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Cortei no green pass, Confcommercio Milano: “A dicembre le perdite per i commercianti raddoppierebbero”

Sabato 6 novembre, per la sedicesima settimana consecutiva, i “no green pass” sfileranno in corteo a Milano. Gli organizzatori hanno proposto un possibile percorso alla questura che però contempla il passaggio in luoghi sensibili, tra cui corso Buenos Aires, centro dello shopping milanese. “Quanto meno hanno capito che ci sono delle istituzioni e delle regole”, dice a Fanpage.it Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano che ha lanciato una petizione contro i cortei del sabato. “Queste iniziative comportano delle perdite intorno al 25 per cento del fatturato del sabato. Come minimo le perdite raddoppierebbero se si dovessero verificare nel mese di dicembre o con l’avvio dei saldi invernali”.
A cura di Francesco Loiacono
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Cresce il malcontento a Milano per le manifestazioni dei no green pass che, da ormai 15 sabati consecutivi, paralizzano la città. Qualcosa però sembra muoversi: per il secondo sabato consecutivo gli organizzatori hanno proposto alla Questura un possibile percorso, dando anche il preavviso della manifestazione. I toni nelle chat dei "No green pass" sono comunque di sfida, più che concilianti: "Noi non ‘chiediamo autorizzazioni' ma comunichiamo un percorso", si legge nel gruppo Telegram "No Green pass Milano". E ancora: "Il nostro sforzo conciliatorio non va dato per scontato" e "se non si troverà un accordo la colpa ricadrà interamente sugli specialisti della forza ondulatoria", ironizzando sulle parole utilizzate dalla ministra Lamorgese in Parlamento.

Un'altra "partita" è quella tra i manifestanti del sabato e Confcommercio Milano, che pochi giorni fa ha lanciato una petizione sulla piattaforma Change.org per chiedere sostanzialmente che cessino i cortei non autorizzati e si trovino modalità più democratiche per protestare. Fanpage.it ha intervistato il segretario generale di Confcommercio Milano, Marco Barbieri.

Segretario, i no green pass hanno presentato alla questura una proposta di percorso per il corteo di sabato 6 novembre che contempla il passaggio in diversi luoghi sensibili – da piazza Fontana a corso di Porta Vittoria, sede della Camera del lavoro, fino alla sede di Regione Lombardia –  tra cui figura anche il cuore dello shopping milanese, corso Buenos Aires.

Faccio una premessa: questo è già un risultato positivo che abbiamo ottenuto. Si sono degnati per il secondo sabato di andare in Questura e adempiere a un rispetto di regole della democrazia. Dopodiché, una volta che concordi il percorso dovresti rispettarlo, lo scorso sabato questo non è avvenuto. Però quanto meno hanno capito che ci sono delle istituzioni e delle regole. Non è un problema di libertà dei manifestanti, ma di rispetto delle regole e della libertà altrui. Almeno questo segnale lo abbiamo portato a casa.

Cosa ne pensa del fatto che vogliono passare proprio dalla principale via dello shopping?

Ho letto che sul percorso proposto c'è una trattativa con la Questura. Ma le dico la verità: per quanto ci riguarda rispettiamo assolutamente quanto stabiliranno le forze dell'ordine e le istituzioni. A noi ciò che interessa è che nessuno cerca scontri con nessuno, vogliamo semplicemente evidenziare che c'è un mondo fatto di cittadini e imprenditori che sta faticosamente, dopo un anno e mezzo, cercando di tornare alla normalità e vorrebbe tornare alla normalità piena, a poter passeggiare tranquillamente nel weekend o per l'imprenditore a ritornare a svolgere normalmente la propria attività di impresa che è stata soppressa dal Covid.

Non le sembra una provocazione?

Ovviamente sono le istituzioni che dovranno stabilire regole e modalità, accoglieremo quanto hanno deciso. A noi non interessa la provocazione, vogliamo evidenziare che c'è un mondo che sta dicendo: ‘Per favore torniamo alla normalità, quello che dobbiamo combattere è il virus e non gli strumenti per combattere il virus'.

La vostra petizione (qui il link) ha avuto il merito di aver in qualche modo dato un peso numerico a questo popolo silenzioso che non ne può più dei disagi. Quante adesioni avete ricevuto?

Per adesso abbiamo superato le tremila adesioni (sono oltre 3.200 al momento, ndr).

Avete anche fornito delle cifre su quanto costino queste manifestazioni non autorizzate in termini di mancati incassi per i commercianti.

Il sabato incide in termini di fatturato settimanale per il 27,4 per cento. Queste iniziative comportano delle perdite intorno al 25 per cento del fatturato del sabato. Come minimo le perdite raddoppierebbero se si dovessero verificare nel mese di dicembre o con l'avvio dei saldi invernali, a inizio gennaio. Commercialmente stiamo dicendo: vorremmo evitare che dopo un anno e mezzo di pandemia le imprese tornino in una situazione di difficoltà come a dicembre 2020 non a causa del virus, ma per queste manifestazioni non autorizzate. Ma al di là dell'aspetto imprenditoriale, in una Milano che sta ritornando ad essere attrattiva, con oltre 30 manifestazioni in presenza, il successo di Tuttofood o del Salone del mobile, in una città che si sta riprendendo e sta velocemente tornando ai numeri del 2019 non si capisce perché ci devono essere sempre degli elementi che impediscono questa ripresa.

In base anche a questi dati che ci ha fornito, la logica dice che tra questi "no green pass" non dovrebbero esserci commercianti o imprenditori.

A noi ovviamente non risulta che tra i partecipanti a questi no green pass ci siano realtà imprenditoriali, dopodiché non lo posso escludere al 100 per cento, perché non ho contezza di chi siano tutti i partecipanti. Certamente posso dire che quando è stato introdotto l'obbligo di green pass sui luoghi di lavoro noi abbiamo fatto un sondaggio: l'82 per cento delle imprese ha detto che erano a posto, mentre un 15-18 per cento aveva evidenziato delle criticità. Ma criticità di natura organizzativa, non significa che erano contro il Green pass.

Oltre alla petizione, in vista del mese di dicembre cosa si può fare?

La prima criticità in realtà sarà già alla fine di novembre col Black Friday. Adesso abbiamo lanciato la petizione perché ci sembra l'iniziativa più sicura – nessuno vuole arrivare a scontri – e perché ci sembra dia il segnale più importante, di persone che non urlano ma mettono sul piatto qual è il tema serio. Dopodiché siamo abituati come parti sociali al confronto e al dialogo. Il nostro stile è quello di sedersi a un tavolo, ma non siamo noi a doverci sedere con i No green pass. Se io fossi in loro parlerei con le istituzioni opportune – il Parlamento – per vedere se si riesce a modificare quegli aspetti del Dl sul green pass che ritengono di dover cambiare. Questi sono i metodi democratici, così com'è democratico evidenziare queste richieste con manifestazioni che avvengano nel rispetto delle regole. Dopodiché se loro hanno altre idee non lo so. L'obiettivo comune dovrebbe sempre essere questo: "Dalla pandemia o dalla crisi o si esce tutti insieme o non si esce".

Nelle loro chat i No green pass hanno definito "vergognoso" il vostro appello e hanno scritto che Confcommercio non ha fatto nulla negli ultimi due anni per proteggere i negozianti milanesi.

Cito a coloro che fanno queste affermazioni le seguenti cose. Primo: se a livello nazionale sono arrivati i cosiddetti ristori, un termine che a noi non è mai piaciuto, è perché c'è stato il presidente Sangalli che ha ottenuto i decreti per cui sono arrivate liquidità. Secondariamente c'è tutto il tema delle moratorie creditizie. A livello milanese: c'è stata la sospensione della tassa di occupazione suolo pubblico, l'ampliamento del regolamento di occupazione suolo pubblico per cui ci sono tavolini e sedie da tutte le parti, le rateizzazioni dei canoni concessori, l'abbattimento del 100 per cento della quota variabile della Tari. E poi c'è stata anche la raccolta fondi da parte del Comune di Milano con le donazioni: 3 milioni sono stati destinati ad attività imprenditoriali micro e piccole che potevano assumere un dipendente. Poi, nella vita si può fare sempre di più, ma dire che quest'organizzazione in questo anno e mezzo non ha difeso le imprese del turismo, del commercio e dei servizi mi sembra un po' ingrato.

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