere le spese di un affitto e della vita, che ormai è cara”.

Persino le nuove generazioni non vogliono diventare infermieri e il calo di iscrizioni all'università di Scienze Infermieristiche ne è la prova: "I giovani ormai sanno cosa li aspetta. Oggi la professione infermieristica offre nulla se non i suoi 1500 euro al mese, facendo dei turni che sono massacranti, di 12 ore, con ulteriori straordinari".

Insomma, la situazione è davvero complicata per il settore. A pesare è poi una scarsa attenzione da parte delle istituzioni e della politica. Enrico ha detto che "Hanno fatto zero per noi, solo parole".

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