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Due donne prendono in affido una bimba con una malattia rara: “Era da sola in ospedale da mesi”

Katya Caterino e Marina Mollica, una coppia che vive in provincia di Milano e desiderava tanto un figlio, ha preso in affido una bimba con una rara malattia genetica: “Vorremmo adottarla, per dare alla piccola più garanzie”.
A cura di Chiara Daffini
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Katya, Marina e Beatrice
Katya, Marina e Beatrice

"La mia storia con Marina – racconta a Fanpage.it Katya Caterino – è iniziata più di dieci anni fa, ci siamo subito trovate con valori e idee uguali,  tra cui il sogno di avere un bimbo o una bimba. Nel tempo questo desiderio è cresciuto fino a che, nel 2020, siamo approdate a Beatrice".

"L'abbiamo conosciuta tramite l'associazione “Mamme matte” – spiega Katya  – e in particolare tramite il percorso che si chiama “AFFIDIamoci”, rivolto a coppie omosessuali e single". "Mamme matte o M'aMA – precisa la vice presidente Karin Falconi, responsabile della rete AFFIDIamoci – si occupa della ricerca di famiglie, affidatarie o adottive a seconda dei casi, con mandato dei tribunali e dei servizi sociali, di bambini difficilmente collocabili e quindi bambini con bisogni speciali".

"Parliamo – continua Falconi – di bambini con patologie importanti, ma anche adolescenti, gruppi di fratelli e sorelle e piccoli che hanno subito traumi e abusi. Sono seimila in tutta Italia le famiglie legate alla nostra rete e dal 2017, insieme ai tribunali, siamo riusciti a trovare una casa per oltre 180 minori".

Beatrice è una di quei bimbi con bisogni speciali: oggi ha tre anni ed è affetta dalla sindrome del cri du chat, una rara malattia genetica. "Tramite M'aMA – ricorda Katya – abbiamo letto vari annunci e ci ha colpite quello di Beatrice e quindi abbiamo risposto chiedendo informazioni".

"Beatrice – aggiunge Marina Mollica, la compagna di Katya – non aveva famiglia ed era quindi in ospedale, dove è stata per i suoi primi tre mesi di vita, nei successivi cinque è stata accolta in una casa famiglia. Per me e Katya è stato un po’ un amore a prima vista. Nonostante sapessimo che aveva difficoltà importanti, eravamo convinte e determinate: Beatrice era sola, non potevamo lasciarla".

"Era uno scricciolino"

Dal primo contatto telematico passano cinque mesi, siamo in piena pandemia e il momento degli incontri e degli abbracci sembra posticiparsi di giorno in giorno. "È stata un'attesa sfiancante – ricorda Marina -, ma anche carica di speranza e di gioia. Il giorno in cui siamo uscite dal tribunale, dopo aver ottenuto l'affido di Beatrice, eravamo sollevate da terra, non potevamo crederci".

"Era talmente piccola – aggiunge Katya -, pesava cinque chili ed era uno scricciolino. Abbiamo inizialmente cercato di farla sentire da subito in una famiglia, a casa: abbiamo ricreato la sua camera, i suoi spazi, i suoi giochi. Aveva otto mesi quando è entrata nella nostra famiglia, adesso ha tre anni e mezzo e noi abbiamo un affido sine die, quindi fino alla maggiore età".

"La loro formazione,  la loro professione (Katya educatrice, Marina insegnante, ndr), il loro vissuto e anche il loro modus vivendi – precisa Karin Falconi – collimavano con le esigenze, le caratteristiche e i bisogni della bimba. Quindi sono state ritenute dal tribunale la miglior famiglia per Beatrice".

L'arrivo di Beatrice

"Sono pochissimi in Italia – aggiunge la vice presidente di M'aMA – i tribunali aperti all'affido a coppie omosessuali o single. Noi – continua Falconi – abbiamo il 25% di famiglie mono e omogenitoriali nella nostra rete. Il paradosso è che sono coppie o persone formate opportunamente dai servizi sociali, ma poi parcheggiate e non utilizzate per la composizione del loro nucleo familiare. Non si tratta di rivendicare il diritto alla genitorialità o alla omogenitorialità, ma il diritto del minore ad avere la famiglia giusta per lui".

"Beatrice – spiegano le sue due mamme – è una bambina che non cammina, ha un ritardo psico motorio molto importante e quindi ha bisogno di tanta energia e di tanto tempo da poterle dedicare. Motivo per cui – aggiunge Katya – ultimamente ho interrotto la mia attività lavorativa per poterla seguire meglio nel quotidiano. Il fatto di essere due mamme ha dato ancora più forza alla nostra famiglia e a Beatrice".

"Non parla – racconta Marina -, però ci riconosce. Quando le diciamo “Guarda mamma Katia", "Guarda mamma Marina”, lei ci guarda e ci fa grandi sorrisi. Il nostro desiderio è di adottare Beatrice attraverso l'adozione speciale. È vero che è già nostra figlia, e figlia con la F maiuscola, però ovviamente l'adozione le darebbe delle garanzie anche per il dopo".

"Beatrice – conclude Katya – è un dono immenso per noi, è ciò che volevamo, quello che abbiamo cercato. L'abbiamo desiderata tantissimo, la stra amiamo".

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