Condannata a 6 anni per aver ucciso il compagno, per la Cassazione merita sconto pena: “Fu provocata”

Quattro anni fa ha ucciso il compagno e per questo motivo è stata condannata a sei anni di reclusione con l'accusa di omicidio preterintenzionale. Per la Cassazione però il processo è da rifare: la donna infatti, secondo la Corte, non era intenzionata a uccidere l'uomo. E proprio per questo motivo è stata annullata la sentenza e disposto che dovrà esserci un nuovo processo in Appello affinché venga considerata nuovamente l'attenuante della provocazione. La 55enne al momento si trova agli arresti domiciliari a casa della donna per la quale lavorava come colf e con lei c'è anche la figlia.
La ricostruzione dell'omicidio
I litigi in casa erano molto frequenti e anche in quella sera quando l'uomo morì, nella loro abitazione di via Montecassino in zona Ponte Lambro, ne era andato in scena un altro. Lui, secondo quanto riportato dal quotidiano "Il Giorno", l'aveva schiaffeggiata e derisa. E in quel frangente, la donna aveva preso un coltello e lo aveva colpito al petto. I giudici stabilirono che l'intenzione della donna fosse solo quella di ferirlo, ma non di ucciderlo. Subito dopo averlo accoltellato infatti Maria Luisa chiamò aiuto e fu trovata dalla polizia mentre lo abbracciava.
La perizia della psicologa
Nelle motivazioni della sentenza, il giudice dell'udienza preliminare Cristina Mannocci, aveva incluso anche la consulenza tecnica dell'avvocata Silvia Belloni in cui veniva evidenziato come la donna soffrisse della "sindrome della donna percossa" e cioè di un disturbo da stress post traumatico legato alle esperienze drammatiche vissute anni prima: la donna infatti era stata vittima di una violenza sessuale da bambina da parte di un parente e poi successivamente da parte di un uomo che alla fine decise di sposare perché incinta e che successivamente l'abbandonò dopo aver avuto altri due figli.
La sindrome della donna percossa
Nella perizia era inoltre evidenziato che la sindrome poteva manifestarsi anche attraverso dei flashback che possono far rivivere alla vittima degli spiacevoli ricordi del trauma. Per il gup sarebbero state le parole che l'uomo aveva pronunciato durante il litigio a scatenare la reazione della donna. Il compagno infatti, un attimo prima di essere accoltellato, aveva detto: "Cosa vuoi che sia per te, sei abituata a cose peggiori". Nonostante la donna avesse chiesto di smetterla, l'uomo avrebbe continuato portandola così a prendere il coltello e ucciderlo. Il gup, nonostante questo, la condannò a sei anni e ora, come disposto dalla Cassazione, toccherà alla Corte d'Appello valutare un eventuale sconto di pena.