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Concerti a San Siro, Eugenio Finardi: “Sala vuole fare cassa, poi non c’è un posto per fare pipì”

Eugenio Finardi, che fa parte del comitato inquilini di San Siro, torna sul tema concerti e a Fanpage.it dice: “La polizia locale tratta i residenti come fossero appartenenti alle Brigate Rosse, solo perché abbiamo l’ardire di voler tornare alle nostre case”.
A cura di Paolo Giarrusso
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Ogni artista ama ciò che crea. Sono sicuro, quindi, che Eugenio Finardi ami la sua ultima creatura Euphonia Suite, il suo nuovo disco, ideato e composto insieme a Mirko Signorile e Raffaele Casarano.

Euphonia. Dal greco eu: bene e foné: voce/suono. Buon suono, suono piacevole. È la ricerca di questo che ti ha ispirato, Eugenio?

In realtà, il disco è nato durante il lockdown, quindi il buon suono è anche inteso come il suono che fa bene. L’intento era quello di usare la musica come una medicina, come un balsamo per l’anima. Sono partito, quindi, da questa idea, quella di fare un unico flusso di musica, con cui attraversare i vari stati d’animo. Fa parte di quella mia ricerca, in corso da tempo, di quella musica totale che le comprenda tutte.

Euphonia è una suite per un pubblico vasto e trasversale, in cui ciascuno può trovare il proprio spazio per emozionarsi. Qualcuno la definisce un luogo di cultura musicale in cui  tutti i generi si incontrano. È un progetto ambizioso…

Sì, molto ambizioso. È forse il progetto più ambizioso della mia vita. Poteva essere un enorme fallimento. Poteva essere, più che altro, ridicolo. Oppure un successo, come poi è stato. Credo che questo sia dovuto all’onestà. Parlo di onestà intellettuale. È un progetto estremamente onesto. Ci siamo lasciati andare in questo flusso sonoro, cercando di compiacere soprattutto noi stessi.

Per parecchi mesi, l’Italia percorsa dall’Euphonia tour. Improvvisazione totale e composizione estemporanea sono le parole d’ordine di questo tour?

Sì, direi proprio di sì. Improvvisazione e libertà creativa. Io ho quasi 72 anni. Capisci che la stessa scaletta tutte le sera, almeno quando suono, voglio essere totalmente libero. Credo che il mio merito personale, sia stato quello di lasciare liberi anche i musicisti. Ho adattato la mia vocalità e la mia scrittura alla loro musicalità.

Ho visto “Patrizia”, il tuo nuovo video ed ho avvertito proprio la ricerca di una dolcezza e di un’armonia di suono e di voce che si sposano benissimo con il progetto e si aggiungono al percorso di Euphonia…

Sì. È davvero così. Continuiamo a "giocare" ad aggiungere e togliere pezzi. Se una cosa non la sentiamo più tanto forte ed intensa, la sostituiamo con un altro pezzo che ci emoziona. Ecco che "Patrizia" si aggiunge, grazie a questo ragionamento.

Hai ricevuto, nel corso di Euphonia tour, il Premio Tenco 2023. Hai detto: "Un prestigioso premio alla carriera, anche se ho tentato più volte di ammazzarla, cambiando stile ogni due dischi". Direi, però, che non ci sei riuscito.

Dipende: se lo chiedi ai discografici ti dicono di sì. Le mie vendite sono irrisorie. La mia rilevanza economica, irrilevante. Quindi, dipende a chi lo chiedi. Io, a un certo punto, ho capito che il successo, da solo, non era il mio obiettivo. Non mi faceva stare bene. Mi faceva anche diventare una brutta persona. Dal 2002, ho concluso il.mio contratto con una multinazionale e sono uscito dalla gara, dalla kermesse, per così dire, seguendo, invece, un mio percorso. Ho due tour paralleli. È infatti attivo anche uno di blues. Chi altri ha questa libertà? Quale altro artista? Io l’ho conquistata , a costo di rovinare economicamente una carriera. Sono molto soddisfatto. Essere artisti, è una malattia, una leggera forma di pazzia, di ossessione. Uno che ha questo tipo di condanna, mira a realizzare le proprie visioni, non altro .

Vasco Rossi, ha risposto polemicamente ai residenti, che si lamentano per i troppi concerti, dicendo che Milano è una città che non si vuole divertire. Tu, Eugenio, da che parte stai?

Io sono nel Comitato dei residenti di San Siro. Il problema non è la musica, neanche tanto i concerti di Vasco Rossi. Vasco, però, deve capire che non ci sono solo i suoi concerti. Ce ne sono 29 in un mese! E sono concerti con 70, 80 mila, 110 mila persone, come è accaduto alla Maura l'anno scorso. È come se intere città come Pavia, Como, Caserta, Imola, Cesena, Piacenza venissero tutte in un quartiere di 5 km quadrati. Per noi che siamo qui, la loro festa blocca e impedisce tutte le nostre attività quotidiane. Il problema, poi, è il rumore. Due ore e mezza di clacson per tutta la notte, perché si crea un ingorgo pazzesco. Il traffico non è assolutamente gestito. La polizia locale tratta i residenti di San Siro come fossero appartenenti alle Brigate Rosse solo per il fatto che hanno l'ardire di voler tornare alle proprie case. È una violenza esercitata nei confronti di una parte della città. Evidentemente, i politici locali e il Comune, sindaco Sala in testa, hanno bisogno di fare cassa. Ma poi non ci sono neanche i posti per fare la pipì, per intenderci. E tutta la gente che aspetta dal mattino e poi tutti quelli che arrivano, dove la fanno? Vi lascio immaginare…

L’anno scorso, dopo il concerto di Travis Scott, sino alle 3 di notte, centinaia di clacson continuavano a suonare. Tutti erano bloccati. Ora vedremo con il concerto dei Metallica: un altro da 100 mila persone. Se vuole, Vasco può venire a casa mia, per rendersi costo di cosa significhi abitare lì e per fare una chiacchierata tra vecchi amici. Non è vero che Milano sia una città che non si vuole divertire. È che vorremmo farlo anche noi residenti di San Siro. In sostanza, il ricatto è: o accettate il disagio dei concerti o costruiamo un altro quartiere. Invece, il Comune dovrebbe acquistare lo spazio della Maura e fare un parco. Certamente, con concerti da 10mila persone nel parco, non darebbero fastidio a nessuno.

Torniamo, per concludere, a Euphonia. Con che spirito, con che atteggiamento ci si deve mettere all’ascolto del tuo nuovo disco?

Qualunque. È un disco da prendere come andare a cena da un amico, decidendo poi di abbandonarsi ad un’atmosfera diversa. Dopo i miei concerti, c’è chi mi avvicina e mi dice: "Ha funzionato!". Capito? Non: "È stato un bel concerto", ma "ha funzionato".

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